Ecco come accelerare la diffusione della guida autonoma

Nuovi dati mostrano che persino un piccolo spostamento pendolare può cambiare drasticamente in un anno. La condivisione di informazioni simili potrebbe aiutare le automobili a guida autonoma a entrare in commercio più rapidamente.

di Will Knight

Un nuovo set di dati pubblici per le auto senza conducente mostra che persino un semplice spostamento pendolare in città potrebbe mettere in difficoltà un sistema di guida autonoma. Rivela anche che la condivisione di questi dati potrebbe contribuire a uno sviluppo più rapido delle vetture senza conducente.

Alcuni ricercatori dell’Università di Oxford hanno rilasciato la dettagliata raccolta di dati che evidenzia alcuni dei problemi più impegnativi da superare. Questi dati sono stati creati registrando migliaia di ore di percorrenza lungo gli stessi 10 km di strada in un anno intero, e mostrano come le condizioni climatiche, l’illuminazione e persino le caratteristiche stesse della strada possano variare ampiamente in un breve periodo di tempo.

I ricercatori hanno tracciato il genere di variazioni che le auto a guida autonoma dovranno saper affrontare giorno dopo giorno – auto in movimento, o parcheggiate in vario modo, e variazioni nell’illuminazione. “Esistono anche cambiamenti più estesi nel tempo”, spiega Will Maddern, un ricercatore senior presso il Mobile Robotics Group dell’Università di Oxford. “Cantieri, lavori stradali, cambiamenti stagionali nella vegetazione, etc.”

Quando i ricercatori di Google hanno cominciato a testare le prime automobili a guida autonoma, si sono resi conto che i loro sistemi andavano facilmente in confusione all’interno di rotatorie trafficate. Le vetture, programmate per introdurvisi cautamente dalla corsia esterna, continuavano a girare in tondo per diversi minuti prima di capire come uscire dalla rotonda. Il team di Oxford ha individuato un altro tipo di problema: nell’arco di un anno, una rotatoria è stata spostata tre volte dall’amministrazione urbana.

Sistemi facenti affidamento su precise mappature delle strade, come quelli montati a bordo delle automobili di Google, avranno maggiori difficoltà ad affrontare cambiamenti del genere. “È un problema irrisolto”, dice Maddern. “Una delle ragioni per cui abbiamo raccolto questi dati era proprio quella di identificare le situazioni in cui i sistemi che stiamo costruendo oggi si potrebbero rompere”.

Alcune società, fra cui tesla, non si affidano a mappe dettagliate, ma ai progressi nella elaborazione di immagini e dati raccolti dai sensori di bordo per rilevare ed evitare ostacoli. Anche questi sistemi, però, potrebbero avere delle difficoltà nei casi identificati dal team di Oxford. Google e Tesla sono in testa per la quantità di dati raccolti, ma non possiedono la stessa quantità di dati che il team di Oxford ha saputo raccogliere sulle variazioni di un singolo tratto di strada.

“Questo data set è un magnifico contributo a questo settore di studio”, commenta John Leonard, un professore del MIT che ha aiutato a sviluppare alcuni degli algoritmi fondamentali per le automobili a guida autonoma e che oggi lavora a un progetto di ricerca coordinato da Toyota. “Raccolte di dati su larga scala e periodi prolungati possono accelerare enormemente il progresso di questo settore”.

Leonard aggiunge che la condivisione dei dati fra le varie società impegnate nello sviluppo di sistemi di guida autonoma contribuirebbe ulteriormente alla diffusione di questa tecnologia salvavita. “In generale, sarebbe grandioso se altri gruppi operanti in questo settore condividessero i propri dati e rendessero open-source i propri strumenti di lavoro”, dice.

Questo pensiero riecheggia anche altrove nell’industria. Recentemente, Gill Pratt, CEO del Toyota Research Institute in California, ha detto che, viste le implicazioni dal punto di vista della sicurezza, le case automobilistiche potrebbero considerare l’ipotesi di lavorare assieme e condividere parte dei dati che stanno raccogliendo.

“È importante ricordare che non dobbiamo sempre lavorare per conto nostro”, ha detto Pratt. “La nostra speranza è che si possa avanzare in una competizione costruttiva che includa anche la collaborazione fra costruttori, società di IT, governi e persino produttori di hardware”.

(MO)

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