Cosa stai facendo?

Evan Williams ha costruito la sua ricchezza vendendo Blogger a Google. Poi ha avviato Twitter. In entrambi i casi, ha estratto uno strumento prevedibile e semplice da una tecnologia più complessa. è solo fortunato?

di Kate Greene

A 16 anni Evan Williams amava leggere testi d’economia. La sua prima lettura riguardava gli investimenti immobiliari; allora viveva a Clarks, una città del Nebraska centrale con una popolazione di 379 abitanti e un valore medio delle case di 34.900 dollari. Williams non era particolarmente interessato a investire in proprietà immobiliari a Clarks o da qualsiasi altra parte, ma era attirato da quanto fosse facile capire le dinamiche del mercato immobiliare e guadagnarci sopra. “Compresi che potevo acquistare libri e apprendere in poco tempo ciò che aveva richiesto alle persone diversi anni di lavoro”, ricorda Williams. “Ero stuzzicato dall’idea che esistessero così tante cose che si potevano usare per trarne un guadagno. Era tutto scritto nei libri e nessuno intorno a me ne stava facendo uso”.

Oggi Williams si trova a San Francisco, a distanza di migliaia di km da Clarks; non si occupa più di mercato immobiliare, ma è il fondatore di Obvious, l’azienda di sviluppo di prodotti Web che è proprietaria di Twitter, il popolare servizio di microblogging. A 35 anni, senza una laurea, Williams è diventato un uomo d’affari estemporaneo, cha ha fatto tutto da sé, le cui decisioni sono influenzate da quello che egli descrive come “ottimismo allucinogeno”.

Williams è diventato abbastanza famoso nella Silicon Valley durante il primo boom delle aziende dot-com, dopo aver creato insieme ad altri Blogger, nel 1999. Blogger rendeva molto semplice per le persone pubblicare i propri pensieri sul Web sotto forma “diaristica”, come i blog erano conosciuti in quel periodo. Nel 2003, Google ha acquistato Blogger per un importo che il giovane imprenditore rifiuta di svelare (anche se dice che si trattava di meno dei 50 milioni di dollari che Valleywag, un blog mondano di Silicon Valley, ha riferito). Si trattava, in ogni caso, di una cifra considerevole. Williams ha lavorato per poco più di un anno a Googleplex, a Mountain View, prima di allontanarsi con il “malloppo” per partorire nuove idee vincenti.

All’inizio, ha stentato a trovare qualcosa che lo soddisfacesse completamente. Ma Twitter sembra rispondere alle sue esigenze. L’idea di fondo del servizio è semplice: le persone scrivono brevi pensieri su se stessi, sempre aggiornati, di 140 caratteri, rispondendo continuamente alla domanda “Cosa stai facendo in questo momento”? Gli utenti possono spedire le loro brevi comunicazioni sul telefono cellulare, sul sito Web Twitter o usando il software del desktop come uno strumento di messaggeria istantanea. I messaggi (meglio conosciuti come twitters, twits e tweets) possono essere privati, spediti solo ad amici o gruppi di amici, o apparire in forma pubblica sulla home page di Twitter. Il servizio ha avuto così successo che lo scorso aprile Williams ha deciso di inglobarlo nella sua azienda.

La sede centrale di Twitter è a South Park, un piccolo quartiere a sud di Market Street, a San Francisco, che attrae gruppi eterogenei di persone. Durante la settimana, gli appassionati di jazz siedono ai tavoli dei cafés in South Park Street, una via a senso unico che costeggia il parco ovale; gli uomini della sorveglianza controllano i carrelli della spesa all’entrata del parco; gli imprenditori e i giovani informatici entrano nei loro uffici davanti al parco per creare la novità vincente.

Ho visitato l’ufficio, simile a un loft, di Twitter per incontrare Williams in un caldo pomeriggio di luglio. Magro e di bell’aspetto, con un volto teneramente giovanile, Williams indossava i classici jeans con maglietta bianca. La semplicità che ha reso Blogger attraente agli occhi di Google, mi ha spiegato, è la molla della crescita di Twitter. Mi ha descritto senza fronzoli come sono nate le due aziende (entrambe casualmente) e la ragione della loro vitalità: la capacità di venire incontro al bisogno delle persone di stare in contatto tra loro.

