Marsiglia resiste alle telecamere di sorveglianza

La città portuale si oppone ai sistemi di controllo video, che non sembrano sufficienti, né utili, a contrastare la criminalità

Fleur Macdonald

Dirigendosi verso la stazione ferroviaria centrale di Marsiglia, Eda Nano indica quello che sembra un lampione in Rue des Abeilles. Il suo lungo supporto si curva verso l’alto fino a una cupola bianca alla cui ombra si scorge una specie di lampadina scura. Ma questo elegante pezzo di arredo urbano è una videocamera, con una visuale a 360 gradi della stradina. 

Nano, una programmatrice di 39 anni, vuole che i residenti di Marsiglia si rendano conto di essere osservati. Partecipa a un progetto chiamato Technopolice che vuole mappare e contrastare l’ascesa della videosorveglianza. Con circa 1.600 telecamere in città, il materiale non manca. Mischiate tra loro, dice Nano, ci sono 50 fotocamere intelligenti progettate per rilevare e segnalare comportamenti sospetti, anche se non è sicura di dove si trovino o come vengano utilizzate.

In tutto il mondo, le videocamere fanno parte del panorama della vita urbana. Molte città in Cina ora ne hanno fitte reti e Londra e Nuova Delhi non sono da meno. Ora la Francia sta recuperando terreno. Dal 2015, anno degli attentati terroristici del Bataclan, il numero delle telecamere a Parigi è quadruplicatoLa polizia le ha utilizzate per far rispettare il lockdown per la pandemia e monitorare proteste come quelle dei gilet gialli. Inoltre, la nuova legge sulla sicurezza nazionale, adottata lo scorso anno, consente la videosorveglianza da parte dei droni della polizia durante eventi come proteste e marce.

Per Nano, il tema della sorveglianza ha una decisa risonanza personale. È cresciuta in Albania, dove negli anni 1990 è passata attraverso diversi regimi politici. Suo padre, un politico, si oppose al partito che era al potere. “È stato un periodo molto difficile per noi, perché eravamo tutti osservati”, dice. La sua famiglia sospettava che le autorità avessero installato cimici nei muri della loro casa. Ma anche in Francia le libertà sono fragili. “Negli ultimi cinque anni questo paese ha vissuto per la maggior parte del tempo in uno stato di emergenza”, afferma. “Ho visto imporre sempre più limiti alla libertà”.

Preoccupazioni sono state sollevate in tutto il paese. Ma la diffusione dei sistemi di sorveglianza ha incontrato una resistenza speciale a Marsiglia, la seconda città più grande della Francia. La turbolenta e ribelle cittadina mediterranea è conosciuta per i bar alla moda, gli studi di artisti e gli hub tecnologici, ma anche per la droga, la povertà e le attività criminali. Ha una delle popolazioni etnicamente più variegata d’Europa, anche se politicamente rientra nella sfera d’influenza dell’estrema destra. Il suo modo d’essere è testimoniato dai graffiti  si possono incrociare sull’autostrada A7: “La vie est (re)belle”.

Tutto ciò rende Marsiglia un curioso banco di prova per la tecnologia di sorveglianza. Quando il presidente Emmanuel Macron ha visitato la città nel settembre del 2021, ha dichiarato che altre 500 telecamere di sicurezza sarebbero state fornite al consiglio comunale perché “se non vinciamo la battaglia a Marsiglia, non potremo mai avere successo fuori dalla Francia”. La loro collocazione è prevista in una zona della città che ospita un gran numero di immigrati ed è diventata sinonimo di violenza e attività delle bande.

Gli attivisti stanno reagendo, mettendo in evidenza le prestazioni insufficienti del sistema di sorveglianza esistente. Il loro messaggio sembra trovare consenso. Nel 2020 la città ha eletto una nuova amministrazione, la stessa che aveva promesso una moratoria sui dispositivi di videosorveglianza. Ma la situazione è veramente cambiata?

