Braccio di ferro tra il Dipartimento di Giustizia americano e Silicon Valley

William Barr, il procuratore generale degli Stati Uniti, ha chiesto ad Apple di sbloccare l’iPhone del membro dell’aeronautica saudita che ha ucciso tre marinai americani in un attacco terroristico il mese scorso. 

di Patrick Howell O’Neill

La richiesta ha posto le basi per una potenziale lotta tra Silicon Valley e il Dipartimento di Giustizia su crittografia, privacy e sicurezza. Apple ha già fornito agli investigatori statunitensi i dati dell’account iCloud di Mohammed Saeed Alshamrani, che ha condotto l’attacco alla stazione aerea navale di Pensacola a dicembre. 

Ma finora, nonostante la richiesta di Barr, l’azienda ha rifiutato l’accesso ai telefoni del terrorista, aprendo un conflitto su problemi come la crittografia, la privacy e la sicurezza. Apple non ha ancora risposto a una richiesta di commento.

Gli iPhone sono protetti da una crittografia avanzata progettata per impedire a chiunque, tranne il proprietario del telefono, di accedere a ciò che si trova sul telefono. Nell’ultimo decennio, la crittografia è cresciuta in modo esponenziale poiché i consumatori richiedono una protezione della privacy più avanzata.

La  crittografia è diventata sempre più una crociata politica per Barr, che ha riacceso il dibattito politico a luglio del 2019 in un discorso che chiedeva l’accesso del governo ai dati crittografati. I critici, tra cui l’ex direttore della National Security Agency Michael Hayden e il crittografo Matthew Green, hanno affermato che la tecnologia “backdoor” minerebbe gravemente la sicurezza e la privacy di Internet. 

Apple e altri giganti della Silicon Valley, che collaborano abitualmente alle indagini delle forze dell’ordine americane, hanno rifiutato di infrangere il sistema crittografico che usano nei loro prodotti su richiesta dei funzionari statunitensi.

“Il mio consiglio è di dare una risposta positiva alla richiesta”, ha dichiarato il senatore Lindsey Graham ai rappresentanti di Apple e Facebook in un’audizione al Congresso il mese scorso, “altrimenti il prossimo anno, in mancanza di segnali positivi, imporremo la nostra volontà”.

La più grande battaglia precedente su questo problema è avvenuta nel 2015 e nel 2016, quando Apple e l’FBI sono andati in tribunale per chiedere l’accesso al telefono di un terrorista che uccise 14 persone a San Bernardino, in California. 

All’epoca il direttore dell’FBI, James Comey, cercò di costringere legalmente Apple a scrivere un nuovo codice che potesse aprire l’iPhone di Syed Farook, ma alla fine rinunciò a portare avanti la causa, avendo l’agenzia governativa stipulato un contratto con Cellebrite, una azienda israeliana che hackera i telefoni, per entrare nell’iPhone del terrorista.

(rp)

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