ESA Solar Space Power

Un secolo di sogni: ecco l’energia infinita (e pulita) dallo spazio

Da oltre 100 anni si immagina di poter trasferire energia pulita alla Terra in maniera wireless dallo spazio. Oggi il progetto Space-based Solar Power Project ci è davvero riuscito.

Ogni epoca è caratterizzata da una conquista: se dovessimo definire la nostra, con ogni probabilità parleremmo di contrasto al cambiamento climatico.

Sebbene identificarne le principali cause sia complesso, è indubbio che tra i fattori determinanti di tale cambiamento sia da citare il nostro modo di procurarci energia. Non a caso, le maggiori potenze mondiali si stanno dotando di importanti politiche green, vere e proprie armi da utilizzare nella battaglia al cambiamento climatico. In tale contesto si è assistito a un proliferare di nuove tecnologie in grado di produrre energia pulita, favorendo quel fenomeno denominato “transizione energetica”.

Grande protagonista di questa transizione è l’energia fotovoltaica, con il suo emblematico pannello a rappresentare la viva speranza di riuscire un giorno a raggiungere il tanto agognato obiettivo net-0. L’intuizione è semplice: il sole rappresenta una forma di energia infinita (su scala umana), se riusciamo a catturarla abbiamo vinto.

L’adozione dell’energia solare ha vissuto una crescita rilevante divenendo in pochi anni la tecnologia più economicamente appetibile, battendo addirittura il suo acerrimo nemico carbon-fossile. Tuttavia, questa splendida tecnologia ha un problema: l’intermittenza. Se l’energia del sole è infinita, non lo è la quantità che ne arriva sulla superfice terrestre, dove notte e nuvole possono interrompere la produzione energetica da un momento all’altro, costringendoci a dover ricorrere a complessi sistemi di gestione.

Ed è qui che i visionari hanno alzato gli occhi ed hanno visto che lassù, dove orbitano i satelliti, non esistono né notte né nuvole a ostacolare il sogno dell’energia infinita.

In effetti l’energia solare prodotta in orbita senza intermittenza è alla base dell’alimentazione dei satelliti, i quali ricevono un flusso continuo di energia solare e sono in grado di operare senza bisogno di fermarsi per dover ricaricare le batterie. Perché quindi non sfruttare questo principio di cui già facciamo largo uso per generare energia pulita da utilizzare sulla terra?

La risposta è che per la ricetta dell’energia infinita manca ancora un ingrediente: una volta che l’abbiamo catturata, dobbiamo trovare un modo di inviarla sulla terra.

Il primo ad avere un’idea del genere è Isac Asimov nel 1941, che nel libro “Reason” descrive una nave spaziale in grado di produrre energia solare e inviarla sulla terra in maniera wireless. Da allora, quello che era un progetto di un libro di fantascienza, è divenuto sempre meno fantasia e sempre più scienza.

Già agli inizi del 900 si parla di energia “wireless”. A parlarne è il visionario Nikola Tesla con il progetto della Wardenclyffe Tower, un sistema per trasmettere energia ad alta tensione per distanze chilometriche senza l’utilizzo di cavi.

L’idea di Tesla venne abbandonata per mancanza di fondi, e si dovrà attendere fino agli anni Settanta per rispolverare il sogno dell’energia wireless, quando Peter Glaser propone e brevetta un progetto concreto di satellite solare in grado di trasmettere l’energia sulla terra tramite microonde.

Fu poi il turno della NASA, che nel 1975 riuscì a trasportare 34kW di energia per 1.5 km presso il laboratorio NASA JPL Goldstone. La dimensione dell’antenna utilizzata rendeva tuttavia impensabile un suo possibile utilizzo in orbita. In effetti al tempo il trasporto di strumenti in orbita era un’operazione assai onerosa e riservata a pochi grandi istituzioni scientifiche, il costo si aggirava intorno ai 20.000$/kg nel 1975 (una persona di 80kg vale circa 1.6M$).