Considerando gli standard non commerciali delle aziende impegnate nelle reti sociali, Twitter è un successo (Se l’azienda possa diventare un’attività redditizia è un altro tipo di problema, uno dei più dibattuti tra coloro che seguono l’industria delle reti sociali). Twitter ha spiccato il volo a marzo del 2007, quando ha vinto un premio per il miglior blog al South by Southwest Interactive Festival, ad Austin, in Texas. Da allora, il numero di utenti registrati di Twitter è costantemente incrementato a livello mondiale.

Twitter non rivela le cifre attuali, ma TwitDir.com, una directory indipendente da Twitter, stima che ci siano circa 500.000 utenti pubblici, che permettono di accedere ai loro profili e aggiornamenti per essere cercati. Ad agosto 2007, Twitter ha ricevuto circa 5 milioni di dollari di finanziamento, in particolare da Union Square Ventures, un fondo di capitale di rischio di New York. L’azienda è in trattative con le case di produzione hollywoodiane per usare Twitter a scopi promozionali, e MTV ha utilizzato il servizio per promuovere i suoi Video Music Awards, a settembre di quest’anno. Forse il miglior indicatore del successo di Twitter è la rapida comparsa di startup “anche io” che si vantano di offrire servizi con caratteristiche simili e superiori a quelli di Twitter (si veda, Trivial Pursuit (il trionfo della banalità), pag 80 edizione americana).

Secondo Williams, Twitter è diventato di moda per una semplice ragione: “è sociale e le persone sono animali sociali”. Ma Twitter rappresenta un modo diverso di essere sociali, egli sostiene. Anche se i continui aggiornamenti ricordano per diversi aspetti i blog, i messaggi istantanei, la posta elettronica e i messaggi testuali, essi appaiono spesso più brevi, si possono far circolare su un’ampia area e non richiedono una risposta immediata. “è un’attività non impegnativa”, afferma Williams. “Alle persone piacciono altre persone. Pertanto avere loro notizie e poter comunicare con loro in un modo realmente semplice è piacevole e può dare dipendenza”.

Lo stesso Williams sembra essere assuefatto a una continua autoreferenzialità. Una notte dello scorso agosto ha scritto: “Sto assaporandomi una cena giapponese, preparata in casa, sul patio in una sera stranamente tranquilla per i canoni di San Francisco. Delizioso”. Ma non è il solo che accusa dipendenza. Quella stessa notte, un utente di Twitter chiamato Itiswell ha scritto: “Sono alle prese con una serie di problemi con il computer, a causa di componenti software che mancano”. Io ho chiosato: “Mi sento realizzato: la mia vasca da bagno non è mai stata così pulita”.

Alcuni esperti, tra cui Elizabeth Lawley, direttore del laboratorio d’informatica sociale al Rochester Institute of Technology, vedono questi messaggi come una forma completamente nuova di comunicazione. “Poichè fanno riferimento a minuzie, è quasi come vedere un pixel della vita di qualcun altro”, dice Lawley. “Quando si vedono tutti i pezzi insieme, si ottiene un ritratto particolarmente veritiero. Con altre forme di comunicazione, difficilmente condividiamo le piccole cose quotidiane, ma la domanda “Che cosa stai facendo?” è esattamente quella che facciamo alle persone a cui teniamo di più. Per il resto parliamo di avvenimenti più importanti, che meritano l’invio almeno di una e-mail”.

