I politici dovrebbero accettare contributi in Bitcoin per le loro campagne politiche?

La Federal Election Commission potrebbe presto rivedere le linee guida riguardanti le forme di contributo elettronico alle campagne politiche.

di Jamie Condliffe

Stando a un nuovo rapporto presentato dallo stato del Kansas, le campagne politiche locali e regionali non dovrebbero accettare contributi in Bitcoin perché è troppo difficile rintracciare l’origine dei pagamenti; questo avvertimento, però, non sembra in linea con l’attuale linea di pensiero del governo federale. La Federal Election Commission, che nel 2014 ha pubblicato una guida a riguardo, pare favorevole all’acquisto e utilizzo di bitcoin da parte di campagne politiche federali come forma di contributo sotto alcune condizioni.

Di fatto, nonostante l’orgogliosa accoglienza dei Bitcoin da parte di alcuni politici, il modo migliore per integrare una criptovaluta nelle finanze di una campagna politica è tutt’altro che chiaro.

Secondo la FEC, le campagne possono accettare fino a $100 di contributi individuali in Bitcoin, in base al valore di mercato della valuta in quel preciso momento. Le campagne hanno inoltre “l’obbligo di restituire o rimborsare un contributo Bitcoin proveniente da una fonte proibita, superiore al limite stabilito per il contribuente, o altrimenti illegale”.

A questo punto, il problema di una campagna finanziata con Bitcoin è tutt’altro che risolto. Chi determina il valore del mercato? Perché fissare un limite a $100? Come dovrebbero comportarsi i candidati per riportare guadagni o perdite? Dovrebbero forse utilizzare strumenti software come quelli utilizzati per le transazioni Bitcoin per attenersi alle leggi anti riciclaggio? (questi strumenti stanno agevolando l’identificazione di attività criminali).

CI sono buone probabilità che queste domande trovino presto risposta. Un anno fa, la FEC aveva dichiarato che stava considerando di aggiornare le norme atte a regolare queste forme di contributo elettronico.

(MO)

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