Nuove batterie in schiuma promettono capacità elevata e tempi di ricarica rapidi

Batterie economiche, leggere e versatili, composte di materiali porosi, potrebbero trasformare il settore dell’accumulo di energia.

di Richard Martin

Nonostante i miliardi investiti e la nascita di diverse startup di spicco, il settore energetico continua a scontrarsi con una sfida fondamentale ed apparentemente insolvibile: è molto difficile accumulare energia in maniera compatta, duratura ed economica. Un crescente numero di ricercatori spera di risolvere questo problema con le cosiddette batterie tridimensionali che possono assumere diverse forse ma tendono ad avere strutture porose, simili a spugne, contro le normali forme “bidimensionali”: sottili strati di metallo posti in una soluzione elettrolita contenuta in una scatola (vedi “A Stretchable, Bendable and More Powerful Smart Watch Battery” e “Batteries: Cheapest Form of Grid Power?”).

Negli ultimi mesi, una startup di nome Prieto Battery è emersa dalla Colorado State University di Fort Collins con un prodotto che la fondatrice, Amy Prieto, descrive come “la prima vera batteria 3-D che può essere caricata, scaricata e che può mantenere una carica” – in altre parole, i requisiti di base per una batteria convenzionale. Le batterie 3-D potrebbero essere più economiche da produrre, più rapide da caricare, più piccole e meno tossiche rispetto alle batterie convenzionali. Oltretutto, la loro leggerezza e flessibilità, unite alla possibilità di dargli pressoché qualunque forma, permetterebbero di utilizzarle per applicazioni precedente impensabili.

Le batterie 3-D allo stato solido della Prieto si distinguono da quelle odierne per due aspetti radicali: il processo produttivo e il materiale di composizione. Nel laboratorio della Prieto, ai piedi delle Montagne Rocciose, una serie di otto bidoni ricolmi d’acqua fino all’orlo sono adagiati su un tavolo. A fianco di questa fila si trova una cremagliera con rotoli di schiuma di rame dalle densità differenti. La schiuma è il materiale grezzo utilizzato per le batterie. Su questa schiuma posa l’anodo in antimonide di rame (rame mescolato con antimonide). La schiuma è talmente porosa da essere composta prevalentemente da aria, ma anche un piccolo frammento può possedere una enorme area superficiale. L’incremento della superficie riduce la distanza che gli ioni devono percorrere, incrementando quindi sia la potenza che la densità energetica.

Una volta rivestita con l’anodo, la schiuma viene stratificata con un elettrolita polimerico che fornisce una barriera fisica attraverso la quale far muovere gli ioni (ma non gli elettroni). Per finire, il catodo viene applicato sotto forma di un liquame nero come l’inchiostro. Il prodotto finale è una batteria in schiuma lunga pochi centimetri e spessa quanto un foglio di carta. Una volta sigillata all’interno di un involucro di plastica, la batteria della Prieto può essere caricate rapidamente, contenere fino al doppio dell’energia per unità di volume di una convenzionale batterie, ed è libera dalla propensione al surriscaldamento tipica delle batterie agli ioni di litio.

L’idea che i materiali porosi possano essere utilizzati come componenti di una batteria non è nuova: diverse batterie convenzionali a piombo-acido, ad esempio, utilizzano una schiuma di piombo come anodo. L’ipotesi di una batteria con un’architettura interna porosa è stata formulata inizialmente da Debra Rolison, una chimica del Naval Research Laboratory che guida l’Advanced Electrochemical Materials Section del laboratorio. Negli anni ’90, la Rolison ha cominciato a ricercare nuovi materiali catalizzatori per celle combustibili, e nel ’98 ha proposto una batteria composta da aerogel di carbonio – materiali porosi all’interno dei quali è possibile inserire un materiale catodico per creare una batteria 3-D. Quando presentò per la prima volta questa sua idea, racconta, “il 99 percento delle persone pensò che fossi pazza”. Un certo numero di ricercatori sta però perseguendo questo concetto – alcuni ricorrendo a materiali innovativi come la cellulosa ricavata dalla pasta del legno o dai funghi portobello.

Tecnologie come quella sviluppata dalla Pierto, dice Max Hamedi, un ricercatore di Harvard che sta lavorando a batterie in schiuma lastica ricavate dalla pasta del legno, “hanno il potenziale per superare qualunque altra batteria possa essere realizzata nei sistemi 2-D. La ricerca sta scoppiando in questo momento”. La Prieto ha perseguito la semplicità dall’inizio, utilizzando materiali comuni e processi produttivi a basso costo che potessero essere facilmente incrementati. Il primo prodotto della società non è una batteria intera ma un anodo sostitutivo in schiuma di rame pensato per sostituire gli anodi in grafite delle batterie convenzionali. Nel mese di settembre, la Prieto ha annunciato una partnership con Intel che gli permetterà di beneficiare dell’esperienza accumulata dal Technology Manufacturing Group dell’azienda. Stando alla fondatrice, i primi anodi sostitutivi potrebbero già entrare in commercio quest’anno, mentre una batteria completa potrebbe essere pronta per il 2018.

Esistono, ovviamente, altre società che stanno spingendo l’innovazione nel campo delle batterie allo stato solido. La Sakti3 sta lavorando a batterie solid-state a ioni di litio che vantano dimensioni pari a un terzo di quelle utilizzate nei sistemi convenzionali e la stessa capacità di carica (vedi “A Breakthrough Battery Gets a Big Backer”). La Seeo, una startup californiana che si è concentrata su batterie solid-state con anodi in litio-metallo, è stata recentemente acquisita da Bosch, una delle prime fornitrici di batterie per l’industria automobilistica (vedi “Un prototipo di batteria potrebbe raddoppiare l’autonomia delle auto elettriche”). Nessuna di queste società, però, ha utilizzato una architettura 3-D.

“Vediamo il potenziale innovativo nella tecnologia della Prieto per applicazioni indossabili, dove le batterie allo stato solido con una elevata densità energetica potrebbero garantire applicazioni interessanti”, dice Mark Pontarelli, general manager dell’incubatore d’impresa interno di Intel. “La schiuma di rame potrebbe essere utilizzata per creare batterie che riempiano precisamente gli spazi vuoti di un progetto, garantendo una maggiore autonomia senza incrementare le dimensioni del prodotto”. Come indicato da Pontarelli, le prima applicazioni saranno probabilmente piccole – sistemi indossabili ed elettronica di consumo – ma non vi è ragione per cui le batterie in schiuma non possano servire anche all’interno di un’automobile e, un giorno, in sistemi di accumulo per la rete elettrica.

(MO)

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