Sole e vento: energia vicina, ma lontana

Senza la diffusione su tutto il territorio di una rete elettrica più efficiente e dotata di maggiore flessibilità, l’energia solare ed eolica rimarranno fonti energetiche di nicchia.

di David Talbot

Oltrepassando una porta girevole blindata di un anonimo edificio in una zona desolata dell’ex Berlino Est, si entra nel centro di controllo della Vattenfall Europe Transmission, l’azienda che controlla la rete elettrica della Germania nordorientale. Il monitor che mostra il diagramma della rete occupa gran parte della parete. Una serie di schermi più piccoli indica la produzione in tempo reale delle turbine eoliche regionali e le previsioni che erano state elaborate il giorno precedente. La Germania è il più grande consumatore al mondo di energia eolica, con un numero di turbine sufficiente a soddisfare il 6 per cento dei consumi tedeschi di elettricità, ossia 22.250 megawatt, l’equivalente della produzione di 22 impianti a carbone. L’area di servizio di Vattenfall produce il 41 per cento dell’energia eolica tedesca e la sua sala di controllo è quindi un terreno di verifica fondamentale della capacità della rete di gestire l’energia rinnovabile.

Come tutte le reti elettriche, quella controllata da Vattenfall deve continuamente combinare la produzione di energia con la domanda che arriva da abitazioni, uffici e aziende. Il problema consiste nel mantenere una fornitura stabile di energia, incorporando elettricità da una fonte irregolare come il vento. Se l’energia generata dal vento è insufficiente, gli ingegneri dell’azienda sono costretti a mettere in moto gli impianti alimentati a combustibile fossile con un breve preavviso; questo processo è in realtà poco efficiente. Se, al contrario, l’energia è troppa, potrebbe sovraccaricare il sistema, provocando blackout o obbligando gli impianti a sospendere l’attività.

In realtà, gli ingegneri non hanno molte opzioni. La rete ha una capacità limitata di trasferire energia verso altre regioni e non è in grado di immagazzinare energia, a parte un piccolo gruppo di impianti che pompano l’acqua nelle riserve dislocate in alto e poi la rilasciano attraverso le turbine nei periodi di picco della domanda. Pertanto ogni mattina, quando uffici e aziende iniziano a consumare energia, gli ingegneri devono consultare le previsioni del vento e decidere quanta elettricità gli impianti tradizionali devono produrre.

Purtroppo queste previsioni sono lontane dalla perfezione. Più cresce il numero di turbine eoliche in Germania, più frequenti diventano gli episodi di carenze e sovraccarichi energetici provocati da inattesi cambiamenti nei livelli di vento. Nel 2007, gli ingegneri di Vattenfall hanno dovuto modificare le previsioni sui consumi energetici ogni due-tre giorni; all’inizio del 2008, questi cambiamenti sono diventati quotidiani. Le centrali elettriche sono costrette a cicli continui di attività produttiva e stasi, con grandi inefficienze, e per questa ragione le aziende sono costrette ad acquistare ad alti prezzi l’elettricità erogata in condizioni di emergenza. Nei giorni di vento molto sostenuto e bassa domanda i dipendenti di Vattenfall sono costretti a chiudere rapidamente le centrali eoliche.

I problemi di Vattenfall sono solo un’anticipazione delle sfide immense che l’energia da fonti rinnovabili, soprattutto l’eolica e il solare, dovrà affrontare se vorrà giocare un ruolo centrale a livello mondiale. Per utilizzare questa energia pulita, saranno necessarie più linee di trasmissione in grado di trasportare energia da una regione a un’altra e di collegare città con alti consumi con zone remote in cui si produce l’energia rinnovabile. Si impongono anche forme di controllo più avanzate del sistema di distribuzione, per esempio tecnologie che possano trasferire elettricità supplementare dalle centrali eoliche alle batterie per ricaricare le automobili ibride o attivare e disattivare a distanza elettrodomestici ad alto consumo energetico a seconda delle disponibilità di energia.

