Quanto pagheresti per vedere un mammut lanoso?

Abbiamo parlato con Sara Ord, direttrice del reparto di ripristino delle specie presso Colossal, la prima azienda al mondo dedicata alla “de-estinzione”

Sara Ord ha passato una settimana a parlare delle cellule epiteliali di un marsupiale delle dimensioni di un topo chiamato dunnart. Le cellule sono state inviate da collaboratori australiani alla società di “de-estinzione” dove Ord lavora, la Colossal Biosciences.

Il compito di Ord è guidare una squadra di ricerca che sta cercando di capire come si possa utilizzare l’editing genetico per cambiare gradualmente il DNA di quelle cellule in modo che inizi ad assomigliare a quello di un animale lontanamente imparentato, il tilacino, un predatore marsupiale striato noto anche come la tigre della Tasmania, estinta nel 1936.

Se riescono a creare una cellula dunnart con abbastanza DNA di tilacino, il passo successivo sarà usare la clonazione per cercare di creare un embrione e, alla fine, un animale.

Un altro progetto prevede il tentativo di trasformare gli elefanti asiatici in qualcosa che assomigli a un mammut lanoso, aggiungendo geni per la resistenza al freddo e folti capelli rossi.

Nessuna specie è ancora stata riportata in vita dall’estinzione, ovviamente. Il titolo di lavoro di Ord è “direttrice del ripristino della specie,” ma riguarda davvero un futuro immaginario, in cui una combinazione high-tech di tecnologia del DNA, ricerca sulle cellule staminali, editing genetico e uteri artificiali potrebbe portare non solo alla resurrezione di specie perdute, ma anche alla conservazione di quelle che stanno per scomparire.

Ord si è interessata a questo genere di lavoro dopo essersi cimentata nella ricerca di laboratorio, aver lavorato in un ospedale e per una società di software. Secondo lei si sarebbe trattato di una scelta naturale. È cresciuta con molti animali domestici e ha guardato molti programmi di Discovery Channel e National Geographic. “Ho sempre amato gli animali“, dice.

Senza dubbio, la Colossal è un misto tra produzione hollywoodiana e scienza pura. I suoi finanziatori includono il magnate degli investitori e dell’intrattenimento Thomas Tull e Tony Robbins, l’oratore motivazionale, e le sue idee hanno origine nel laboratorio del noto scienziato genetico George Church, che promuove la resurrezione dei mammut nei media dal 2013, anche se con scarsi risultati.

Il lavoro di Ord si compone di ingredienti simili: in parte comunicazione, in parte scienza e in parte futurismo. E se l’azienda riuscisse a ricreare il tilacino o qualcosa di simile? Ord dice che Colossal potrebbe trarne profitto vendendo i biglietti per andare a vederlo.

In un’intervista con il MIT Technology Review, Ord dichiara che l’azienda conta di produrre un tilacino in soli due anni, entro il 2025, e un mammut entro il 2027.

Hai uno dei titoli di lavoro più futuristici che abbia mai visto.

Sono stata tra i primi dipendenti della Colossal. Ero con il CEO, Ben [Lamm], e abbiamo dovuto ragionare a lungo su quale dovesse essere il mio titolo. Abbiamo inventato il titolo di “direttrice del ripristino delle specie”. Nel momento in cui l’ho sentito, ho pensato, sì, è quello.

Avrei pensato più a qualcosa tipo: “direttrice della tecnologia di resurrezione”.

Messo così, però, il concetto può far paura, no? Si cerca di prendere quello che stiamo facendo e renderlo accessibile a tutti.

Quanta parte del tuo lavoro è una questione di comunicazione?

Direi che prende probabilmente un terzo del mio lavoro. La cosa più divertente da spiegare è il progetto tilacino, che guido io. Perchè riportare in vita il tilacino? Il tilacino era un predatore in cima alla catena alimentare nell’ecosistema della Tasmania. E quando rimuovi un predatore apicale, gli effetti negativi si moltiplicano. Ti ritrovi un ambiente pieno di di prede che provocano il caos in assenza di un fattore di controllo della popolazione. Riportare il tilacino nell’ecosistema della Tasmania avrebbe un enorme valore.