Agli altri, naturalmente, questi minimessaggi sembrano banali, narcisistici e atrocemente noiosi. I critici ritengono anche che l’azienda sia destinata al fallimento perché manca una chiara strategia per arrivare a un profitto. Un commento sul popolare blog TechCrunch mette insieme tutte queste sensazioni: “Twitter è un’applicazione priva di valore per i più egocentrici di noi. Non gira denaro e sarà estremamente difficile inserire al suo interno qualche forma di pubblicità. Un modello a pagamento non avrebbe successo soprattutto perché le reti mobili lancerebbero loro un’applicazione se Twitter si cimentasse su questa strada. Inoltre, gran parte dei blog sono noiosi (forse anche il mio). I messaggi sono anche peggiori: ‘Io odio i sandwich al formaggio’. Che barba. Da bocciare”.

Le critiche non sembrano preoccupare Williams, in parte perché ha già avuto modo di ascoltarle in passato. “In realtà ciò che dicono le persone a proposito di Twitter negli ultimi mesi mi ricorda esattamente quello che veniva a suo tempo sostenuto nei confronti di Blogger”, afferma Williams. “‘Perché qualcuno dovrebbe utilizzare questo tipo di servizio?’, ‘E’ privo di senso’, ‘E’ banale’, ‘Sono stupidaggini di autoesaltati’, ‘Non è assolutamente stimolante dal punto di vista tecnologico’, ‘Non c’è nulla dentro’, ‘In che cosa si differenzia da X, Y e Z che abbiamo conosciuto negli ultimi dieci anni?'” In effetti esistevano strumenti per i blog disponibili quando Blogger è stato messo in circolazione e altri sono emersi da allora, tra cui TypePad di Six Apart, che offre molti servizi. Ma nessuno ha la semplicità e la facilità d’uso di Blogger. Queste erano le ragioni per cui Blogger è stato un protagonista della rivoluzione dei blog.

A prima vista, Williams non ha l’aspetto di uno impegnato a cambiare il nostro modo di comunicare. La sua figura ricorda lo stereotipo dell’abitante del Midwest: un uomo riflessivo, abbastanza taciturno. Ma la sua vita testimonia una storia differente; gli anni trascorsi a Clarks non lo hanno soddisfatto. “Non per parlare male di allora”, egli spiega. “Non sono quel tipo di persone che lottano per ottenere il massimo dalle loro vite. Fare qualcosa di differente non viene loro in mente. Quando mi guardavo intorno, pensavo che non avrei voluto essere come la maggior parte delle persone che mi circondavano. Ero sempre alla ricerca di una soluzione originale, di una strada differente, di qualcosa di eccezionale”.

Williams si è iscritto all’Università del Nebraska subito dopo il liceo, ma non ha resistito più di un anno. Nel 1994, si trovava a Lincoln, proprio quando il Web stava diventando un fenomeno di massa. Avendo intuito che Internet avrebbe avuto successo, decise di creare un prodotto che riguardasse la rete: un video che spiegava i dettagli del funzionamento di una linea di comando per connettere i computer sulla rete.

Il video ebbe successo e Williams avviò un’azienda Internet con una gamma di idee relativamente a prodotti e attività commerciali (“Era il periodo in cui Internet era una novità e bastava dire di essere una ‘azienda Internet’, senza entrare nello specifico”, dice Williams). L’azienda fallì in modo spettacolare. “Fu più o meno l’equivalente di un disastro ferroviario in termini di gestione”, egli ammette. “Avevo numerose idee su quali potevano essere prodotti interessanti, ma non sapevo assolutamente cosa stavo facendo, né sul versante della direzione dell’azienda né su quello tecnologico. Se avessimo saputo scrivere software, ci saremmo trovati in una situazione migliore. Provammo ad assumere chi poteva progettare software, ma non ero in grado di dare loro indicazioni e loro non avevano chiaro cosa dovessero fare”. Dopo un anno o poco più, Williams licenziò i suoi dipendenti e chiuse l’azienda. Nel 1996, si trasferì nella California settentrionale.

La fine degli anni 1990 furono inebrianti per gli imprenditori di San Francisco, che lavoravano senza sosta per allestire i siti Web che avrebbero fatto la loro fortuna. “Fu un periodo abbastanza agitato”, ricorda Meg Hourihan, una dei fondatori di Blogger. “Si finiva di definire alcune caratteristiche di un prodotto alle 10 di sera e poi si andava a bere e mangiare alla festa più vicina”.

