Exxon potrebbe aver sviluppato un sistema per sequestrare l’anidride carbonica

Introducendo una cella combustibile in una ciminiera si dovrebbero ridurre drasticamente le emissioni.

di Richard Martin

Al fine di risolvere una delle più grandi sfide alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica dovute alla produzione di elettricità, ExxonMobil intende collaborare con la sviluppatrice di celle combustibili FuelCell Energy per sviluppare una nuova forma di sequestro dell’anidride carbonica – rimuovendo e sequestrando l’anidride carbonica espulsa dalle centrali a carbone e a gas naturale.

La tecnologia CCS (Carbon Capture and Storage) è da tempo un traguardo per i grandi produttori di petrolio, gas naturale e carbone, oltre che per gli operatori delle centrali che ne fanno uso per generare energia. Le centrali che bruciano combustibili fossili rappresentano la più grande fonte singola di emissioni. Ad oggi, gli sforzi di ricerca e sviluppo si sono concentrati sui derivati dell’ammoniaca conosciuti come ammine, capaci di separare l’anidride carbonica da quanto espulso dalle ciminiere.

Questa tecnologia è però costosa e consuma molta energia; grava quindi sul costo dell’elettricità e sulla quantità di energia prodotta complessivamente dalla centrale. Parte del problema dipende dal fatto che la concentrazione di anidride carbonica nelle ciminiere è molto bassa: si parla di valori compresi fra il 12 e il 15 percento nelle centrali a carbone e del 5 percento in quelle a gas naturale. Alcuni sforzi attuati nel tentativo di realizzare centrali che incorporassero questa tecnologia, fra cui il progetto FutureGen, hanno avuto un esito prevalentemente negativo (vedi “La bancarotta di Peabody Energy mostra i limiti del “carbone pulito”).

La ricerca finanziata dal Dipartimento per l’Energia degli Stati Uniti per lo sviluppo di celle combustibili destinate alla cattura dell’anidride carbonica procede ormai da anni. La tecnologia messa a punto dalla FuelCell Energy potrebbe utilizzare quella che è conosciuta come cella combustibile a carbonati, la quale utilizza il diossido di carbonio per catturare l’anidride carbonica e concentrarla in una forma che sia trasportabile ed conservabile in depositi sotterranei. Il sistema genererebbe anche dell’elettricità addizionale, anziché consumarla, permettendo quindi di ridurre ulteriormente il costo dell’energia generata dalla centrale.

La FuelCell Energy produce celle combustibili che generano energia in oltre 50 località in giro per il mondo. L’impiego di queste celle per catturare l’anidride carbonica e, nel contempo, produrre elettricità, rappresenterebbe un’applicazione innovativa. Migliorerebbe sensibilmente le economie di scala delle tecniche di CCS. Per una centrale a carbone da 500-megawatt, ad esempio, la cattura del 90 percento delle emissioni di anidride carbonica richiederebbe un sistema di celle combustibili da 400-megawatt con un incremento di costi da 6 a 8 centesimi per kilowatt-ora. La cattura del 90 percento dell’anidride carbonica rilasciata da una centrale a gas naturale delle stesse dimensioni richiederebbe invece un sistema a celle combustibili da 120-megawatt e comporterebbe un rincaro pressoché identico sul costo dell’elettricità

“Sono anni che sostengo la cattura elettrochimica di CO2 con sistemi a base di carbonati”, dice Williams Mustain, un professore associato di ingegneria chimica dell’Università del Connecticut che ha condotto ricerche estensive sulle celle combustibili a carbonati. “Ritengo che questo genere di tecnologia sia esattamente quello di cui abbiamo bisogno”.

Seppur promettente, questa tecnologia non offre una soluzione assoluta al problema. Un incremento di costo di 2 centesimi per kilowatt-ora sarebbe inferiore alla metà dei costi raggiunti da tecnologie di cattura più convenzionali, ma rappresenta ugualmente un incremento del 33 percento – una impennata notevole, specialmente in questa era di abbondanza di elettricità generata dal gas naturale. L’introduzione di sistemi a celle combustibili da centinaia di megawatt costituirebbe inoltre un costo importante per i produttori di energia.

“È un costo enorme”, dice Mustain. “Dovrebbero riuscire a realizzare qualcosa senza precedenti”. Le prime ricerche in laboratorio saranno incentrate su sistemi da pochi kilowatt di portata e verranno poi ingranditi per operare all’interno di un impianto pilota da 2.5 megawatt; proporzioni ben distanti da quanto sarà necessario all’interno di una vera centrale.

Oltretutto, la cattura dell’anidride carbonica rappresenta solo un primo passaggio; è necessario poi trasportarla e sequestrarla nel sottosuolo. Il completamento di un impianto che includa gli spazi al cui interno conservare l’anidride carbonica costerà miliardi di dollari, ma la risoluzione del problema iniziale, legato alla sua cattura, costituirebbe ugualmente un enorme pasto in avanti.

(MO)

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