Se queste modifiche della rete non si realizzeranno, i nuovi progetti per le energie rinnovabili subiranno una seria stasi, perché altrimenti metterebbero a dura prova i sistemi elettrici attuali. Secondo uno studio recente finanziato dalla Commissione Europea, una crescita più sostenuta dell’energia eolica (i nuovi impianti previsti nel mare del Nord e nel mare Baltico potrebbero aggiungere altri 25.000 megawatt alla rete tedesca entro il 2030) potrebbe a volte provocare seri sovraccarichi. Negli Stati Uniti, la North American Electric Reliability Corporation, un’organizzazione non governativa istituita per regolamentare l’industria dopo l’enorme blackout del 1965, ha lanciato un allarme simile a novembre del 2008. “Il sistema è molto più vicino al punto di collasso di quanto lo sia stato in passato”, afferma il presidente dell’organizzazione, Rick Sergel. “Il nodo reale è che non possediamo la capacità di trasmissione necessaria a integrare in modo adeguato le nuove risorse rinnovabili”.

La sfida che si trovano di fronte gli Stati Uniti appare particolarmente impegnativa. Mentre la Germania ricava già il 14 per cento della sua elettricità da fonti rinnovabili, gli Stati Uniti arrivano solo a circa l’1 per cento, mettendo insieme l’eolico, il solare e il geotermico. Ma oltre metà degli stati americani ha stabilito mete ambiziose per incrementare l’uso delle energie rinnovabili e il nuovo presidente, Barack Obama, vuole che il 10 per cento dell’elettricità nazionale provenga da fonti rinnovabili entro la fine del suo primo mandato, per arrivare al 25 per cento nel 2025. A differenza della Germania, però, che ha cominciato a progettare nuove linee di trasmissione e ad approvare leggi per accelerarne la costruzione, gli Stati Uniti non hanno un piano nazionale per modernizzare il loro sistema. “Non riuscire a migliorare la nostra rete sarà un peso significativo per lo sviluppo di nuove tecnologie per le energie rinnovabili”, sostiene Vinod Khosla, fondatore di Khosla Ventures, un’azienda di capitale di rischio di Menlo Park, in California, che ha investito seriamente in tecnologie energetiche.

Una situazione di stallo

Al momento della sua costruzione alla fine del XIX secolo, la rete elettrica statunitense aveva lo scopo di portare energia a basso costo al maggior numero di persone. Nel corso del secolo passato, monopoli regionali ed enti governativi hanno costruito centrali elettriche – soprattutto alimentati a combustibile fossile – vicine il più possibile ai centri popolati e hanno realizzato reti di trasmissione e distributive finalizzate a servire i consumatori di elettricità delle diverse regioni. Si è sviluppato un sistema non uniforme e i collegamenti tra le reti locali rappresentano in genere una struttura di protezione contro le interruzioni d’energia. Attualmente, la rete statunitense comprende circa 264.000 km di linee di trasmissione ad alto voltaggio – quelle file familiari di torri d’acciaio che trasportano l’elettricità dalle centrali elettriche alle sottostazioni – e oltre 5.000 reti distributive locali. Anche se le sue dimensioni e la sua complessità sono cresciute immensamente, la struttura di base della rete è cambiata poco da quando Thomas Edison attivò un sistema di distribuzione per servire 59 utenti nella parte bassa di Manhattan, nel 1882. “Se Edison si svegliasse oggi e osservasse la rete, direbbe ‘Ma è ancora al punot in cui l’ho lasciata io!'”, dice Guido Bartels, direttore generale di IBM Global Energy and Utilities Industry.