Le iniziative di contrasto

Technopolice, una campagna e una rete di attivisti lanciata dal gruppo di difesa dei diritti digitali La Quadrature du Net in collaborazione con altri gruppi, è stata promossa nel 2019. Félix Tréguer, ricercatore del CNRS Center for Internet and Society, è stato uno di quelli che ha ispirato  la campagna. Aveva visto un numero crescente di articoli nei media francesi su nuovi progetti di sorveglianza ed era scioccato da quanto fossero acritici. 

Ciò che lo ha spinto ad agire è stato un articolo di “Le Monde” del 2017 che annunciava il progetto Big Data of Public Tranquility, finanziato da un investimento di 1,5 milioni di euro dall’Unione Europea, dalla città di Marsiglia e dalla regione delle Bouches-du-Rhône. Lo scopo era quello di raccogliere i dati della polizia locale, dei vigili del fuoco, degli ospedali e delle videocamere, utilizzando l’intelligenza artificiale nel tentativo di comprendere e prevedere meglio i rischi per la sicurezza. 

C’era poca attenzione nell’articolo di “Le Monde” sulla protezione della privacy, la possibilità di violazioni dei dati o il rischio di pregiudizi, una preoccupazione motivata data la considerevole quota di popolazione nordafricana di Marsiglia. Tréguer ha scritto al giornale e l’articolo è stato successivamente modificato. Ma l’episodio lo convinse che quanto stava accadendo a Marsiglia era sintomatico di un fenomeno più ampio. “Molti di questi progetti stavano iniziando a essere implementati a livello locale“, afferma. “Nessuno nella società civile se ne è davvero reso conto, anche quelli che appartengono a circoli di attivisti e quelli che hanno difeso il diritto alla privacy”.

Nel febbraio 2019, La Quadrature du Net e la League of Human Rights hanno combattuto con successo un piano per implementare il riconoscimento facciale per monitorare gli ingressi e le uscite in due scuole superiori, una a Marsiglia e l’altra a Nizza. Technopolice ha lanciato lo stesso anno, con l’obiettivo di documentare e resistere alla diffusione in Francia di progetti di “città sicura”, una sigla (spesso aziendale) utilizzata per descrivere le iniziative per utilizzare dati, intelligenza artificiale e sorveglianza per ridurre la criminalità.

A Marsiglia, Technopolice ha costruito una mappa in tempo reale su cui i volontari possono segnalare le posizioni delle telecamere. Il gruppo ha anche iniziato a monitorare i progetti di sorveglianza in varie città che utilizzano l’intelligenza artificiale. Ora c’è un gruppo Technopolice a Montpellier e uno in Belgio, e presto ce ne sarà uno a Parigi. I volontari trovano ed esaminano i registri delle iniziative di sorveglianza nei comunicati stampa, nei rapporti sui giornali e nelle pubblicazioni commerciali. L’obiettivo è quello di formare “un registro di questi progetti, che sono molto opachi”, afferma Tréguer. “C’è  un vero problema di trasparenza democratica”.

Il gruppo ritiene che il suo attivismo abbia contribuito ad aumentare la consapevolezza del problema. Nel 2019 ha pubblicizzato e condotto una campagna con un gruppo locale contro i piani a Sainte Etienne, una città vicino a Lione, per installare microfoni assistiti dall’intelligenza artificiale in grado di rilevare i suoni sospetti nel centro della città. Questi piani alla fine sono stati abbandonati. 

I candidati che hanno vinto le elezioni locali del 2020 a Marsiglia hanno aderito a una piattaforma che includeva l’introduzione di una moratoria sulla videosorveglianza e l’istituzione di “consigli cittadini” per valutare i comportamenti della polizia. Ma il team ha avuto risultati deludenti nel contrastare progetto Big Data of Public Tranquility nonostante le numerose richieste di libertà di informazione. Il sito web del consiglio parla del progetto al futuro, come se dovesse ancora essere scritto. 