Hourihan, dotata di specializzazione in Inglese, con una particolare attitudine informatica, era allora un consulente per le tecnologie e desiderava ardentemente di lanciarsi in un’avventura imprenditoriale. Allo stesso tempo Williams stava lavorando a un tipo di software collaborativo che aiutasse le persone a lavorare a progetti comuni più efficacemente. Nell’estate del 1998, Williams e Hourihan parteciparono entrambi a un evento televisivo a San Francisco. “Mi ritrovai seduta accanto a Ev e a parlare con lui”, dice Hourihan. “Finimmo a discutere di Web e computer, e sentii che era la prima persona che avevo incontrato che vedeva nel Web lo stesso potenziale che scorgevo io; era uno di quegli episodi che ti cambiano la vita”.

Cominciarono a vedersi, ma dopo due mesi decisero che sarebbero stati più felici come partner commerciali. Nell’autunno del 1998, collaborarono a Pyra, un’applicazione per la gestione progettuale su base Web. L’obiettivo era di creare un “tavolo da lavoro” on line per tenere sotto controllo i cambiamenti di progetto, le domande, le riunioni e una serie di altre variabili. Il gruppo di Pyra divenne un’azienda chiamata Pyra Labs quando Paul Bausch, un amico di Williams del Nebraska, si unì a loro per scrivere il codice. Per seguire da vicino lo sviluppo di Pyra, i tre dipendenti si spedivano continui aggiornamenti su un blog interno che chiamavano “Stuff”. Williams e Hourihan sono stati i precursori dei blogger, perché sembrava loro un modo naturale di comunicare. Stuff divenne il sistema nervoso centrale dell’azienda. “Comunicavamo e collaboravamo realmente in questo modo, il che ha un aspetto paradossale in quanto stavamo creando uno strumento di collaborazione di estrema complessità”, rammenta Williams. “Scherzammo più volte sul fatto che avrebbe potuto essere il nostro prodotto vincente. Sentivo che c’era qualcosa di particolare in Stuff, ma lo consideravo troppo semplice per crederci fino in fondo”.

Poi una piccola variazione di Stuff indusse Williams a riconsiderare la questione. Un giorno Bausch scrisse un pezzo di codice che consentiva di trasferire un documento da Stuff al server Web pubblico di Pyra usando un cosiddetto FTP, ovvero file transfer protocol (protocollo per il trasferimento di file); il documento sarebbe stato visibile a tutti. “Questa è stata la reale genesi di Blogger”, afferma Williams. “La semplicità di avere un’applicazione che funzionava su Web per trasferire un file statico al server era un passaggio cruciale. Una volta arrivati a questo punto, ritenevamo che le persone avrebbero potuto farne uso”.

Infine, apparve chiaro che Blogger, non il più complesso Pyra, era il più richiesto dagli utenti: Williams aveva scoperto un prodotto comunicativo più valido e lineare per aziende molto più famose. Il gruppo raccolse i finanziamenti in una breve serie di incontri. Tuttavia, i colleghi di Williams erano in ansia perché Blogger era un servizio gratuito e non disponeva ancora di un piano commerciale. Williams, che era l’amministratore delegato, si impegnò nella ricerca di ulteriori fondi. “Avevamo quasi finito i soldi”, spiega Hourihan. “Non potevamo tenere il passo con le infrastrutture necessarie a sostenere la nostra crescita. Poi il mercato crollò e sembrò che non circolasse più moneta intorno a noi”.

Il gruppo, che era salito a sei persone, fu costretto a sciogliersi. Williams “riportò il server a casa sua e, senza altri aiuti, lo mantenne ugualmente operativo”, ricorda Hourihan. “Piano, piano le cose cominciarono ad andare meglio e Williams riuscì ad assumere nuovamente qualche persona e a rimettere in piedi l’impresa”. Hourihan ne rimase fuori, ma Williams ottenne un discreto successo con la sua iniziativa, al punto da negoziare la vendita di Blogger a Google all’inizio del 2003.