La struttura ha svolto ottimamente il suo compito di distribuire energia a basso costo a una popolazione numerosa, ma non sembra adattarsi bene a fonti energetiche incostanti come il solare e l’eolico. Innanzitutto, le linee di trasmissione non sono nei posti giusti. Le pianure ventose del Midwest e i deserti assolati del Sud-Ovest – zone che teoricamente potrebbero garantire l’intero fabbisogno nazionale con energia solare ed eolica – sono alla periferia estrema della rete, isolate dalle arterie principali che forniscono energia a, per esempio, Chicago o Los Angeles. In secondo luogo, la rete non è in grado di immagazzinare l’energia per fare fronte alla variabilità, per trasformare una fonte di energia solare, che non genera energia di notte e solo piccole quantità durante le giornate nuvolose, in una affidabile sorgente di elettricità. Infine, la rete è, in gran parte, un sistema a senso unico, non flessibile. Si pensi che, quando manca la corrente su una strada, l’azienda fornitrice probabilmente non ne verrà a sapere nulla fino a quando qualcuno non telefonerà per segnalare il guasto. Non è con questo tipo di sistema che si possono controllare e gestire le produzioni irregolari dei pannelli solari sui tetti o delle turbine eoliche distribuite sul territorio.

La struttura che regolamenta la rete statunitense è altrettanto antiquata. Anche se la Federal Energy Regulatory Commission (FERC) può approvare le richieste delle utilities per le tariffe elettriche e le licenze per le linee di trasmissione tra i diversi stati, i singoli paesi mantengono il controllo su se e dove le più importanti linee di trasmissione verranno realmente costruite. Negli anni 1990, molti stati hanno rivisto le loro leggi nel tentativo di introdurre la concorrenza nel mercato dell’energia. Le utilities devono aprire le loro linee di trasmissione agli altri produttori di energia. Una conseguenza di questi cambiamenti legislativi è stata che le aziende hanno avuto meno incentivi a investire nella rete che in nuove centrali elettriche e non è chiaro chi abbia la responsabilità di espandere l’infrastruttura distributiva. Allo stesso tempo, un mercato più aperto ha implicato che i produttori hanno cercato di vendere energia alle regioni più lontane, appesantendo ancor più i collegamenti esistenti tra le reti. Il risultato è stata una carenza della capacità di trasmissione a livello nazionale.

Questi problemi potrebbero ora rappresentare il maggiore ostacolo a un uso generalizzato delle energie rinnovabili, un settore che per altri aspetti si mostra decisamente vitale. Alcuni ricercatori del National Renewable Energy Laboratory, a Golden, in Colorado, sono arrivati alla conclusione che non esistono ragioni tecniche o economiche che impediscano agli Stati Uniti di ricavare il 20 per cento della sua elettricità da turbine eoliche entro il 2030. I ricercatori calcolano, tuttavia, che per raggiungere questo obiettivo sono necessari 60 miliardi di dollari di investimenti in 20.000 km di nuove linee di trasmissione per inserire le centrali eoliche nella rete e bilanciare la loro produzione con quella di altre fonti energetiche e con la domanda dei consumatori. L’infrastruttura di rete inadeguata “è di gran lunga il problema numero uno per l’espansione dell’eolico”, afferma Steve Specker, presidente dell’Electric Power Research Institute (EPRI), a Palo Alto, in California, un ente di ricerca industriale. “Stanno già venendo meno alcuni fattori di crescita potenziale dell’eolico in alcune zone dell’Ovest”.

Il Midwest Independent Transmission System Operator che si occupa della gestione della rete elettrica in una regione che abbraccia territori di 15 stati, dalla Pennsylvania al Montana, ha ricevuto centinaia di richieste per collegamenti alla rete da parte di aspiranti produttori di energia, i cui progetti di sfruttamento di energia eolica potrebbero complessivamente generare 67.000 megawatt di potenza. Si tratta di una quantità 14 volte superiore all’energia eolica ora prodotta dalla regione, di molto superiore alla quota che potrebbe consumare questa zona e che rappresenterebbe circa il 6 per cento del consumo complessivo di elettricità statunitense. Ma il sistema di trasmissione attuale non ha la capacità di trasportare questa elettricità dove è necessaria. In molti stati della regione, non si sente l’urgenza di cambiare nulla, perché la loro situazione energetica è ottimale. Pertanto la maggior parte delle richieste per i collegamenti alla rete sono parcheggiate, alcune bloccate dalla mancanza di infrastrutture e altre ritardate da ostacoli burocratici e pastoie legali.

