La donna più temuta da Silicon Valley

Da quando Jane Manchun Wong ha cominciato ad analizzare i codici delle applicazioni e a svelare sui social i segreti delle Big Tech, le aziende monitorano attentamente i suoi tweet e hanno cambiato il modo di lavorare per migliorare i livelli di sicurezza

Tanya Basu

Poco dopo la mezzanotte del 4 maggio 2018, Jane Manchun Wong ha twittato la sua prima “scoperta” in assoluto: “Twitter sta lavorando su un sistema segreto di messaggi diretti crittografato end-to-end!”. Questa giovane donna, allora appena 23enne, che ha esposto i piani di un’azienda Big Tech senza alcuno strumento a parte la sua capacità di decodificare il codice era (ed è) piuttosto radicale, e ha cambiato il modo in cui lavorano le aziende tecnologiche.

Il tweet è stato il primo di molti che Wong avrebbe inviato. Entrando nel codice sorgente pubblico di aziende come Twitter, Facebook e altre, è stata in grado di scoprire su quali funzionalità e progetti le aziende stanno segretamente lavorando prima dche lo annunciassero. Prende le informazioni che trova e le twitta con uno screenshot della funzione simulata.

Wong ha una capacità quasi soprannaturale di decifrare codici difficili, insieme a un considerevole seguito su Twitter che include alcuni dei più grandi nomi della tecnologia e del giornalismo. “Di fatto, non esiste più una versione beta segreta per le app più grandi del mondo”, afferma Casey Newton, il fondatore della popolare pubblicazione tecnologica “Substack Platformer”. «Se è nel codice, Jane potrebbe trovarlo. Penso che ciò influisca sul modo in cui le aziende pensano di testare nuove funzionalità e di comunicarle”. 

Non è una hacker, in quanto tutti i dati da cui lei ricava le sue informazioni sono pubblici. In effetti, Wong descrive il codice di reverse engineering come il suo hobby. “Mi piace solo vedere come sono strutturate le app; una specie di versione informatica della serie Gossip Girl,”, dice dalla sua casa di Hong Kong, dove vive con la sua famiglia.

Il feed Twitter di Wong è una fabbrica di scoop quasi quotidiana, anche se lei insiste sul fatto che nulla di ciò che pubblica è una fuga di notizie. “Non mi baso su informazioni dei dipendenti”, spiega, “ma mi limito a utilizzare dati e codice pubblicamente disponibili”. Wong si è costruita la reputazione di avere sempre ragione. I giornalisti citano il suo lavoro in articoli, accreditando i suoi scoop. 

Le aziende hanno rinunciato a cercare di nascondere il loro codice e alcuni sviluppatori hanno inserito un messaggio del tipo: “Ciao Jane, ben arrivata”. Il lavoro di Wong attira l’attenzione sulle parti di ricerca e sviluppo spesso ignorate delle aziende. I programmatori di Meta la amano così tanto che hanno creato un fan club interno di Jane Manchun Wong, che annovera tra i suoi membri Andrew Bosworth, il CTO dell’azienda. “Apprezziamo i suoi contributi e i feedback che aiutano a migliorare i nostri prodotti”, afferma un portavoce di Meta.

Ma ciò non significa che sia benvoluta a tutti. Spettacolo e sorpresa sono elementi chiave per mantenere l’aura che circonda un lancio tecnologico o una rivelazione di funzionalità, e Wong con un semplice tweet ha fatto saltare i calcoli delle aziende tecnologiche. Per lei, la segretezza è un concetto negativo. A suo parere, le app sono utilizzate dagli utenti che hanno diritto di sapere su quali aggiornamenti e prodotti si sta lavorando dietro le quinte.
 
Le aziende ovviamente non amano che sui social media appaiono i propri segreti. Non a caso, Wong è un obiettivo primario di molestie e trolling che possono spezzare anche il più forte degli umani. “Vorrei essere trattata come una persona”, dice. Diverse volte nel corso degli anni ha twittato di combattere da lungo tempo contro la depressione e di sentire che la gente la odia. 

Anche se Wong descrive ciò che fa come un hobby, a volte sembra vittima di un’ossessione: passa quasi 18 ore al giorno a setacciare i codici. Ha sacrificato il suo sonno e la sua salute. Alcune volte, è arrivata al punto di minacciare il suicidio dopo essere stata derisa online. Ha lasciato l’Università del Massachusetts, a Dartmouth, a pochi mesi dalla laurea a causa di problemi medici, cosa di cui si rammarica.

Ne vale la pena? Wong crede di sì, dicendo di aver notato che le aziende sono più trasparenti su ciò su cui stanno lavorando in questi giorni. Nel corso della pandemia, Wong ha adattato e rivalutato il suo programma. È ancora una nottambula, ma sta iniziando a trovare un equilibrio. La quarantena le ha anche fatto capire che non vuole fare questo lavoro a tempo pieno. 

“Volevo diventare un ingegnere del software da quando avevo sei anni”, dice. “Voglio creare cose”. Ma non è pronta per trovare un lavoro in ambito tecnologico, anche se ha ricevuto numerose offerte. “Sento di dover andare avanti in quello che sto facendo finché non avrò raggiunto i miei obiettivi”, conclude.

(rp)

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