L’algoritmo della speranza

Univfy è una startup che utilizza l’apprendimento automatico per fornire alle donne previsioni personalizzate, e un senso di speranza, sulle loro possibilità di avere un bambino.

di Karen Hao

All’avvicinarsi del suo trentesimo compleanno, Shivani si rese conto di voler diventare mamma. Non era sicura di quando e non aveva neanche un partner fisso, ma era consapevole del suo orologio biologico.

Allora, decise di cercare un modo per congelare i suoi ovuli per aumentare le sue possibilità di avere figli più avanti nella vita. “Purtroppo nessuno ha le sue uova per sempre”, ella dice.

Shivani, che ha chiesto di non usare il suo vero nome per evitare polemiche nella sua comunità di immigrati indiani, ha aspettato ancora qualche anno per fare la sua scelta perchè riteneva che la tecnologia fosse troppo giovane e invasiva.

Ma intorno al suo 36imo compleanno, sentiva di non dover più aspettare. Dopo essere riuscita a risparmiare 15.000 dollari, più o meno il costo dell’intervento, si è recata in una clinica.

Prima di prelevare gli ovuli, una donna deve sottoporsi a degli esami per determinare l’idoneità alla fecondazione in vitro (FIV). Le cliniche spesso lo fanno usando un registro nazionale dei risultati della fecondazione in vitro per cercare quante donne nella fascia d’età della paziente hanno portato a termine un parto senza problemi.

Uno specialista della fertilità affianca a questa percentuale i dati della paziente: altezza, peso ed esami come ultrasuoni e analisi del sangue.

Shivani ha fatto lo stesso percorso, ma quando è tornata in clinica per discutere sui passi successivi da intraprendere, il suo medico le ha consegnato un rapporto variegato, compilato con l’aiuto di un algoritmo di apprendimento automatico, che includeva una previsione personalizzata in cui si evidenziava che le sue possibilità di avere un bambino sarebbero aumentate ad ogni ciclo di estrazione dell’ovulo, fino a tre tentativi.

“Ero già sicura al 100 per cento della mia decisione, ma il rapporto mi ha convinto al 120 per cento”, afferma Shivani. “Mi ha reso ancora più forte”.

La fecondazione in vitro può essere un percorso fisicamente, emotivamente e finanziariamente impegnativo che spesso richiede più cicli di estrazione. Più del 50 per cento di coloro che iniziano la fecondazione in vitro si ritirano dopo il primo ciclo fallito a causa dei costi e dell’incertezza.

Univfy, l’azienda che produce il software del rapporto di Shivani, ritiene che l’apprendimento automatico possa aiutare le donne fornendo loro previsioni personalizzate e più accurate di quanto può succedere. Ma questa è solo una parte della soluzione. L’altra parte altrettanto importante è la comunicazione empatica.

“Per la stragrande maggioranza delle persone negli Stati Uniti, il più grande ostacolo è che le pazienti abbandonino prima di arrivare al parto”, afferma Serena Chen, la dottoressa di Shivani, il cui Institute for Reproductive Medicine and Science, nel New Jersey, utilizza il software Univfy.

“Le pazienti hanno bisogno di speranza. Univfy è uno strumento per dare loro informazioni molto solide e basate sui dati per dire: “Continua. Ti stai avvicinando sempre di più al momento di avere un figlio”.

Fondata da due professori di Stanford nel 2009, Univfy ha preso il via da un progetto di ricerca per utilizzare l’apprendimento automatico per produrre previsioni più precise sui risultati della fecondazione in vitro.

Attraverso diversistudi peer-reviewed, i ricercatori hanno dimostrato che anche un modello di apprendimento automatico di base potrebbe produrre previsioni FIV molto più accurate di quelle delle cliniche.

Ciò accade perché mentre le cliniche si basano principalmente su statistiche aggregate basate sull’età e sull’intuizione di un medico, il modello di IA potrebbe sistematicamente tenere conto dei dati sanitari rilevanti di una paziente.

Il sistema si è rivelato più rigoroso e ha prodotto previsioni più accurate. Inoltre, le stime basate sull’età hanno spesso sottovalutato le possibilità di una determinata paziente, scoraggiandola.

“Non è plausibile che due donne abbiano la stessa probabilità di successo solo perché rientrano nella stessa fascia di età”, afferma Mylene Yao, cofondatrice e CEO di Univfy.

Univfy segue ogni singola clinica che acquista il suo servizio, elaborando un modello di apprendimento automatico relativamente semplice e personalizzato, che utilizza solo i dati dei pazienti della clinica.

All’algoritmo vengono forniti tutti i dati a disposizione della clinica, sia che si tratti di semplici profili delle pazienti con  la loro età e l’indice di massa corporea sia le loro diagnosi cliniche, le terapie e l’anamnesi.

Con il software a disposizione, un medico si limita a inserire i dati di una nuova paziente e gli indicatori di salute per creare un rapporto di facile lettura.

Quando Chen ha iniziato a usare Univfy, ha scoperto che le previsioni del software spesso non erano lontane dalle sue, ma che le pazienti reagivano più positivamente quando ricevevano il rapporto rispetto alla semplice comunicazione a voce del medico.

“Penso che l’effetto positivo sia legato alla componente grafica e al fatto che la paziente ha qualcosa di concreto in mano. C’è un’enorme componente emotiva. I pazienti hanno bisogno di certezza”, spiega Chen.

Univfy ha collaborazioni con 20 cliniche negli Stati Uniti e in oltre 50 sedi canadesi. A oggi, Shivani è tra le 10.000 pazienti che hanno usato i suoi rapporti per prendere una decisione.

Yao afferma che le donne che ricevono il rapporto hanno in media il doppio delle probabilità di andare avanti con la fecondazione in vitro. L’anno scorso, l’azienda ha raccolto 6 milioni di dollari per continuare ad espandere i propri servizi.

Yao è ora impegnata ad accogliere le coppie dello stesso sesso, che spesso cercano maggiori informazioni su come un donatore di sperma o un surrogato possono influenzare le loro possibilità di successo.

Chen descrive Univfy come parte della nuova tendenza delle startup tecnologiche di aiutare chi deve prendere una decisione complessa. Il modello medico della vecchia scuola di un “uomo in camice bianco” che spiega cosa fare è ormai usurato.

“Credo che Univfy abbia realmente permesso di diffondere la FVI”, conclude Chen, “perché coinvolge di più la paziente, le fa capire meglio la situazione e le fornisce nuove motivazioni”.

Immagine: Wikimedia Commons

(rp)

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