Lisa Daniels, per esempio, aspetta da tre anni un collegamento alla rete per una istallazione pianificata di un gruppo di 9-12 turbine sul suo terreno a Kenyon, in Minnesota, 90 km a sud di Minneapolis. Questa istallazione dovrebbe essere in grado di produrre 18 megawatt di energia. Il suo sito – distante solo 2 km dalla sottostazione – è già predisposto, dice Daniels, che è anche direttore esecutivo di una organizzazione regionale senza scopo di lucro che sostiene i progetti locali di energia eolica. “Dovrebbe essere tutto pronto per prendere il via, ma non è ancora così”, ella conclude.

Le utilities, comunque, sono restie a costruire nuove linee di trasmissione fino a quando non saranno sicure che la produzione di energia delle centrali solari ed eoliche nelle aree remote giustificherà questo investimento. Allo stesso tempo, chi investe nelle energie rinnovabili non vuole costruire nuove centrali solari o eoliche finchè non avrà la certezza di vendere l’energia sul mercato. In genere, sceglie di aspettare lo sviluppo di nuove linee di trasmissione, prima di intraprendere qualche iniziativa, sostiene Suedeen Kelly, un commissario della FERC. “E’ il classico meccanismo dell’uovo e la gallina”, spiega Kelly.

Una rete più intelligente

Il laboratorio senza finestre di Global Research di General Electric, a Niskayuna, nello stato di New York, è colmo di elettrodomestici per la cucina e tappezzato di schermi alle pareti come quelli dei centri di controllo della rete elettrica. Nel laboratorio, Juan de Bedout, dirigente del Electric Power and Propulsion Systems Laboratory, spiega come una “rete intelligente” potrebbe facilitare l’uso di fonti rinnovabili. Si immagini, dice de Bedout, che la velocità del vento cali improvvisamente alla centrale eolica o che un banco di nuvole si sposti sopra una istallazione fotovoltaica. Gli attuali sistemi di controllo della trasmissione – come quelli di Vattenfall – registreranno il calo di erogazione e ordineranno di incrementare la produzione di energia da parte di altre fonti, soprattutto dagli impianti di gas naturale, che possono essere attivati rapidamente.

Con una rete intelligente, invece, il sistema di controllo potrebbe far circolare un messaggio lungo la catena di distribuzione regionale, chiedendo una riduzione della domanda. Immediatamente, arriverebbe un segnale ai contatori delle abitazioni o degli uffici degli utenti che hanno precedentemente accettato, in cambio di una riduzione dei costi, di permettere alla utility di intervenire sui loro elettrodomestici per limitare i consumi di energia nelle fasi di bassa produzione. In pochi secondi, gli scaldabagni elettrici si bloccherebbero per qualche minuto e i termostati elettronici scenderebbero automaticamente di due o tre gradi. Non ci sarebbe alcuna necessità di ricorrere agli impianti di gas naturale.

In uno dei progetti pilota più avanzati per mettere a punto questo sistema, Xcel Energy, una utility con sede a Minneapolis, e altri venditori stanno investendo 100 milioni di dollari per istallare un’infrastruttura di rete intelligente a Boulder, in Colorado. In questi giorni, 115 dipendenti di Xcel stanno lavorando a tempo pieno per istallare contatori elettrici a due vie in 50.000 abitazioni. I proprietari delle case si stanno dotando di software per vedere e controllare sul Web i loro consumi d’energia e alcuni dei loro elettrodomestici incorporano interruttori che consentiranno alla utility di bloccarli a distanza nei periodi di domanda sostenuta.