Dopo aver lasciato Google, Williams si prese un periodo di riposo per cercare nuove idee nel campo imprenditorièale. Ma, in realtà, fu un’azienda a scovare lui. Il suo amico Noah Glass stava lavorando a un software per aiutare le persone a creare, distribuire e ricercare podcast (file audio e video accessibili agli utenti) e ne parlò con Williams, il quale iniziò a collaborare con Glass e decise infine di investire in Odeo, una nuova azienda. In una prima fase, Williams volle mantenere una certa distanza per avere le mani libere con altri progetti, ma a febbraio del 2005 gli fu chiesto di presentare Odeo a TED, la conferenza annuale, solo a inviti, su tecnologia, intrattenimento e design. A TED, il suo nome fu rapidamente identificato con quello dell’azienda. “Credo di avere un sesto senso in determinate situazioni che mi permette di dire: ‘Ecco l’occasione giusta’. In effetti, non ero partito con questa intenzione”, spiega Williams. “Ero contento e orgoglioso di dare una mano, anche se non mi sentivo assolutamente pronto a intraprendere una nuova avventura e non avrei dovuto farlo”. Intorno a Odeo si respirava un’aria di grande eccitazione e Williams si lasciò coinvolgere, malgrado non ne fosse affatto convinto.

Odeo non mancava assolutamente di finanziamenti (dopo Blogger, non era un problema per Williams attrarre investitori), ma le prospettive dell’azienda non erano particolarmente esaltanti. Nessuno aveva un’idea chiara di quale dovesse essere il suo prodotto principale e, a giugno del 2005, Apple distribuì una versione di iTunes, il suo software audio, che offriva funzioni di podcasting praticamente identiche a quelle che Odeo stava sviluppando. “Fu come uno shock per noi”, confessa Williams. “Apple ci aveva anticipato e poteva contare su milioni di desktop. Tutto quello che producevamo era irrilevante, una volta che Apple aveva lanciato il suo prodotto”.

Il problema non era solo che Apple fosse arrivata per prima sul mercato, aggiunge Williams. Il prodotto di Odeo richiedeva un approccio più tradizionale al settore dei media, che si affidasse alla distribuzione e alle operazioni commerciali e non alla crescita esasperata; sicuramente non il tipo di modello commerciale che si confacesse a Williams e agli esperti di tecnologia aziendali. “Non eravamo un tipo di azienda con i requisiti per eccellere in questo campo”, ammette Williams. Consapevole di tutto ciò, a ottobre del 2006 Williams si presentò al consiglio di amministrazione e acquistò l’azienda con il denaro guadagnato a Google. Nel patrimonio di Odeo era compresa la prima versione di Twitter, allora semplicemente un accenno di progetto.

Liz Lawley, del Rochester Institute of Technology, era inizialmente scettica nei confronti di Twitter, quando si ritrovò a usarlo a febbraio del 2007. “La mia prima reazione era che non avevo alcun bisogno di un altro posto per inviare messaggi, né di ricordare le ennesime username e password”, dice Liz. “Ho quattro blog e non mi sembrava di dover andare alla ricerca di nulla di nuovo”. Ma a marzo, le sue comunicazioni avevano una cadenza quotidiana. Ora tende a scrivere messaggi soprattutto quando è in viaggio, se le accade qualcosa di particolare o qualcosa di nuovo. “è più semplice informare in questo modo le persone sui cambiamenti nella propria vita che decidere a chi inviare un’e-mail”, ella spiega.

Lawley rappresenta solo un tipo di utente di Twitter. Alcune persone sono affette da ipergrafia, e scrivono incessantemente. Altri intervengono di rado, ma seguono le comunicazioni aggiornate di persone che non conoscono. Alcuni scrittori cercano di capire come stia cambiando il modo di raccontare quando si ha un limite di 140 caratteri, mentre altri creano deliziosi haiku. C’è chi fa uso di Twitter anche per spedire indizi per le cacce al tesoro e per altri giochi. Ma gli utenti non sono solo singole persone. In realtà il servizio viene utilizzato dagli inserzionisti pubblicitari, dalle agenzie d’informazione e persino dai vigili del fuoco.

