Così la seta rimpiazza la microplastica

I ricercatori hanno sviluppato un sistema compatibile con l’ambiente per sostituire le sostanze non biodegradabili che vengono aggiunte a prodotti agricoli, vernici e cosmetici

MIT Technology Review Italia

Le microplastiche, diffuse nell’aria, nell’acqua e nel suolo, sono sempre più riconosciute come una grave minaccia di inquinamento e sono state trovate nel flusso sanguigno di animali e persone in tutto il mondo. Secondo l’Agenzia europea per le sostanze chimiche, questi inquinanti vengono aggiunti intenzionalmente a una varietà di prodotti chimici per usi agricoli, cosmetici e detergenti, per un importo stimato di 50.000 tonnellate all’anno nella sola Europa. L’UE ha già dichiarato che queste microplastiche aggiunte e non biodegradabili devono essere eliminate entro il 2025, quindi è aperta la ricerca di sostituti adeguati, che al momento non esistono.

Ora, su “Small”, un team di scienziati del MIT e dell’azienda chimica BASF, ha descritto un sistema basato sulla seta che potrebbe fornire un surrogato economico e di facile fabbricazione. A oggi, le microplastiche sono ampiamente utilizzate nei prodotti industriali per proteggere per un determinato periodo uno o più ingredienti attivi dalla degradazione legata all’esposizione all’aria o all’umidità, con un sistema a lento rilascio per ridurre al minimo gli effetti negativi sull’ambiente circostante.  Ma i materiali utilizzati per questo microincapsulamento sono plastiche che persistono nell’ambiente per lungo tempo

Gran parte del problema del carico delle microplastiche ambientali deriva indubbiamente da altre fonti, come il degrado nel tempo di oggetti di plastica più grandi come bottiglie e imballaggi e dall’usura degli pneumatici delle auto, ma è comunque vero, sempre secondo l’Agenzia europea che le microplastiche aggiunte intenzionalmente rappresentano circa il 10-15% della quantità totale nell’ambiente. D’altronde è impensabile risolvere il nodo del cambiamento climatico con un’unica soluzione e già eliminare questo 10-15% delle fonti inquinanti appare un notevole passo in avanti.

La proteina della seta necessaria per la produzione del nuovo materiale alternativo è ampiamente disponibile a basso prezzo e può essere disciolta utilizzando un processo scalabile a base d’acqua. Il meccanismo è semplice e può funzionare su apparecchiature di produzione esistenti, fornendo potenzialmente una semplice soluzione “drop in”. Nei test di laboratorio e sui raccolti di mais, i ricercatori hanno dimostrato che il materiale di rivestimento a base di seta, un tessuto non tossico e che degrada naturalmente, potrebbe essere microincapsulato nei diserbanti con effetti non inquinanti.

Il segreto per rendere il materiale compatibile con le apparecchiature esistenti, spiega Muchun Liu del MIT, sta nella sintonizzabilità del materiale in seta. Regolando con precisione la disposizione delle catene polimeriche dei materiali in seta e aggiungendo un tensioattivo, è possibile mettere a punto le proprietà dei rivestimenti risultanti una volta che si asciugano e si induriscono. Il materiale può essere idrofobo (idrorepellente) anche se è realizzato e lavorato in una soluzione acquosa, oppure può essere idrofilo (attrarre l’acqua), adattandosi alle caratteristiche del materiale che deve sostituire.

“Per incapsulare materiali diversi, si studiano le interazioni delle catene polimeriche e la loro compatibilità con diversi materiali attivi in sospensione”, continua Liu. Il materiale di carico utile e il materiale di rivestimento vengono miscelati insieme in una soluzione e quindi spruzzati. Quando si formano le goccioline, il carico utile tende a essere incorporato in un guscio del materiale di rivestimento, che si tratti della plastica sintetica originale o del nuovo materiale di seta.

Il nuovo metodo può fare uso di tessuto di seta usato e scartato, evitando che questo materiale venga smaltito nelle discariche. Attualmente, la Cina produce il 90 per cento della seta di qualità, ma il materiale di scarto potrebbe facilmente essere prodotto in altre parti del mondo. Questo processo “rappresenta un progresso potenzialmente molto significativo nella fornitura di ingredienti attivi per una vasta gamma di settori, in particolare l’agricoltura”, afferma Jason White, direttore della Connecticut Agricultural Experiment Station. “Date le sfide attuali e future legate all’insicurezza alimentare, alla produzione agricola e al cambiamento climatico”, conclude, “è assolutamente necessario proseguire sulla strada indicata da questo studio”.

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(rp)

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