La didattica immersiva

Gli studenti che studiano il Cinese impareranno la lingua ordinando cibo o contrattando con venditori ambulanti su una strada virtuale di Pechino.

di Karen Hao

Spesso il modo migliore per imparare una lingua è immergersi in un ambiente in cui la gente lo parla. L’esposizione costante allo scambio linguistico e la necessità di interagire nella comunicazione obbligano a fare esperienza del nuovo lessico. Ma non tutti hanno l’opportunità di vivere o studiare all’estero.

In una nuova collaborazione con IBM Research, il Rensselaer Polytechnic Institute (RPI), un’università con sede a Troy, New York, offre ai suoi studenti che studiano il cinese un’altra opzione: un ambiente virtuale a 360 gradi che li teletrasporta per le strade trafficate di Pechino o in un affollato ristorante cinese.

Gli studenti possono conversare con venditori ambulanti o ordinare cibo, e l’ambiente è corredato di diversi servizi di intelligenza artificiale con cui interagire in tempo reale. L’aula, in gran parte sperimentale, è stata utilizzata per la prima volta in un corso universitario di sei settimane.

Il progetto ha preso il via dalle riflessioni di due docenti del RPI che spesso hanno sfruttato i giochi di ruolo per aiutare i loro studenti a imparare il cinese. Negli ultimi anni, numerosi studi hanno messo in luce che gli ambienti di apprendimento interattivi possono migliorare la comprensione e l’acquisizione stabile della lingua.

Uno studio pubblicato nel 2018 ha evidenziato che l’apprendimento del giapponese in un ambiente virtuale 3D ha reso gli studenti più capaci di mantenere vivo il vocabolario che hanno incontrato incidentalmente durante la simulazione. Sulla base di queste ricerche, i professori hanno stretto una collaborazione con IBM Research per esplorare se potevano estendere tali benefici ai propri studenti.

Oltre a immergere gli studenti all’interno delle proiezioni digitali di una scena, l’ambiente utilizza diversi tipi di sensori per adattarsi dinamicamente alle parole e alle azioni dei partecipanti. I microfoni, indossati dagli studenti, trasmettono il loro audio direttamente ad algoritmi di riconoscimento vocale. Le videocamere registrano i loro movimenti e gesti per riprenderli quando si avvicinano a qualche oggetto o interagiscono con agenti virtuali.

Se, per esempio, uno studente indica del cibo al ristorante e chiede cosa sia, un agente virtuale risponde con il nome e la descrizione del piatto. La tecnologia che genera il testo consente inoltre a ciascun agente di riuscire a rispondere anche a domande impreviste, del tipo: “E’ un piatto tradizionale?”, utilizzando Wikipedia, anche se il risultato è ancora insoddisfacente.

Buona parte delle tecnologie degli ambienti immersivi è un mix di prodotti disponibili in commercio, modificati specificamente per il progetto. Per esempio, il cinese mandarino ha cinque toni fondamentali per trasmettere il significato, ma che rappresentano un rompicapo per molti studenti. Se si pronuncia la parola “vendere” col tono sbagliato, si potrebbe dire “compra”.

I ricercatori hanno quindi creato un algoritmo che analizza i toni nella pronuncia degli studenti, li confronta a quelli dei madrelingua, mostra le differenze e fornisce il feedback audio e visivo direttamente nell’ambiente. Gli studenti possono anche chiedere a un agente virtuale come pronunciare una parola e iniziare subito a fare esperienza del nuovo vocabolario.

Hui Su, direttore del Cognitive and Immersive Systems Laboratory di IBM Research e responsabile del progetto, afferma che il suo team sta ancora studiando l’efficacia del nuovo sistema. Ma, alla fine del 2017, in un progetto pilota i ricercatori hanno rilevato che l’innovazione ha migliorato l’impegno e il divertimento degli studenti nell’apprendimento delle lingue e li ha aiutati ad acquisire rapidamente nuove parole.

Agli studenti, per esempio, non veniva insegnato come pagare il cibo al ristorante, ma osservando i loro coetanei e conversando con gli agenti virtuali, molti riuscivano a trovare il modo di farlo. “È stata una sorpresa. Uno degli studenti ha commentato che questo dovrebbe essere il modo di insegnare la lingua”, dice Su.

Nel primo anno, il nuovo corso alternerà l’ambiente virtuale e la classe tradizionale, anche se questa modalità potrebbe cambiare in futuro.

Se la classe migliorerà il livello di apprendimento degli studenti, funzionerà da modello per gli altri. L’idea più ovvia sarebbe di estenderla all’insegnamento di altre lingue.

Ma il nuovo sistema potrebbe anche essere usato al di fuori delle università per formare dirigenti e personale governativo o condurre qualsiasi altra attività che possa beneficiare della simulazione di scenari e del gioco di ruolo.

In definitiva, l’iniziativa aiuterà i ricercatori a capire come gli ambienti cognitivi e immersivi possano influenzare l’apprendimento, migliorare la collaborazione tra studenti e favorire la creazione di senso, conclude Su.

Immagine: Ambiente immersivo Rensselaer Polytechnic Institute

(rp)

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