Tutto ciò non sorprende Jack Dorsey, l’ingegnere di Odeo che ha proposto Twitter a Williams nel 2006. Dorsey, ora amministratore delegato di Twitter, si è sempre interessato a forme di comunicazione in tempo reale e ai sistemi di avvisi rapidi, per esempio l’invio di taxi in città per assicurarsi che le ambulanze arrivino velocemente al posto giusto. “A febbraio del 2006 discutemmo a lungo su come cambiare Odeo in qualcosa che fosse più vicino al nostro modo di sentire”, ricorda Dorsey. “Volevamo un prodotto differente. La scrittura di testi si diffondeva sempre più e durante un incontro avanzai l’idea di Twitter. Era la cosa più semplice che si potesse fare: dire agli amici che cosa si sta facendo. Ognuno di noi iniziò a riflettere sulla proposta e la settimana successiva Evan mi diede il via libera per la creazione di un prototipo”.

Esattamente come Blogger, Twitter era un semplice prodotto per la comunicazione recuperato dalla implosione imminente di un progetto più vasto. In entrambi i casi, Williams non sapeva realmente cosa stava facendo. Nelle due imprese, il suo genio – se questa è la parola giusta – era legato a ciò che John Keats, il poeta inglese, in una lettera a suo fratello chiama “capacità negativa”: “vale a dire quando un uomo è capace di rimanere sospeso tra incertezze, Misteri e dubbi senza alcun irritante raggiungimento a seguito di fatti e raziocinio”. Con l’aiuto di un altro ingegnere, Dorsey allestì la struttura base di Twitter in circa due settimane, usando un popolare strumento di programmazione Web chiamato Ruby on Rails. Il nucleo di Twitter è una macchina per la distribuzione di semplici messaggi che è, nel gergo delle comunicazioni, indipendente da specifiche periferiche (device agnostic). Dopo che un utente di Twitter ha composto un testo di 140 caratteri e ha cliccato un tasto sulla pagina Web, in un programma di messaggistica istantanea o su un cellulare, il messaggio viene immediatamente inviato alla persona prescelta che a sua volta lo leggerà sul Web o grazie a un programma di messaggistica istantanea o sul cellulare, a seconda delle preferenze.

Un elemento cruciale per il successo di Twitter è stata la distribuzione, a settembre del 2006, della sua interfaccia per la programmazione applicativa (API), che permette a programmatori esterni di creare applicazioni che diventano parte della infrastruttura informativa dell’azienda. Una volta che l’API si è resa disponibile, gli utenti esperti hanno cominciato a creare strumenti innovativi di Twitter. “Il modo principale di utilizzo è attraverso le nostre API”, spiega Williams. L’interfaccia di programmazione applicativa è relativamente semplice: “Non è il modello di sviluppo più potente, ma esercita un notevole richiamo sugli utenti. Ciò significa che, grazie a questa semplicità, sono stati creati una lunga serie di interfacce e strumenti operativi che hanno arricchito Twitter”.

Tra gli strumenti che gli sviluppatori indipendenti hanno plasmato ci sono le interfacce del desktop. Un esempio è Twitterrific, un programma scaricabile per Mac, che fa comparire i messaggi sul desktop del Mac OS e poi li manda in dissolvenza sullo sfondo. Gli utenti esperti hanno introdotto cambiamenti nel codice di Twitter , in particolare nel modo di raffigurare i messaggi pubblici: in un programma chiamato Twittervision, per esempio, un globo mostra i diversi luoghi nel mondo da cui vengono spediti i messaggi. è l’immagine speculare della razza umana (almeno quella parte che fa uso di Twitter) che si lancia messaggi. I bot – piccoli programmi automatici – possono anche spedire comunicazioni con contenuti estratti da qualche file informativo (i cosiddetti feed). Esistono bot per le notizie e le previsioni meteo e qualche programma che aggiorna gli utenti sulle informazioni relative ai terremoti del Geological Survey statunitense.