Nel frattempo, il numero di telecamere di sorveglianza in città è arrivato a oltre 1.600 da poco meno di 900 nel 2016. Per quanto riguarda le telecamere intelligenti, sono ancora sparse per Marsiglia anche se, secondo il consigliere locale Christophe Hugon, sono state utilizzate solo nei test e ora sono stati disattivate. 

Il nuovo modello di sorveglianza

Piazza Jean-Jaurès, a Marsiglia,  è stata riaperta l’anno scorso dopo oltre due anni di lavori di riqualificazione. Ora ha aree salotto e un parco giochi. Tra gli alberi disposti geometricamente, si intravvedono più di 20 telecamere. Per quanto discrete, alcuni residenti le paragonano alle torri di guardia intorno a una prigione. Ma i detenuti di questo panopticon non stanno necessariamente al gioco. Quando scende la notte, la zona può diventare così “vivace” che alcuni bar chiudono i loro spazi all’aperto. 

Graffiti caratterizzati politicamente in senso femminista o antirazzista o semplicemente divertenti costeggiano i muri e sono disegnati a terra. Quest’anno nel quartiere popolare di La Plaine, si è tenuto illegalmente il tradizionale Festival nonostante le restrizioni per il covid e le fotocamere sono state oscurate con bombolette spray dai partecipanti. 

Nessuna statistica ufficiale è stata resa pubblica sull’impatto che le telecamere di Marsiglia hanno avuto sulla criminalità, ma c’è motivo di sospettare che il risultato non sia esaltante. Il sociologo Laurent Mucchielli ha esaminato l’effetto della videosorveglianza su una città portuale anonima che presenta somiglianze sorprendenti con Marsiglia, e ha scoperto che nel 2015 le telecamere sono state utili nelle indagini nel 2,2 per cento dei reati per i quali sono state richieste le immagini. Altri studi confermano queste cifre: nel 2020, per esempio, uno studio dell’ENSP, un ente di ricerca collegato alla polizia francese, ha stimato che solo l’1 per cento dei reati è stato risolto con l’ausilio di immagini video

Si sostiene spesso che queste telecamere scoraggiano il crimine, ma gli studi non confermano questa affermazione. In realtà, sembra esserci un effetto sugli spazi pubblici chiusi come parcheggi e metropolitane, ma in alcuni casi la criminalità si è semplicemente spostata nelle aree con meno telecamere. In generale, dice Picaud, il sistema di sorveglianza cittadino mette al centro della propria azione un certo tipo di criminali, vale a dire quelli che commettono crimini in pubblico, anche se le loro infrazioni sono spesso minori. 

Non molto tempo dopo le elezioni del 2020, il nuovo sindaco di Marsiglia ha commissionato un rapporto sulla videosorveglianza in città. I risultati preliminari sono stati pubblicati sul quotidiano locale “The Provence”. Il sistema è affidato a 42 agenti, ma solo cinque sono in servizio contemporaneamente e ciascuno è responsabile di 35 schermi. I costi di installazione di ciascuna telecamera (oltre 20.000 euro per dispositivo), il noleggio della fibra ottica (6,5 milioni di euro all’anno) e la manutenzione delle telecamere, compresa la pulizia e la sostituzione delle lampadine (2,8 milioni di euro all’anno) sono sostenuti. Molte delle immagini non sono di qualità sufficientemente buona per essere utilizzate. Inoltre, 272 telecamere, oltre il 15 per cento del totale, sono di fatto inattive.

La parola giusta è tecno-soluzionismo. C’è un problema politico e promettono di trovare una tecnologia, un’app, per tenerlo sotto controllo“, afferma Tréguer. “È molto costoso e utilizza una parte del denaro dei contribuenti per implementare soluzioni pericolose per le libertà, aumentando il controllo sulla popolazione in modo inefficace”. La situazione di Marsiglia non sembra essere insolita. A febbraio, per esempio, la Cour de Comptes, organo amministrativo che controlla le finanze pubbliche, ha evidenziato problemi simili, in un rapporto sulla rete di videosorveglianza a  Parigi. I revisori dei conti hanno definito il suo finanziamento “inopportuno e costoso” e hanno contestato il tipo di valutazione dell’impatto delle telecamere sulla criminalità.

