Una mappa per capire come funziona il cervello

Una rappresentazione dello spazio semantico del cervello potrebbe sbloccare nuovi modi di comprendere e trattare la dislessia e i disturbi del linguaggio.

di Charlotte Jee

I ricercatori dell’Università della California, a Berkeley, hanno usato la risonanza magnetica funzionale per misurare l’attività cerebrale di nove volontari (usando la variabile del flusso sanguigno) mentre ascoltavano e leggevano storie di “The Moth Radio Hour”, un podcast di storytelling che va in onda su 500 stazioni radio in tutto il mondo.

I ricercatori hanno raccolto i dati sull’attività cerebrale dei volontari per la lettura (una parola alla volta, per aiutare a separare i dati) e l’ascolto delle registrazioni dello stesso testo, quindi abbinato entrambi i set di dati a trascrizioni delle storie con marcatori temporali.

I risultati sono stati quindi inseriti in un programma per computer, che ha mappato migliaia di parole in base alla loro relazione reciproca, utilizzando l’elaborazione in linguaggio naturale.

Per esempio, la categoria “sociale” include parole come “marito”, “padre” e “sorella”. Diverse categorie hanno provocato attività in diverse parti del cervello: queste parole “sociali” sembrano avere sede sul lato destro, dietro l’orecchio.

Quest’area ha anche risposto più prontamente alle parole che descrivono persone, eventi drammatici, o situazioni legate al tempo.

L’autrice della ricerca, Fatma Deniz, è arrivata alla conclusione che ci sono molte somiglianze, in termini di attività cerebrale, tra la lettura e l’ascolto di storie.

Fino a oggi, invece, si è ritenuto che fossero due distinti campi semantici. I risultati sono stati pubblicati sul “Journal of Neuroscience”, con una nuova mappa del cervello aggiornata che sarà pubblicata a breve.

Secondo Deniz, i risultati potrebbero aiutare a definire applicazioni cliniche per la dislessia, confrontando le mappe di lettura e ascolto per le persone con dislessia con soggetti che non presentano questa caratteristica.

La comprensione di come il cervello elabora le parole, aggiunge la ricercatrice, potrebbe anche permettere la creazione di decodificatori del linguaggio più avanzati, con ricadute positive sui pazienti con disturbi del linguaggio.

Immagine: UC Berkeley

(rp)

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