La dieta a restrizione calorica

Una dieta basata sulla restrizione calorica potrebbe prolungarci la vita.

di Adam Piore

L’amarezza mi ha colto a metà del quarto giorno della “dieta mima digiuno”, a restrizione calorica, quando ad una partita di softball di mia figlia genitori e bambine hanno cominciato a mangiare ciambelle mentre io sorseggiavo la mia speciale miscela brevettata di sostanze nutritive. Avevo fatto colazione con una barretta di frutta secca e vitamine, pranzato con 5 olive di Siviglia.

Si chiama Valter Longo il biochimico di origini italiane inventore della Prolon, la dieta di cinque giorni del costo di 250$ che mi procurava tanta desolazione. Dal suo ufficio al Longevity Institute della University of Southern California mi aveva pazientemente spiegato come la dieta avrebbe temporaneamente condotto il mio corpo ad uno stato di fame, stimolando le mie cellule a consumare anni di spazzatura cellulare accumulata, per poi dare il via ad un potente processo di rigenerazione. L’idea di sbarazzarmi dei rifiuti mi era sembrata esattamente ciò che desideravo, ma al quarto giorno volevo una ciambella.

Il mio “kit pasto” della Prolon è arrivato in un contenitore di cartone bianco contenente il programma dei miei pasti, una bottiglia d’acqua vuota decorata con la parola “Prolon” e cinque scatole di cartone più piccole, una per ciascun giorno. Aperta la confezione per il primo giorno, il “giorno di transizione” ad alto contenuto calorico, sono rimasto piacevolmente sorpreso: un piccolo pacchetto di cracker di cavolo, miscela di zuppa di pomodoro in polvere, integratori di olio di alghe, un sacchetto di olive, tisana e non una ma due barrette a base di noci, per quanto piccole.

Già il secondo giorno, però, mi sono trovato davanti a una bevanda “energetica” a base di glicerina da allungare con acqua e sorseggiare tutto il giorno al posto di una delle barrette; il quantitativo di tisane era aumentato, ma oltre ad un paio di confezioni di minestra in polvere e due minuscoli pacchetti di olive non c’era altro.

“La dieta prevede più di 800 calorie al giorno”, spiega un nutrizionista in un video di YouTube. L’obiettivo della Prolon, spiega, è indurre il corpo a pensare di essere a digiuno, perchè “sopprima gli stessi processi che vengono sospesi durante un digiuno completo. Al terzo giorno, il corpo ha attivato tutti i processi benefici del digiuno e passa il resto dei giorni ad ottimizzare e rigenerare le proprie risorse, ringiovanire. I primi benefici sono percepibili al quarto giorno.”

L’idea che provare fame pur assumendo elementi nutritivi fondamentali possa prolungare la vita non è nuova. La pratica della restrizione calorica è l’unico metodo scientificamente provato per estendere la vita ad un’ampia varietà di creature, dai vermi ai roditori ai primati, già interessante per i biologi quando Longo iniziò a lavorare sull’argomento quasi 30 anni fa.

All’epoca, protagonista della proposta era Roy Walford. Walford dimostrò di poter raddoppiare la durata della vita dei topi limitando drasticamente il loro apporto calorico nel suo laboratorio dell’UCLA. Pubblicò diversi libri sull’argomento e mise in pratica i propri insegnamenti seguendo una rigorosa dieta da 1.600 calorie al giorno per gli ultimi 30 anni della sua vita (il Dipartimento della Salute degli Stati Uniti raccomanda 2.800 calorie al giorno per un uomo di mezz’età dalla vita attiva). Pesava circa 59 Kg per un’altezza di 1.75 m.

Quando Longo arrivò nel laboratorio di Walford nel 1992, Walford era in congedo temporaneo, uno di otto “membri dell’equipaggio” del programma Biosphere 2, un complesso di 1,2 ettari di cupole ermeticamente sigillate in cui per due anni venne simulata la vita comunitaria di eventuali astronauti in missione nello spazio. Poco dopo essere entrati nella biosfera nel 1991, i membri dell’equipaggio scoprirono di non essere in grado di coltivare la maggior parte del cibo previsto. Walford, il medico dell’equipaggio, li convinse a seguire una severa dieta a restrizione calorica. I partecipanti lasciarono la Biosphere 2 scarni e malaticci.

Walford morì nel 2004, a 79 anni, colpito dalla malattia di Lou Gehrig, possibilmente acquisita durante quei due anni di estrema restrizione calorica, una teoria che Longo prende molto sul serio. La lezione fu chiara: per quanto la restrizione calorica possa prolungare la vita, su periodi prolungati può rappresentare un problema ed essere poco pratica per i più.

A suo tempo, più che alla longevità, Longo era interessato all’effetto della restrizione calorica su batteri e lieviti, che non solo vivevano più a lungo, ma sembravano divenire più resistenti allo stress ambientale rispetto alla loro controparte immersa in un ambiente ricco di glucosio di cui nutrirsi. Anni di studi successivi hanno confermato le osservazioni di Longo ed altri ricercatori. In condizioni di nutrimento abbondante, le nostre cellule e quelle di altri organismi pluricellulari investono energia nella riproduzione e nella rigenerazione, ma quando il cibo scarseggia, quelle funzioni vengono sospese e la cellula utilizza le proprie energie per nutrirsi e proteggersi.