La situazione sta cambiando

Il governo di Marsiglia sembra essersi raffreddato sull’idea della videosorveglianza. Il progetto Big Data of Public Tranquility, portato avanti nel periodo dal 2018 al 2020, era stato lo schema preferito del precedente sindaco di destra. La coalizione di socialisti, ecologisti e attivisti che è salita al potere nelle elezioni cittadine del 2020 ha promesso di cambiare pagina, ma non è stato semplice, dice Hugon, a causa della difficoltà di rescindere i contratti in anticipo. 

Allo stesso tempo, le autorità cittadine hanno espresso un certo interesse a rendere il sistema più efficiente. L’intelligenza artificiale è forse l’unico modo per farlo su larga scala senza aggiungere altro personale. Tréguer è preoccupato: “Stiamo ricreando”, afferma, “uno stato di polizia tentacolare e burocratico senza un apparato a disposizione”.

La tecnologia disponibile sta avanzando rapidamente. La startup francese Two-i, per esempio, offre un sistema che consente a una squadra di sorveglianza di utilizzare l’AI per cercare immagini per oggetti specifici, come un uomo che indossa uno zaino o anche scarpe sportive. Secondo la stampa, l’azienda ha implementato il riconoscimento facciale nella città di Metz e lo sta utilizzando sui tram di Nizza. Il cofondatore di Two-i Guillaume Cazenave contesta la veridicità di queste affermazioni che a suo parere servono solo a spaventare la gente. 

Ma ci sono segnali che i legislatori e gli enti pubblici in Francia stanno cercando modi per facilitare l’uso dell’intelligenza artificiale nella sorveglianza degli spazi pubblici. In un documento parlamentare del 2019 si ipotizza la legalizzazione del riconoscimento facciale, che attualmente è vietato. Nel sistema della metropolitana di Parigi nel 2020, le telecamere di sicurezza monitoravano se i passeggeri indossavano mascherine per il viso (la tecnologia non aveva lo scopo di identificare coloro che non indossano maschere, ma semplicemente di fornire statistiche anonime).

L’Unione Europea sta lavorando a una serie di leggi chiamate AI Act che potrebbero limitare l’applicazione della tecnologia di sorveglianza. Ma, secondo Technopolice, l’unica soluzione è vietare completamente l’uso del riconoscimento facciale per evitare che venga reintrodotto in modo subdolo. È la CNIL, l’agenzia francese per la protezione dei dati, che ha il compito di garantire che la tecnologia di sorveglianza sia conforme al regolamento generale sulla protezione dei dati dell’UE, o GDPR. 

Nel 2017, per esempio, la città di Valenciennes ha accettato 240 fotocamere dotate di tecnologia di riconoscimento facciale dell’azienda cinese Huawei. La città ha insistito sul fatto che la tecnologia non sarebbe stata utilizzata nell’immediato. Tuttavia, la CNIL ha lanciato un avviso alle autorità locali nel 2021 e il progetto è stato abbandonato silenziosamente. Ma all’inizio di quest’anno la CNIL ha lanciato una consultazione aperta a tutti sull’uso delle telecamere intelligenti nei luoghi pubblici al fine di chiarire il quadro giuridico per il loro utilizzo.

In estate, Technopolice ha in programma di organizzare una serie di incontri nelle città di Calais, che sta valutando di destinare mezzo milione di euro in più alla videosorveglianza, e Roubiax. La Quadrature du Net sta lavorando a una class action contro il governo per l’uso di telecamere intelligenti in violazione del diritto europeo. A Marsiglia, il gruppo continua a lavorare per raccogliere consensi e quest’estate ci sarà una conferenza e proiezioni di documentari. Nel frattempo le telecamere sono accese.

Fleur Macdonald è una giornalista freelance.

Immagini: Gabrielle Voinot

(rp)

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