Le tecnologie per la rete intelligente potranno ridurre i consumi complessivi di elettricità del 6 per cento e la domanda di punta del 27 per cento. La sola riduzione della domanda di punta permetterebbe di risparmiare tra i 175 e i 332 miliardi di dollari nell’arco di 20 anni, secondo il Brattle Group, una società di consulenza di Cambridge, in Massachusetts. Una minore domanda dovrebbe non solo aumentare la capacità di trasmissione, ma anche reindirizzare verso le energie rinnovabili gli investimenti di capitale che sarebbero altrimenti necessari per le centrali elettriche tradizionali. Le tecnologie per la rete intelligente dovrebbero, infatti, rendere le piccole istallazioni di turbine eoliche e pannelli fotovoltaici molto più funzionali. “Sarebbe più semplice integrare le energie rinnovabili con la rete e abbassare i costi reali complessivi dell’intero sistema delle rinnovabili”, sostiene Peter Fox-Penner del Brattle Group.

A Boulder, per esempio, Xcel sta incoraggiando i consumatori a istallare pannelli solari sui tetti delle loro abitazioni e gruppi di batterie nei loro seminterrati, a dimostrazione di come l’energia incostante prodotta da migliaia o milioni di tetti dotati di sistemi fotovoltaici possa essere immagazzinata nelle singole abitazioni e immessa in rete nei momenti di necessità. Negli ultimi mesi, Xcel ha anche acquistato alcune macchine ibride ricaricabili e le ha collegate alla rete, per verificare un software che dovrebbe permettere ai veicoli di comportarsi come apparecchi per immagazzinare l’energia.

Xcel non è sola. Startup e grandi aziende stanno perfezionando e commercializzando materiali fotovoltaici per tetti, apparecchi per la conservazione dell’energia per i seminterrati, batterie per gli ibridi ricaricabili e software più avanzati per ottimizzare l’uso dell’elettricità. Comunque la generazione di energia rinnovabile su larga scala dipende dal miglioramento dell’infrastruttura della trasmissione e molti di questi progressi sono in realtà inutili senza controlli di rete più avanzati. Non si può collegare una batteria ricaricabile per l’accumulazione in rete se la rete non è in grado di recuperare energia dalla macchina in modo flessibile.

L’aspetto positivo è che molte utilities hanno cominciato a istallare i contatori necessari, per controllare efficacemente l’energia in entrata e in uscita da una abitazione. Il problema è ora riuscire ad andare oltre i progetti pilota, istallare tecnologie più avanzate lungo tutta la rete e cominciare a integrare più energia rinnovabile nella nuova infrastruttura. “La prospettiva della rete intelligente è stimolante e abbiamo visto tutti decine e decine di diapositive a colori realizzate con Power Point”, afferma Don Von Dolmen, che dirige la ricerca sulla rete intelligente all’EPRI. “E’ arrivato però il momento di agire”.

Un circolo vizioso

La scorsa estate, l’ex vicepresidente Al Gore ha sostenuto che il paese aveva la necessità di adottare entro un decennio un sistema per la fornitura di elettricità completamente senza emissioni di CO2 per scongiurare il rischio del riscaldamento globale. A sostegno delle sue argomentazioni, Gore ha parlato di una “unica rete intelligente nazionale” che dovrebbe portare l’energia generata dalle fonti rinnovabili alle città, incrementare i livelli di efficienza dell’uso dell’elettricità e consentire un maggiore controllo sulle risorse rinnovabili. A suo parere, la ristrutturazione della rete dovrebbe costare 400 miliardi di dollari in 10 anni.

