I computer apprendono nuovi abc

I tentativi di codificare i linguaggi scritti di tutto il mondo
apriranno la strada a un Internet realmente globale

Milioni di persone nel mondo – dall’Africa occidentale al Sud-Est asiatico, al Medio Oriente – non considerano Internet un ambiente amichevole. Ciò perché molti dei sistemi di scrittura mondiali non sono ancora codificati nel software, il che significa che milioni di persone non possono scrivere e-mail, né allestire siti Web o cercare database nella loro lingua originaria. Un gruppo di linguisti dell’Università della California, a Berkeley, sta provando a cambiare questo stato di cose, inserendo quasi 100 nuovi tipi di scritture in un importante standard internazionale che consente ai computer di rappresentare, elaborare e spedire dati testuali.

L’iniziativa dell’università «è un tentativo di correggere un aspetto spesso trascurato del digital divide: molte forme di scritture usate nelle lingue di quasi 5 milioni di persone non sono al momento rappresentate nello standard internazionale», sostiene Deborah Anderson, una linguista di Berkeley che è la responsabile dell’iniziativa. Questo standard è chiamato Unicode e assegna un unico numero d’identificazione a ogni carattere, simbolo e segno d’interpunzione in una lingua scritta. I numeri identificativi significano che i caratteri non vengono confusi quando i dati si muovono tra programmi software o in Internet, un problema che talvolta si manifesta sotto forma di una stringa di punti interrogativi sullo schermo e può paralizzare la capacità di intere popolazioni di comunicare attraverso Internet. Unicode, per esempio, sta contribuendo a radicali trasformazioni economiche in Vietnam. Prima del 2003, i produttori di computer e software hanno messo in campo 43 modi diversi di codificare il testo vietnamita, impedendo ai computer di scambiarsi dati in modo affidabile. Pertanto il governo vietnamita, all’inizio del 2003, ha adottato Unicode come standard nazionale. Il problema è che i sistemi di scrittura meno accessibili non sono ancora codificati nello standard Unicode. L’aggiunta di altre 100 scritture è un compito impegnativo; attualmente soltanto 52 sono state codificate. Per raggiungere questo obiettivo, Berkeley sta reclutando e finanziando linguisti e utilizzatori di scritture come N’Ko (usata in Africa occidentale), Balinese (usata in Indonesia) e Tifinagh (usata in alcune zone dell’Africa settentrionale), al fine di determinare quanti caratteri contiene ogni scrittura, disegnare i fonts e seguire le proposte attraverso il dedalo burocratico di enti governativi e dei diversi standard dei computer. I vantaggi saranno visibili agli utenti di Internet come Mamady Doumbouya, un editore di Filadelfia che vorrebbe offrire per la prima volta una versione online del suo giornale in N’Ko. «Senza Unicode, ci vuole troppo tempo per fare in modo che un computer riesca a leggere un giornale in N’Ko», dice Doumbouya.

Questi cambiamenti non avverranno all’improvviso. Anderson ritiene che il progetto lanciato quest’anno, ne impiegherà almeno 10 a giungere al termine. Fino a poco tempo fa, le aziende di computer hanno appoggiato i tentativi di arrivare a una codificazione, ma il loro interesse è limitato perché chi usa gli alfabeti non codificati rappresenta una piccola fetta di mercato. Il progetto di Berkeley è parte di un tentativo più generale di rendere Internet globalmente accessibile. Il World Wide Web Consortium ha già reso possibile registrare i nomi dei domini in queste nuove scritture; ciò significa, tra le altre cose, che gli URL dei siti Web possono riflettere i sistemi di scrittura delle persone che ne sono proprietari.

Gli esperti di sicurezza nazionale statunitensi mostrano a loro volta un grande interesse. Everette Jordan, responsabile del National Virtual Translation Center, un ufficio governativo di nuova creazione che fornisce risorse in lingua straniera ai servizi segreti, fa notare che «siamo tecnologicamente sordi, muti e ciechi se non possiamo leggere questo tipo di materiali». Presto, comunque, le agenzie per la sicurezza e gli editori di giornali africani potranno fare riferimento a un nuovo standard.

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