Sviluppare conoscenza, fare impresa

Il primo incontro con Luciano Maiani, presidente del CNR

di Alessandro Ovi

“Nella nomina del nuovo ‘Capo della ricerca Italiana’, il merito ha trionfato sulla politica, e gli scienziati sperano che, in Italia, possano avvenire altri importanti cambiamenti. Presidente del CNR per i prossimi quattro anni, infatti è stato nominato il fisico teorico Luciano Maiani.

Lo scorso anno, al fine di limitare l’influenza della politica, il Governo Italiano aveva adottato un nuovo metodo per scegliere i responsabili degli Istituti di Ricerca Italiani. Un Comitato internazionale di selezione ha identificato, tra 50 candidati, una terna di nomi e tra questi il Governo ha scelto Maiani.”

Science 11 January 2008: Vol. 319. no. 5860, p. 141

“Il Prof. Maiani ha giocato un ruolo chiave durante la nostra collaborazione che data decine di anni fa, e per la quale ha ricevuto i prestigiosi riconoscimenti internazionali della Dirac Medal e del Sakurai Prize. Le numerose pubblicazioni del Prof. Maiani sono state citate più di ottomila volte (non includendo le oltre 3600 del nostro lavoro congiunto… io e i miei colleghi da tutto il mondo abbiamo la più alta stima dei fisici teorici italiani tra i quali oltre a Maiani, Cabibbo, Petronzio e Parisi, che sono luminari di primo livello e che possono ben essere considerati gli eredi di Fermi…”

Lettera di Sheldon L. Glashow, Premio Nobel

Queste due citazioni sono la migliore presentazione del Prof. Luciano Maiani, con il quale abbiamo avuto l’onore di un’intervista in anteprima.

Professore, fin dall’inizio della sua carriera scientifica lei ha spaziato in orizzonti molto ampi. Ci può raccontare la sua esperienza di fisico a livello internazionale?

La mia vita nel mondo della scienza si divide a grandi linee in due fasi. La prima è quella di ricercatore, che comincia poco dopo la mia laurea, a Firenze, poi a Roma e con un periodo ad Harvard. Qui ho lavorato con Sheldon Lee Glashow e John Iliopoulos a un’idea originale sulla quale a quel tempo erano impegnati solo pochi gruppi in Unione Sovietica e negli Stati Uniti, tra cui quello di Glashow ad Harvard. In Europa, quest’idea impegnava Nicola Cabibbo e me a Roma, Raoul Gatto e i suoi collaboratori a Padova, il gruppo di Parigi con Iliopoulos.

Ad Harvard, Glashow, Iliopoulos ed io abbiamo ipotizzato l’esistenza di un quarto Quark, “battezzato” Charm (fascino), necessario per stabilire un effetto fisico che ha preso il nome dalle nostre iniziali: GIM.

Poi, dopo Harvard, sono stato a Parigi all’école Normale Supérieure. Un passaggio in qualche modo “scontato” visto che negli anni ’70 si diceva che i ricercatori italiani passassero su Ginevra in aereo per andare appunto a Parigi.

Negli anni ’80 invece è stato proprio a Ginevra, al CERN, che è avvenuto il passaggio alla seconda fase della mia attività internazionale e ho iniziato a lavorare non più solo come ricercatore, ma come organizzatore della ricerca. Al CERN ho partecipato a tutte le commissioni scientifiche, incluso lo Scientific Policy Committee che a quel tempo includeva anche Glashow e Abdus Salam e che indicò Carlo Rubbia come direttore.

Poi nel 1993 tornai a Roma a dirigere l’INFN, dove tra l’altro ho iniziato a interessarmi del collegamento tra gli esperimenti di fisica e la produzione industriale. Il primo passo di quest’apertura è stato la costruzione di un grande solenoide superconduttore costruito in Italia e poi trasportato negli USA con un aereo fornito dall’esercito statunitense, allo scopo di essere inserito nel rivelatore costruito allo SLAC (Stanford Linear Accelerator Center) per esperimenti di fisica delle particelle. è un ricordo importante, tanto che conservo ancora, appesa al muro della mia stanza, la foto di questo emozionante carico, con la grande bocca del Galaxy aperta e il nostro titanico solenoide che viene caricato dentro. Il nostro contributo in “natura” a questo grande progetto prendeva così il volo.