Secondo le osservazioni di Longo, in un ambiente scarsamente nutrito, gli organismi producono enzimi che neutralizzano i radicali liberi, proteine ed enzimi che assicurano il corretto funzionamento delle proteine e, in ogni cellula, vengono promossi i meccanismi cellulari di riparazione del DNA. In organismi complessi come topi o umani, il corpo ha comunque bisogno di calorie per mantenere il battito cardiaco, le facoltà cerebrali e la contrazione dei muscoli. Per ottenerli, si attiva un processo non casuale di autofagia, o “autoconsumo”. Il metabolismo ricicla componenti del corpo a partire da proteine mal ripiegate o denaturate, una sorta di pulizia di primavera che genera energia dai rifiuti cellulari potenzialmente dannosi alla corretta operatività delle cellule.

Longo ha studiato questo processo per due decenni, arrivando ad identificare i geni e i processi biologici responsabili. Molti dei geni coinvolti risultarono essere noti in oncologia come “proto-oncogeni”, gli stessi che, mutati, portavano una cellula normale a trasformarsi in una cellula tumorale. Uno dei tratti distintivi del cancro è il fatto che le cellule non rispondono ai segnali biochimici che ne impedirebbero la crescita. Longo ipotizzo che le cellule sane di un organismo sottoposto a chemioterapia in condizioni di fame avrebbero potuto subire meno danni di cellule sane ben nutrite e decise di testare la propria teoria.

Somministrò alte dosi di doxorubicina, un farmaco chemioterapico, a lieviti. Scoprì che in condizioni di fame, le normali cellule di lievito divenivano mille volte più resistenti allo stress, mentre le cellule tumorali rimanevano completamente esposte all’impatto dei veleni. Ripetuto il test su topi, Longo osservò l’intero gruppo di topi a digiuno da 60 ore sopravvivere alla chemio, mentre tutti i topi nutriti morirono. Nonostante i risultati ottenuti, Longo impiegò 5 anni a reclutare 18 volontari disposti ad aderire ad un digiuno di sola acqua.

Sconfitto, Longo e la sua squadra decisero di studiare una dieta a basso contenuto di carboidrati, priva di glucosio e alcuni aminoacidi chiave, capace di convincere il corpo di essere a digiuno e indurne le cellule ad entrare in fase protettiva. Fondò la L-Nutra, dai cui laboratori cominciò a pubblicare studi che portarono ricercatori dei paesi bassi a raccogliere i volontari necessari a condurre lo studio sugli effetti del digiuno prima della chemioterapia. Sono attualmente in corso più di 40 studi non solo sulla chemio, ma anche su Alzheimer, Parkinson e morbo di Crohn.

Con un occhio a quanto imparato da Walford, Longo riconosce gli “effetti incredibili” della restrizione calorica, ma non ne nega le difficoltà. È convinto che intervalli periodici di restrizione calorica possano avere gli stessi benefici di una dieta a tempo indeterminato, senza gli effetti collaterali. Decise di mettere in commercio tale dieta nel 2016 con il nome di Prolon, non solo per individui malati, ma anche come proposta per un processo di invecchiamento sano.

Gli studi condotti sugli effetti della Prolon sono ancora pochi. In uno studio del 2017 pubblicato dalla rivista Science Translational Medicine, 71 adulti statunitensi sani hanno provato la Prolon per cinque giorni consecutivi una volta al mese per tre mesi. La dieta non solo è risultata sicura, ma si è dimostrata capace di ridurre il grasso corporeo, la pressione sanguigna, il fattore di crescita insulino-simile, il colesterolo lipoproteico a bassa densità e i trigliceridi, tutti associati all’invecchiamento e alle malattie legate all’età. Ed è più facile da seguire di un digiuno a sola acqua. A dispetto della scarsità di studi condotti, la Prolon è un prodotto di successo, viene venduta in 15 paesi ed è stata provata da più di 150.000 persone.

Longo è però sempre più preoccupato per la propria reputazione, sempre più assimilata a quella di un venditore di fumo. Nel 2017, si è ritirato dalla società donando le proprie azioni in beneficienza. Non è l’unico scienziato nel campo della lotta all’invecchiamento ad aver attirato attenzioni mediatiche poco lusinghiere.

Nir Barzilai, direttore dell’Institute for Aging Research presso l’Albert Einstein College of Medicine, è fondatore di una società quotata in borsa chiamata CohBar, specializzata nello studio dei peptidi coinvolti nell’invecchiamento e nelle malattie legate all’età. Ha interrotto ogni ricerca in merito per evitare la possibilità di conflitti di interesse in caso di apparizioni sui media. Leonard Guarente, professore del MIT e noto ricercatore nel campo della lotta all’invecchiamento, ha co-fondato la Elysium, società dedicata alla vendita di integratori progettati per interagire con una famiglia di proteine chiamate sirtuine, scoperte nei primi anni 2000. I profitti sono devoluti alla ricerca e il professore si dichiara disinteressato al contraccolpo mediatico.

In un ambiente inquinato da molte false promesse, i prodotti di questi scienziati faticano ad affermarsi nonostante siano sostenuti da veri risultati scientifici.

Dopo cinque lunghi giorni a Prolon, mi sono svegliato al sesto giorno, un giorno di “transizione” con il consiglio di non abbuffarmi. Stavo benissimo: ero insolitamente energico, avevo perso quasi quattro Kg. Per quanto affamato e di malumore, non era stato poi così terribile e nei giorni successivi mi sono sentito davvero meglio che mai. Mi sono tenuto lontano da zuccheri e cibo spazzatura per settimane e già questo sarebbe un motivo sufficiente a ripetere l’esperienza a tre mesi di distanza.

(lo)

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