Il piano di Gore non spiega chiaramente come portare a termine un simile progetto. “Se sarà necessario approvare legislazioni unificate che inducano gli stati a collaborare e a far affluire i capitali privati, ben venga”, dice Cathy Zoi, amministratore delegato dell’Alliance for Climate Protection, l’organizzazione senza scopo di lucro fondata da Gore a Menlo Park, in California, per fare pressioni affinchè si intraprendano azioni urgenti per contrastare il cambiamento climatico. “Se sarà più semplice e rapido distribuire finanziamenti federali e realizzare questa impresa come un progetto di lavori pubblici, ben venga ugualmente. Non siamo vincolati a un unico strumento politico”.

Al momento nessuna strategia è stata ancora adottata. Anche se progetti pilota come quello di Boulder sono uno strumento efficace per dimostrare la validità delle nuove tecnologie, queste esperienze sono state sviluppate in modo non omogeneo, con diverse utilities che hanno dispiegato differenti tecnologie in più stati. I progetti di sistemi di trasmissione stanno andando avanti, ma sono troppo spesso complicati da conflitti tra gli stati. “Ciò che oggi abbiamo di fronte è questo mosaico di regolamenti e leggi che varia da stato a stato”, dice Peter Corsell, amministratore delegato di GridPoint, una startup di Arlington, in Virginia, che produce software per la rete intelligente e partecipa al progetto di Boulder. “Siamo tutti prigionieri di questo sistema frantumato e non riusciamo a trovare un accordo per superarlo. è un circolo vizioso”.

Alcuni ritengono che la risposta consista nel fornire più autorità alla FERC. A oggi, l’ente può revocare le decisioni statali sui siti delle linee di trasmissione, ma solo nelle regioni che il Dipartimento dell’Energia statunitense ha definito come critiche per la sicurezza delle forniture di elettricità. Finora, solo due corridoi sono stati decisi: uno negli stati dell’Atlantico centrale e un altro nel Sud-Ovest. Comunque, persino in queste regioni permangono i ritardi. La Southern California Edison ha proposto una importante linea di trasmissione nel corridoio sud-occidentale che, attraversando dalla periferia di Los Angeles alle vicinanze di Phoenix, in Arizona, dovrebbe trasportare l’energia prodotta dalle future centrali fotovoltaiche e termiche solari. Ma l’Arizona ha rifiutato la proposta e l’utility ha deciso di rivolgersi alla FERC.

Altri pensano che la soluzione sia una nuova politica federale che dovrebbe rendere più appetibile economicamente il mercato delle energie rinnovabili, magari stabilendo dei controlli sulle emissioni di anidride carbonica, come promesso dal presidente Obama con la politica dei permessi di emissioni di CO2. In questo caso, l’energia eolica e altre fonti di elettricità a zero emissioni acquisterebbero valore, fornendo un incentivo alle utilities di espandere la loro capacità di commercializzarle (si veda Q&A pag 28). “Potrebbe cambiare tutto rapidamente”, afferma Will Kaul, vicepresidente per i sistemi di trasmissione di Great River Energy, nel Minnesota, che dirige un progetto comune di linee ad alta tensione portato avanti da 11 utilities nel Midwest. “Se ci fosse una politica sulle emissioni o uno standard nazionale per l’energia rinnovabile, allora la produzione di massa dell’eolico spiccherebbe un balzo in avanti”.

Gore e altri autorevoli ambientalisti ricordano – con il completo appoggio degli ingegneri di Vattenfall – che la diffusione delle energie rinnovabili è legato soprattutto all’aggiornamento della rete. Non sarà un’impresa economica, ma i vantaggi sarebbero enormi. “Dovremmo assumere di fronte a questo problema lo stesso atteggiamento che abbiamo avuto con il sistema autostradale federale”, spiega Ernest Moniz, professore di fisica al MIT e responsabile dei programmi di ricerca energetica dell’istituto. “è il passaggio chiave per arrivare a modernizzare l’intero sistema di produzione di elettricità. Le energie rinnovabili ne sono uno dei principali beneficiari. Non esiste alcuna ragione tecnologica per non prendere di petto la questione”.

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