Assieme al solenoide, però, partirono anche tante borse di studio per giovani fisici che così poterono andare ad aprire gli occhi sul mondo.

L’INFN aveva sì sede a Roma, ma già allora si trovava al centro di una rete fittissima di collaborazioni internazionali tra Europa, Russia, Stati Uniti e Giappone. Era un ambiente impregnato di una cultura di scambio che spero davvero di poter far crescere anche al CNR.

Il primo gennaio del 1999 sono entrato in funzione come direttore del CERN. Una cosa che ricordo con soddisfazione di quel periodo è stato l’avvio di una fase di stretta cooperazione con la Commissione Europea, che fino a quel momento aveva un po’ visto il CERN come un corpo estraneo, finanziato da venti Stati ma senza relazioni né sostanziali né formali con i programmi di ricerca dell’Unione Europea.

Grazie all’apertura voluta dal Commissario alla Ricerca, il belga Philippe Busquin, e dello stesso Presidente della Commissione, Romano Prodi, il CERN è stato valorizzato come una sorgente di know-how e di tecnologie che hanno iniziato a produrre effetti sinergici molto interessanti con le altre istituzioni di ricerca e con l’industria europea.

I settori in cui ciò è stato possibile vanno dalla superconduttività al Data Grid, la rete dati messa a punto per LHC, l’acceleratore di particelle del CERN, con grandi impatti potenziali su tutto il mondo del computing. La necessità di gestire le enormi quantità di dati generati dai laboratori del CERN aveva già fatto nascere il concetto e le tecnologie del World Wide Web e degli ipertesti, con Tim Barnes Lee, all’inizio degli anni ’90. Tali concetti non furono compresi per tempo dall’Europa, che se li è fatti scivolare tra le dita. Oggi l’Europa è più attenta ed è arrivato il momento dello sfruttamento intensivo e razionale della banda larga che permette di far correre i dati a gigabytes e non solo a megabytes al secondo, mille volte più veloci, perché solo così è possibile lavorare sui numeri generati dai grandi acceleratori di particelle. Velocità che in futuro potranno essere sfruttate anche per la trasmissione di dati industriali, meteorologici, sanitari.

Di natura diversa ma non meno interessante, il progetto Outreach, condotto in diretta collaborazione con l’ESA (Agenzia Spaziale Europea), che promuoveva la scienza nelle scuole superiori, premiando le migliori dimostrazioni scientifiche.

Come si collegano queste esperienze scientifiche con le attività del Consiglio Nazionale delle Ricerche?

Dal punto vista della sostanza un punto di contatto importante è certamente quello del computing, dove il CNR ha una lunga tradizione di importanti lavori scientifici. Il CNR potrà puntare a un consolidamento di tale tradizione sviluppando linee di ricerca avanzate quali il Computing Grid (far lavorare verso lo stesso scopo calcolatori distribuiti in nodi diversi della rete) o il Data Mining (la capacità di recuperare e collegare tra loro quantità enormi di dati utili ad un certo obiettivo, ad esempio dati di tipo medicale), collegando gli sviluppi scientifici al mondo imprenditoriale e sociale.

Anche la superconduttività è un settore che il CNR può sviluppare nell’ambito della sua cooperazione con ENEA, per il cammino verso la fusione nucleare controllata, in particolare nel grande progetto mondiale di ITER.

Ma credo che l’esperienza più importante da riprendere sia la capacità di lavorare in rete, non solo tra centri logisticamente lontani tra loro che operano in settori contigui, ma anche tra centri che operano in settori diversi, sviluppando quanto più possibile le opportunità della multidisciplinarità. Del resto, proprio la trasversalità e l’ampiezza disciplinare sono le caratteristiche peculiari del maggiore Ente di ricerca italiano, che ci impongono la sfida difficile, ma affascinante, di lavorare nei territori di confine e oltre i confini tra le diverse aree tematiche.

Oggi il CNR vanta ricercatori di grande livello nella sua rete scientifica, ma è importante che tutti si impegnino sempre di più a fare rete, nel rispetto della propria autonomia ma, allo stesso tempo, mirando a raggiungere la massa critica necessaria per incidere davvero nella soluzione dei problemi sempre più complessi che la contemporaneità ci pone davanti.

Al centro di quest’idea di lavoro in rete sta la definizione di grandi progetti coinvolgenti, importanti, capaci di catalizzare l’attenzione e interessi nuovi, non solo all’interno del CNR. Progetti che diano la possibilità, a chi lo vuole, di concentrarsi sui temi alla frontiera della conoscenza.

