Cosa pensano i giovani americani dell’operato dei giganti dell’high-tech?

La distribuzione di nuove tecnologie per l’educazione nelle scuole sta forse avvenendo in maniera troppo rapida?

di Erin Winick

Le scuole elementari e medie negli Stati Uniti sono frequentate da oltre 50 milioni di giovani studenti – che, per la Silicon Valley, rappresentano potenziali clienti. Sorge spontaneo domandarsi se i giganti dell’high-tech stanno vendendo prodotti in grado di rispondere realmente ai bisogni educativi dei giovani che ne fanno uso.

Si prevede che, entro il 2020, il mercato delle tecnologie per l’educazione raggiungerà i $21 miliardi di valore, risultando in una concorrenza spietata e nello sfrenato corteggiamento dei sovrintendenti da parte delle società della Silicon Valley. La scorsa settimana, il New York Times ha riportato tattiche simili a quelle perseguite dalle società farmaceutiche per influire sui medici, come rivolgersi loro per delle consulenze a pagamento o inviare ospiti alle loro conferenze.

Certo, munire gli studenti di un computer portatile o un tablet potrà sembrare una buona idea, almeno in principio. Julian Cortella, un insegnante ed ex ingegnere meccanico, ha però spiegato su Mother Jonesche gli entusiasti delle classi tecnologiche si affidano troppo a supposizioni non verificate. Una volta firmati contratti multimilionari, spesso viene trascurata la necessità di allestire un gruppo di controllo che permetta di verificare l’impatto della nuova tecnologia.

Informazioni simili potrebbero essere fondamentali. Il problema con una così rapida distribuzione della tecnologia nelle scuole è che la ricerca fatica a tenere il passo con i suoi rapidi sviluppi, mentre le scuole vengono costrette a utilizzare la tecnologia in scenari per i quali non è stata ancora perfezionata. “Penso che non vi siano dubbi sul potenziale della tecnologia di migliorare l’istruzione” commenta Patricia Alexander, una psicologa educativa della University of maryland. “Parte del problema è che, quando si tratta di tecnologie smart per l’educazione”, queste tecnologie non vengono utilizzate in maniera intelligente. Non è una questione di quello che la tecnologia può fare per noi; è questione di quello che facciamo con questa tecnologia”.

Dato l’influsso della tecnologia nelle scuole e la carenza di dati, Alexander ritiene che gli insegnanti debbano riflettere su quando, dove e come utilizzarla. “Gli insegnanti si sentono obbligati a utilizzare la tecnologia per via delle enormi quantità di denaro investito”, dice. “Suggerirei agli insegnanti di optare per un passaggio di alcune mansioni dal digitale all’analogico. Date agli studenti l’opportunità per vedere di persona la differenza”.

(MO)

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