Permettendo ai programmatori di creare strumenti di scrittura che sono graditi a una larga schiera di persone, Twitter ha allargato il suo numero di utenti. E questo potrebbe essere solo l’inizio. “Un altro modo di guardare a Twitter è considerarlo una piattaforma di messaggeria in tempo reale indipendente da specifiche periferiche”, spiega Williams. “Le implicazioni sono considerevoli. Gli utenti ci hanno contattato sui sistemi di comunicazione in caso di emergenza. L’idea ci attira, ma non stiamo assolutamente dicendo di fare affidamento sul nostro servizio”. Per usi d’emergenza, Twitter dovrebbe essere totalmente affidabile; un obiettivo ancora lontano. Questa estate ho assistito a molti blocchi di Twitter, sia voluti sia non previsti, e non è raro che uno o due messaggi vadano persi.

William, Dorsey e un altro dei fondatori di Twitter, Biz Stone, sono convinti che rinforzando l’infrastruttura del servizio riusciranno a tenere sotto controllo la pressione crescente della concorrenza, che include Jaiku, Plazes, Kyte, Yappd, Pownce e Facebook (che ha la caratteristica di permettere agli utenti di aggiornare il loro “status” in un modo che ricorda da vicino i messaggi di Twitter). Questi servizi si differenziano tra loro: Jaiku ha più funzioni di Twitter – per esempio, gli utenti possono aggiungere immagini ai loro messaggi – ma è più complicato da usare e non ha così tanti utenti come Twitter. Pownce, che è ancora nella sua fase di prova e collaudo, consente agli utenti interessati di condividere differenti tipi di file con diversi gruppi di persone: gli utenti possono creare liste per spedire informazioni a una persona (come in un messaggio istantaneo), solo a qualche contatto o a tutti. Infine Facebook si trova “in una posizione di forza” rispetto a Twitter, sostiene Williams, perché per le applicazioni sociali il numero di utenti è cruciale.

“Se oggi si guarda a Pownce, Twitter e Facebook, sono concettualmente la stessa cosa, ma si sviluppano in modi differenti”, afferma Williams. “Sappiamo che ci sono numerose caratteristiche e funzionalità da aggiungere, e lo faremo, ma non vogliamo rendere Twitter più complicato, perché riteniamo che gran parte della sua bellezza stia nella sua semplicità”.

Comunque, rimanere statici sul Web per troppo tempo comporta dei rischi, specialmente per la azienda che promosso un nuovo tipo di tecnologia. Nel 2002 Friendster, il sito di relazioni sociali, ebbe un successo immediato, coinvolgendo schiere di utenti che creavano profili in collegamento con quelli dei loro amici. La supremazia della rete sociale di Friendster non durò a lungo: nel 2003, MySpace modificò la situazione. Ora MySpace, di proprietà di Rupert Murdoch, ha circa 100 milioni di utenti registrati ed è ancora in crescita. Friendster è ancora attivo, ma su scala decisamente inferiore a MySpace (si veda Friend Spam, del fondatore di Friendster, Jonathan Abrams, a pag 24, edizione americana).

Williams dice di pensare al destino di Friendster, soprattutto quando il servizio di Twitter perde colpi. “Stiamo facendo bene ora, ma quando eravamo in difficoltà, l’analogia con Friendster sorgeva spontanea”, egli confida. Per questa ragione è cruciale migliorare l’affidabilità e rendere l’interfaccia più semplice da usare, aggiunge Williams. “Con buone prestazioni e facilità d’uso, non avremo problemi”.

Williams crede che la messa a punto di un’infrastruttura efficiente sia la chiave di volta per creare profitti, come spera di riuscire a fare con i finanziamenti di Union Square Ventures. Fred Wilson, socio gerente di Union Square, afferma: “Ritengo che con questo tipo di servizi l’unica, vera domanda è: “Come facciamo a fare soldi?” Nel caso di Twitter, pensavamo che se avessero potuto realizzare un sistema di comunicazione facile da usare e che fosse impiegato in modi differenti da servizi differenti, sarebbero poi diventati una parte dell’infrastruttura di Internet”. A quel punto, Twitter avrebbe posseduto un sufficiente “volume di messaggi” per essere pagato da qualcuno, “probabilmente da altre persone che vogliono prendere possesso dell’intero volume, per esempio le aziende wireless”, ipotizza Williams.