I primi a beneficiare di questo sforzo di coordinamento tra il lavoro di tanti soggetti devono essere i giovani, che potranno trovare in questi progetti dei punti di riferimento per la loro creatività e opportunità per la loro carriera.

Qui ovviamente, si pone un serio problema di reperire maggiori risorse rispetto a quelle oggi disponibili, molto scarse, per rendere possibili sia l’ingresso di forze nuove, sia la mobilità e l’interscambio tra quelle esistenti.

Tra i grandi temi sui quali il CNR dovrà indirizzare la sua organizzazione e concentrare gli sforzi ne voglio evidenziare soprattutto tre:

– le scienze della vita, considerate in tutta la loro complessità e delicatezza, dalle neuroscienze alle biotecnologie;

– le tecnologie dell’informazione e della comunicazione;

– la produzione di energia da fonti rispettose dell’ambiente.

Ma si dovranno valorizzare anche le scienze umane nel loro complesso, importantissime per il nostro fondamentale patrimonio culturale, artistico e paesaggistico.

Trasversale a tutti i temi, è l’impegno per la promozione e la divulgazione della conoscenza scientifica. dalle reti dei musei, alle manifestazioni dedicate alla scienza e alla tecnologia. Un mosaico di interventi che soddisfino la curiosità di conoscenza ben presente nella nostra gente.

Un progetto complesso, quali problemi si aspetta?

Mi aspetto un grande lavoro di coordinamento, miglioramento, ampliamento delle relazioni interne, di raccolta di nuove risorse e di apertura sempre maggiore a soggetti esterni pubblici e privati: le Università, le istituzioni europee, il mondo delle imprese.

Riguardo al primo punto, va considerato che il CNR, considerata anche la sua estensione e la sua dimensione, a livello umano e territoriale oltre che scientifico, è connotato da complessi coinvolgimenti di natura politica, accademica e sindacale. Il confronto tra le diverse posizioni è sempre una linfa vitale per il progresso culturale, oltre che per la crescita democratica, ma è anche necessario che esso avvenga in un’ottica di trasparenza e rispetto reciproco, nello sforzo comune di far nascere una grande struttura di ricerca moderna, agile, aperta e trasparente, capace di attirare risorse umane di valore, offrendo loro concrete opportunità di crescita.

Ricordo spesso, come esempio, che il 60 per cento dei giovani che hanno ottenuto un PhD al CERN, dopo l’esperienza di ricerca, approdano nel mondo dell’industria, dove non viene richiesto tanto un know how specifico, quanto capacità logica, sensibilità, creatività, capacità di risolvere problemi nuovi. L’industria che saprà avvalersi di risorse umane di questo tipo sarà una industria migliore.

Un fronte problematico sarà quello, cui prima accennavo, delle risorse. Qui, il problema è molto chiaro: serve uno sforzo nuovo dello Stato per il finanziamento pubblico della ricerca e serve uno sforzo maggiore del CNR per attirare sempre più fondi esterni.

Già oggi quasi un terzo dei costi sono coperti da contributi e contratti con partner pubblici e privati, dai progetti europei ai contratti industriali (i quali, però, al momento contano solo per il 10 per cento delle risorse da terzi). Si deve fare di più e la focalizzazione degli sforzi verso grandi progetti sarà certo di aiuto in questa direzione.

Il rapporto sempre più profondo con le altre realtà della ricerca e della produzione è un’altra delle sfide più delicate. Nel triangolo CNR – Università – Imprese possono nascere grandi opportunità, sia di creazione di nuova conoscenza, sia di sviluppo.

Quello del trasferimento tecnologico non è solo un problema di creazione di centri ad hoc come i TTO (Technology Tranfer Office) delle grandi istituzioni di ricerca internazionali, dal CERN alle università. è soprattutto un problema culturale, di trasparenza e comunicazione tra chi sviluppa conoscenza e chi fa impresa.

In questo senso voglio ribadire la mia convinzione che, permettendo ai giovani di viaggiare possa aumentare la circolazione delle idee, oltre che delle opportunità.

Ci aspetta un grande lavoro, come comunità scientifica e come società, nel quale il CNR potrà assumere un ruolo importante: il nostro impegno sarà quello di valorizzarlo al meglio.

In bocca al lupo Presidente!

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