La Cina licenzia milioni di lavoratori nelle miniere di carbone

Il crescente impegno verso l’utilizzo di fonti di energia rinnovabile sta contribuendo al declino della più grande industria del carbone al mondo.

di Richard Martin

La Cina sta finalmente facendo progressi nel guarire dalla sua dipendenza dal carbone, ma i sintomi dell’astinenza stanno cominciando a colpire i suoi cittadini più vulnerabili. Lunedì, il governo ha detto che quest’anno verranno licenziati 1.8 milioni di lavoratori nelle industrie del carbone e in quella siderurgica. Il numero, secondo la società di ricerca economica IHS Insights, è pari al 10 percento della forza lavoro complessiva nell’industria siderurgica e a un quinto di quella impegnata nell’industria del carbone. Il governo centrale sostiene che investirà più di $15 miliardi nella riformazione e nella collocazione dei lavoratori licenziati.

Gli effetti di questa manovra verranno accusati soprattutto in regioni come la Provincia di Shanxi, che ho visitato a lungo per il mio libro Coal Wars. L’economia di diverse città nella regione dipende esclusivamente dall’industria del carbone, e la perdita del lavoro ha avrà effetti collaterali che potrebbero portare a massicce proteste sociali. Stando a una notizia del Washington Post, i lavoratori delle miniere di Anyuan, sede del grande sciopero che nel 1922 avrebbe contribuito al lancio di Mao e del Partito Comunista, starebbero già organizzandosi a centinaia per protestare contro i licenziamenti e i tagli degli stipendi.

Nel 2015, rispetto all’anno precedente, il valore del carbone aveva registrato un calo del 4 percento dovuto sia da pressioni del mercato che dalla determinazione di Pechino nell’intervenire sull’inquinamento atmosferico e passare a fonti di energia più pulite. La Cina, che è già il più grande produttore di energia eolica al mondo, prevede di investire pesantemente in eolico, solare e nucleare per i prossimi 10 anni.

(MO)

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