Perché è tempo di iniziare a parlare dell’etica della blockchain

La tecnologia blockchain sta cambiando la natura del denaro e delle organizzazioni, rendendo improcrastinabile una riflessione approfondita sulle potenziali conseguenze di quanto sta accadendo.

di Mike Orcutt

A prima vista, la parola “etica” potrebbe sembrare fuori luogo accanto a “blockchain”. Dopo tutto, il mondo della criptovaluta si è caratterizzato spesso per le sue numerose frodi e truffe.

Ma secondo un piccolo contingente di professori universitari, non solo ha senso discutere di “etica” della blockchain, ma è necessario.

Se ci si può ragionevolmente aspettare che la tecnologia blockchain giochi un ruolo significativo nella società, allora è essenziale una definizione del suo campo etico, proprio come la biotecnologia, l’intelligenza artificiale e la tecnologia nucleare, sostiene Rhys Lindmark, che si occupa degli impatti sociali a lungo termine delle valute digitali sulla comunità presso la Digital Currency Initiative del MIT.

Lindmark ha parlato il 6 ottobre al Cryptoeconomic Systems Summit, un incontro di sviluppatori blockchain, economisti, esperti di finanza e di legge, il cui contributo disciplinare è rilevante per la tecnologia. La conferenza, organizzata dal Media Lab del MIT, è stata un tentativo di gettare le basi per un nuovo campo accademico incentrato sui molti aspetti interdisciplinari dello sviluppo della blockchain.

L’etica della blockchain andrebbe inserita all’interno di questo nuovo settore di ricerca. Lindmark lo ha descritto come “un gruppo di persone focalizzate sulla domanda: come possiamo modellare positivamente lo sviluppo di questa tecnologia?”

La tecnologia blockchain è ancora per lo più un interesse di nicchia; il valore del mercato delle criptovalute è minuscolo rispetto a quello complessivo dei tradizionali mercati di investimento globali. Non ha molta influenza, se ne ha, nel sistema finanziario globale, in quanto le criptovalute sono per lo più viste come un modo per trarre profitto speculando sui loro prezzi volatili. Ma la situazione potrebbe cambiare.

Aziende del calibro di Fidelity Investments e Intercontinental Exchange (proprietaria della Borsa di New York) hanno adottato la tecnologia. Facebook vuole lanciare la propria valuta digitale globale. Anche le banche centrali potrebbero essere vicine a entrare nel business.

Lindmark ha affermato che il campo dell’etica della blockchain, come già succede in altri settori, dovrebbe esaminare ciò che la tecnologia è in grado di fare e ponderare le potenziali conseguenze. Per esempio, le blockchain consentono di creare organizzazioni “decentralizzate” senza leader.

Ciò significa che nessuno è responsabile se qualcosa va storto? Nelle blockchain pubbliche come Bitcoin, le regole del software condiviso della rete dovrebbero definire automaticamente quale comportamento è consentito. Quindi, se un utente sfrutta il protocollo a scopo di lucro senza infrangere le sue regole, si può considerare poco etico? Nel frattempo, le valute digitali globali come quelle che propone Facebook potrebbero cambiare la natura stessa del denaro. La nuova situazione in che modo potrebbe mutare politiche e dinamiche di potere?

Una preoccupazione concreta a breve termine riguarda la ricerca blockchain. Proprio come le biotecnologie e le nanotecnologie, le blockchain e le criptovalute introducono una nuova classe di “rischi etici” per i ricercatori, ha affermato Quinn DuPont, ricercatore dell’University College di Dublino.

Il settore della blockchain dovrebbe lavorare alla standardizzazione delle linee guida per la ricerca etica, ha spiegato DuPont, perché studiare le reti crittografiche, per esempio sondando e divulgando le vulnerabilità della sicurezza, può mettere a rischio i soldi di altre persone.

Una delle diapositive dell’intervento di DuPont alla conferenza del MIT ha mostrato un sondaggio su Twitter pubblicato lo scorso anno da Philip Daian, un ricercatore dell’Iniziative for Cryptocurrencies and Contracts della Cornell University. Daian ha chiesto se è etico assegnare agli studenti la ricerca di una vulnerabilità in uno smart contract, vale a dire un contratto intelligente che fa riferimento a degli standard di comportamento e di accesso a determinati servizi. Due terzi dei 1.262 intervistati hanno risposto di sì.

La ricerca sulla sicurezza informatica tradizionale deve affrontare dilemmi di questo tipo. Ma in ricerche simili, “non si sta solo intervenendo su un social network, si sta letteralmente spiegando come violare una banca”, conclude DuPont.

Immagine: Ms. Tech; Scales: Chris Potter; Flick

(rp)

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