Il tilacino è un marsupiale, ma è anche un carnivoro. È facile immaginare che in caso di successo, qualche soffice esserino possa venire mangiato. Avete incontrato opposizione da parte degli animalisti

Abbiamo incontrato una reazione estremamente positiva. Penso che più di ogni altra cosa, sia perché questo animale è stato portato all’estinzione dalla caccia. E questa è la nostra opportunità per risolvere un problema.

Qual è la parte scientifica del tuo lavoro?

Ho un team di 12 ingegneri del genoma e ingegneri del fenotipo. Abbiamo anche collaborazioni con alcuni embriologi e biologi computazionali. Si tratta di leggere quanti più articoli possibile, portare avanti gli studi in laboratorio e far progredire la scienza.

E poi c’è la possibilità di far parte delle discussioni su: una volta che abbiamo un tilacino, una volta che abbiamo un mammut, dove lo mettiamo? Che aspetto avrà? Qual è l’impatto ecologico del ripristino della specie e in che modo aiuterà le specie attualmente in via di estinzione?

Hai scritto sul blog come riportare in vita una specie richieda alcuni passaggi, tra cui la modifica dei geni nelle cellule di una specie correlata, la clonazione di un embrione e quindi la nascita di un animale. Quale di questi passaggi è il più speculativo?

Si tratta davvero di capire quanti geni è necessario modificare. Il tilacino è imparentato con l’intera famiglia dei dasyuridi, che comprende il dunnart, il quoll e il diavolo della Tasmania. Ma si tratta ancora di circa 70 milioni di anni di divergenza [evolutiva], una quantità estrema di divergenza. Quindi cosa devi modificare in un dunnart o in un elefante asiatico per creare il fenotipo di una specie che riempirà la stessa nicchia ecologica riempita dal tilacino o dal mammut lanoso?

Hai un tilacino imbalsamato su cui lavorare? Qual è il punto di partenza del progetto?

C’è un cucciolo che è stato conservato in etanolo all’inizio del 1900: lo chiamano il “cucciolo miracoloso”. I nostri collaboratori dell’Università di Melbourne sono stati in grado di estrarre il DNA da quel campione e generare una sequenza del genoma di altissima precisione. Per non parlare del gran numero di pelli in circolazione, oltre a campioni di museo, che stiamo raccogliendo e sequenziando.

Avete una tabella di marcia sul primo ritorno in vita di una specie estinta?

Assolutamente. Per il mammut, ci stiamo aspettando di riuscire entro il 2027, per il tilacino, il 2025. La differenza fondamentale, in questo caso, è il tempo di gestazione. Gli elefanti impiegano dai 18 ai 22 mesi di gravidanza, mentre i marsupiali – e in particolare il dunnart, che sarà la nostra specie surrogata per il tilacino – ci mettono tra i 12 e i 14 giorni. La maturazione si conclude nel marsupio.

Secondo alcuni studi i marsupiali possono essere trasferiti dal marsupio di una specie al marsupio di un’altra specie e crescere bene. Ma abbiamo anche un team che lavora [su] una “exo-borsa”. Sarà una sacca artificiale in cui i cuccioli potranno entrare e trovare gli stessi alimenti, lo stesso ambiente, lo stesso tipo di esposizione alla luce che avrebbe all’interno della sacca di una mamma marsupiale.

La Colossal è una società a scopo di lucro. Qual è il prodotto, esattamente? Cosa venderete?

Penso che la Colossal trarrà profitto in un paio di modi diversi. Uno dei nostri prodotti è la nostra stessa storia. Giusto? Avremo molti partner nei media che ci aiuteranno a raccontare com’è andata.

E man mano che sviluppiamo nuove tecnologie, possiamo concederle in licenza o svilupparle. Abbiamo già dato vita ad una prima spinoff chiamata FormBio [una società di software di biologia] e possiamo contare su di un ampio staff di editor di genomi.

Arriviamo quindi al nocciolo, che sono le specie estinte: il tilacino o il mammut. Stiamo cercando di collaborare con gli zoo. Immagino un mondo in cui creiamo habitat di rigenerazione e vendiamo biglietti per andare a vedere queste specie nella loro area naturale.

Quanto pagheresti per vedere un tilacino?

Bhé, per me sarà il risultato di ore e ore di lavoro, un notevole impegno personale. Onestamente, pagherei tutti i soldi del mondo.

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