Perché la telemedicina funziona ed è più inclusiva per i pazienti

La telemedicina non è una novità, ma deve il suo recente successo alla pandemia. Due studi sfatano i dubbi e promuovono i benefici del suo utilizzo

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Rochester ha dimostrato la straordinaria efficacia della telemedicina con due studi pubblicati su NEJM Catalyst.

“Il messaggio chiaro per i pazienti è rassicurante: la telemedicina è uno strumento efficace ed efficiente nel dispensare servizi di assistenza sanitaria”, ha affermato Kathleen Fear, autrice principale del primo studio. “Soprattutto per coloro che hanno problemi di trasporto, è un servizio che colma una vera e propria lacuna e, soprattutto, non compromette la qualità delle cure che i pazienti ricevono”.

Nel primo studio, Fear e i suoi coautori hanno utilizzato in parte i dati generati dalla pandemia di Covid-19, quando operatori sanitari di ogni paese hanno rapidamente sviluppato servizi di telemedicina. Oggetto principale della ricerca sono state tre precisi dubbi del pubblico sulla telemedicina:

  • Che ridurrà l’accesso alle cure per i pazienti più vulnerabili possibilmente incapaci di accedere ai servizi digitali
  • Che il rimborso dei fornitori per i servizi di telemedicina alla stessa velocità dei servizi tradizionali incoraggerà l’uso eccessivo della telemedicina
  • Che la telemedicina non è un modo efficace per fornire assistenza

“Abbiamo davvero scavato a fondo tra i dati e smentito tutti i dubbi presi in considerazione, un fatto molto incoraggiante”, ha spiegato Fear. “I nostri pazienti più vulnerabili, ad esempio, non solo non sono rimasti penalizzati, ma sono stati tra i più coinvolti e più di altri hanno tratto beneficio dai servizi di telemedicina. Non abbiamo riscontrato esiti peggiori o aumento dei costi, né pazienti che necessitavano di essere più seguiti del solito. Nemmeno abbiamo riscontrato prove di un utilizzo prove di un uso esagerato dei servizi. Si tratta di un buono strumento che offre un’assistenza equa anche alle persone più vulnerabili.”

Secondo Michael Hasselberg, Chief Digital Health Officer del URMC e autore senior dello studio, lo studio è il primo nel suo genere a pubblicare una raccolta completa di dati che confuta tutti e tre i miti, la cui persistenza ha rallentato l’adozione della telemedicina a largo raggio.

I ricercatori hanno confrontato dati raccolti a partire da luglio a dicembre 2020, un periodo di relativa calma dopo la prima esplosione della pandemia, con i dati pre-pandemia raccolti tra luglio e dicembre 2019, per poi utilizzare dati risalenti al periodo tra gennaio e giugno 2021 per un confronto. La loro analisi ha coperto anche una revisione dei dati demografici dei pazienti, dei risultati ottenuti, dell’utilizzo da parte del fornitore, delle visite completate e altro ancora.

“Per i nostri fornitori, una delle principali preoccupazioni sulla telemedicina è sempre stata: ‘Cosa va perduto se non sono presente nella stessa stanza con il paziente?'”, spiega Fear. “Eppure non abbiamo riscontrato alcun aumento nel numero di esiti negativi. Ciò non significa che la telemedicina sostituirà l’assistenza in persona, ma è chiaro che può aiutare le persone ad accedere alle cure in modo più coerente e confortevole e che fornisce un complemento altamente efficace alle cure tradizionali”.

Il secondo studio pubblicato su NEJM Catalyst ha esaminato un programma sviluppato dai medici dell’URMC per portare risorse psichiatriche e psicoterapeutiche ai pazienti delle case di cura attraverso una combinazione di telemedicina, visite in loco e formazione del personale.

I ricercatori hanno concluso che il programma ha migliorato l’accesso alle cure e ridotto il numero di residenti che necessitano di farmaci antipsicotici.

“Con un piccolo team riunito qui all’URMC, siamo stati in grado di offrire assistenza su vasta scala, estendendo l’assistenza a pazienti in luoghi dove simili servizi sono scarsi”, spiega Adam Simning, assistente professore di Psichiatria e autore principale dello studio. “In un momento in cui le case di cura si trovano sempre più a corto di personale e la necessità di servizi per il sostegno della salute mentale è in aumento, abbiamo riprogettato in modo efficiente la loro fornitura alle oltre 50 case di cura con cui collaboriamo”.

Hasselberg, autore senior anche di questo secondo studio, ritiene che i risultati di entrambi incoraggeranno sia la comunità medica, che il pubblico e i responsabili politici a continuare ed espandere le politiche nate durante la pandemia a favore dei servizi di telemedicina.

Related Posts
Total
0
Share