“La nostra strategia non era quella di affidarci ai ricavi iniziali”, egli aggiunge, “ma cercare di spingere il maggior numero di utenti e uffici a usare l’infrastruttura di base di Twitter per creare servizi di messaggeria”.

Per questo piano è essenziale che la tecnologia di Twitter – vale a dire, la struttura del codice fondamentale del sistema – sostenga i nuovi utenti non appena si avvicinano al servizio. Gli esperti di tecnologia affermano che una rete progredisce esponenzialmente in corrispondenza con l’aumento del numero di utenti. Una discreta fetta dei recenti finanziamenti dell’azienda, dicono Williams e Wilson, sarà finalizzata a rendere Twitter protagonista di un’economia di scala. Se ciò non accade, le opportunità di profitto potrebbero non andare a buon fine.

L’ultima volta che ho visto Williams, era appena rientrato dalla sua luna di miele, un safari in Kenia (In Africa, come era facilmente prevedibile, ha mandato messaggi con il suo telefono cellulare: “Giro per Nairobi”. “Dinanzi a un drink dopo una giornata di giochi e rilassamento”. “Uno sguardo ai leoni. Shhh”). Durante la prima colazione in un ristorante in Mission District, a San Francisco, Williams mi ha confidato di star facendo qualche passo indietro nella conduzione di Twitter. Siederà nel consiglio d’amministrazione, ma lascerà i compiti di progettazione agli ingegneri e la gestione quotidiana a Dorsey. Prima del suo matrimonio, ha spiegato Williams, aveva dedicato molto tempo alla scrittura di codici per le configurazioni e si era occupato della manutenzione giornaliera del servizio. Ora è dell’idea che l’azienda sia in buone mani, anche senza la sua presenza.

La stessa cosa pensano i suoi finanziatori. Williams “sembra un poco più riflessivo e desideroso di vivere sul filo dell’ambiguità rispetto a gran parte degli imprenditori che conosco”, dice Fred Wilson. “Tutto ciò è molto positivo, ma potrebbe anche rivelarsi molto negativo. è positivo perché le giovani aziende devono muoversi nell’ambiguità per qualche tempo, ma arriva il momento delle decisioni e per questo motivo ritengo una buona notizia che Jack (Dorsey) diriga l’azienda. Jack è probabilmente più deciso”.

Williams sostiene ora di voler dedicare più tempo a Obvious, che per lui rappresenta un’avventura del tutto diversa; lo descrive, infatti, come una sorta di incubatrice per prodotti che risolvono problemi ovvii. Obvious (che al momento della fondazione a ottobre del 2006 ha assorbito Odeo) non è stato creato con un prodotto o un qualche tipo di tecnologia in mente; è stato concepito come un’azienda in cui vengono avanzate e sviluppate una serie di idee fino a verificarne la fattibilità o la impraticabilità. Ma al momento del nostro incontro Williams era l’unico dipendente e appariva evidente che non sapesse come Obvious opererà in futuro.

Williams ha qualche sfida tecnologica che vorrebbe vincere, tra cui la domanda che già si poneva a Pyra: come possono le aziende comunicare più efficacemente, sia al loro interno, sia con le altre aziende? Egli ha anche almeno una persona in mente per fare il lavoro di programmazione. Tuttavia, sembra incerto su quale soluzione potrà essere trasformata in un prodotto, per non parlare poi di uno sbocco commerciale valido.

In realtà, come mi ha confidato, egli non ha a disposizione alcun piano solido. Alla fine del 2007, Williams si ritrova nella stessa situazione che ha già vissuto spesso in passato: incertezza, senza alcun irritante raggiungimento a seguito di fatti e raziocinio.

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