Google cerca di umanizzare l’apprendimento automatico

Con il graduale inserimento dell’apprendimento automatico in sempre più prodotti, questo deve imparare a comportarsi come previsto dagli esseri umani.

di Robert D. Hof

Lo scorso mese il CEO di Google, Sundar Pichai, ha detto agli investitori che i progressi nella tecnologia per l’apprendimento automatico avrebbero presto avuto un impatto su tutti i prodotti o servizi ai quali sta lavorando la società. “Stiamo ripensando tutto quello che stiamo facendo”, aveva detto.

Parte dello sforzo per rendere i suoi servizi più intelligenti comporta il ripensamento del modo in cui la società utilizza l’apprendimento automatico, che permette ai computer di apprendere per conto proprio dai dati che ricevono. In parole semplici, Google sta adoprandosi per insegnare a quei sistemi come essere più umani.

In occasione di un briefing che si è tenuto settimana scorsa presso il suo quartier generale a Mountain View, in California, Google ha presentato alcuni dei suoi sforzi. “Siamo allo stadio dell’ufficiale Data”, ha detto il ricercatore Pete Warden riferendosi all’androide inespressivo della serie televisiva Star Trek: The Next Generation. “Ma stiamo cercando di mettere un briciolo di consigliere Troi” – l’enfatico consigliere a bordo della Enterprise.

Warden lavora nel team che ha sviluppato Google Photos, che permette di ricercare cose come “spiaggia” o “cane” nelle proprie immagini. La tecnologia sottostante è il risultato di un grosso sforzo volto a consentire ai software di identificare gli oggetti nelle fotografie. Warden e i suoi colleghi hanno però scoperto che la semplice capacità di distinguere un bambino, delle uova o dei cesti non bastava. Le persone vogliono poter ricercare la “caccia all’uovo di Pasqua”. Il sistema va quindi addestrato perché comprenda che le foto scattate nel tardo novembre e contenenti un tacchino e dei piatti dovrebbero essere associate con “Il giorno del ringraziamento”.

Un altro progetto di Google, soprannominato GlassBox, sta cercando di impedire che un software addestrato con un campione limitato di dati compia errori che agli occhi di un essere umano paiano semplici e sciocchi. Sotto la guida della scienziata ricercatrice Maya Gupta, questo progetto mira a dotare i software del buon senso che consente agli esseri umani di riconoscere esempi fuorvianti.

Una persona alla quale venissero mostrati alcuni esempi di abitazioni con relativo prezzo, ad esempio, dovrebbe notare subito come le abitazioni più grandi tendono a costare di più – anche se fra gli esempi si dovesse trovare l’insolito caso di una piccola abitazione da $1.8 milioni che si trova nella costosa città di palo Alto, in California. Lo stesso elenco potrebbe sviare il sistema di apprendimento automatico e portarlo a ricercare una associazione differente fra prezzo e qualità, come ad esempio il colore. Gupta ha sviluppato metodi matematici con cui alleviare l’influenza di anomalie simili. “Stiamo cercando di considerare quanto più sapere umano possibile” ci ha detto.

Negli ultimi anni, a seguito dello sviluppo di una tecnologia conosciuta come apprendimento approfondito, che ricorre a reti simili ai neuroni (vedi “Le magnifiche dieci: Odissea nel cervello”), Google ha incrementato i suoi investimenti nella ricerca per l’apprendimento automatico. Ha ottenuto sorprendenti risultati nel riconoscimento vocale http://www.technologyreview.com/news/429442/google-puts-its-virtual-brain-technology-to-work/ e visivo.
Facebook, Google, IBM, Microsoft e Baidu stanno tutte investigando quanto l’apprendimento approfondito possa aiutare i computer a comprendere il linguaggio, e magari conversare con noi (vedi “Come farci capire dalle macchine”).

Nelle ultime settimane, Google ha confermato che il suo principale servizio di ricerca elabora una grande quantità di richieste utilizzando un nuovo sistema sviluppato con l’apprendimento approfondito di nome RankBrain. Settimana scorsa ha inaugurato un servizio di nome Smart Reply che utilizza l’apprendimento automatico per offrire automaticamente diverse scelte di risposta breve ai messaggi e-mail.

Greg Corrado, uno scienziato ricercatore senior e cofondatore del team di Google per l’apprendimento approfondito, dice che il software per la scrittura di e-mail è solo un primo esempio di come l’apprendimento automatico sta permettendo ormai di creare prodotti completamente nuovi, non solo prodotti rinnovati.

(MO)

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