Foto dell’apparato sperimentale del NPL Goldston Lab. L’energia inviata dalla parabola viene ricevuta dall’antenna sullo sfondo. Un array di lampadine si accende per quando l’energia viene effettivamente ricevuta.
Fonte: . M. Dickinson, doi: 10.1109/MWSYM.1976.1123672.

Ma eccoci nel 2023, alle porte della New Space economy, con i costi di payload di appena 1500$/kg del Falcon Heavy, razzo progettato da SpaceX e fiore all’occhiello della compagnia per il trasporto di carichi pesanti in orbita, e un nuovo mondo di modelli di business che guidano l’esplorazione spaziale.

In questo magmatico e favorevole contesto il sogno di generare energia elettrica nello spazio torna in auge, e, parafrasando Einstein “tutto è impossibile finché non arriva qualcuno che lo fa”.

Nel 2023 il sogno non è più un sogno: un gruppo di ricercatori del California Institute of Technology (Caltech) riesce a generare energia solare in orbita e a trasmetterla sulla terra.

Il progetto è denominato Space-based Solar Power Project (SSPP)e guidatoda Harry Atwater, Ali Hajimiri Bren, Sergio Pellegrino, Joyce e Kent Kresa, ha l’obiettivo di generare energia solare in orbita e inviarla sulla terra.

Lo Space-based Solar Power Project pesa circa 50 kg, viene portato in orbita da un razzo SpaceX ed è formato da tre unità distinte che svolgono mansioni specifiche:[MS1] 

DOLCE: una struttura pieghevole di circa 1,8 mq che forma l’architettura modulare di base su cui installare i pannelli solari.

ALBA: una raccolta di 32 diversi tipi di celle solari che consentirà agli scienziati di ottimizzare i futuri pannelli solari nello spazio.

MAPLE: il vero protagonista dell’esperimento. Una schiera di trasmettitori di potenza a microonde, leggeri e flessibili che permettono di indirizzare con altissima precisione l’energia trasmessa. È grazie a MAPLE che è possibile inviare l’energia sulla terra.

Il test che MAPLE ha superato con successo consisteva nel ricevere l’energia solare da ALBA sui suoi due array, convertirla in elettricità a corrente continua e infine inviare quest’ultima sulla Terra per accendere una coppia di LED situati sul tetto del Gordon and Betty Moore Laboratory of Engineering, nel campus del Caltech a Pasadena. Il segnale ricevuto è apparso all’ora e alla frequenza previste.

Il progetto sfrutta il fenomeno quantistico dell’interferenza per trasmettere energia wireless nello spazio. Tale fenomeno si basa sulla sovrapposizione di onde luminose che sommandosi o sottraendosi aumentano o diminuiscono l’intensità dell’onda luminosa in determinati punti. Questo consente di concentrare l’energia in una direzione specifica, senza parti meccaniche in movimento, facilitando la trasmissione di energia spaziale o terrestre con controllo della direzione al nanosecondo.

Interno di MAPLE, lo strumento grazie al quale è stato possibile inviare energia wireless sulla Terra.
Fonte: Caltech

“Per quanto ne sappiamo, nessuno ha mai dimostrato il trasferimento di energia wireless nello spazio anche con costose strutture rigide; noi lo stiamo facendo con strutture flessibili e leggere e con i nostri circuiti integrati. Questa è la prima volta”, afferma il professor Ali Hajimiri, a capo dello sviluppo di MAPLE.

La buona riuscita dell’esperimento dei ricercatori del Caltech è certamente uno di quelli che si potrebbero definire “piccoli passi per l’uomo, grandi passi per l’umanità”, e delinea una nuova traiettoria per il futuro del nostro pianeta.

Questo passo è tutt’altro che isolato: i maggiori organismi scientifici che si occupano di ricerca in ambito spaziale, dall’ESA al JAXA, stanno lavorando in parallelo per la realizzazione di sistemi simili che in un futuro non troppo lontano saranno uno strumento estremamente efficace per favorire la transizione energetica.

Questi passi un giorno, nei libri di storia, saranno i passi che hanno salvato il mondo.

Copertina: Rappresentazione di un sistema Space-based Solar Power per l’invio di energia wireless dai satelliti in orbita fin sulla terra (credit: ESA)

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