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L’intelligenza artificiale può aiutare a individuare il cancro, ma c’è una fregatura

In teoria, se i tumori vengono scoperti prima è più facile curarli, salvando vite umane. Ma questo non è sempre quello che mostrano i dati.

Ho appena compiuto gli anni e sapete cosa significa: sono di nuovo idonea per una colonscopia di screening. Di recente ho pensato molto allo screening del cancro, perché negli ultimi mesi ho visto una serie di titoli su come l’intelligenza artificiale rivoluzionerà la diagnosi del cancro.

Proprio la scorsa settimana Microsoft ha annunciato di aver stretto una partnership con un’azienda di patologia digitale, Paige, per costruire il più grande modello al mondo di intelligenza artificiale basato su immagini per l’identificazione del cancro. Il set di dati per l’addestramento dell’algoritmo contiene 4 milioni di immagini. “Questo è un momento rivoluzionario, una sorta primo passo sulla Luna per la cura del cancro”, ha dichiarato alla CNBC Andy Moye, CEO di Paige.

Beh, potrebbe esserlo. Il mese scorso sono stati pubblicati i risultati del primo studio clinico sullo screening del tumore al seno supportato dall’intelligenza artificiale. I ricercatori hanno confrontato due metodi di lettura della mammografia: una lettura standard da parte di due radiologi indipendenti e un sistema che utilizzava un singolo radiologo e un’intelligenza artificiale per assegnare alle pazienti un punteggio numerico di rischio di cancro da 1 a 10. In quest’ultimo gruppo, le pazienti che ottenevano un punteggio di 10 – il rischio più elevato – venivano poi sottoposte alla lettura delle immagini da parte di due radiologi. Il modello supportato dall’intelligenza artificiale ha ridotto il carico di lavoro del 44% e ha individuato il 20% di tumori in più.

Sembra una buona cosa. In teoria, se i tumori vengono scoperti prima è più facile curarli, salvando vite umane. Ma non sempre i dati dimostrano questo. Uno studio pubblicato alla fine di agosto ha setacciato la letteratura per trovare studi clinici randomizzati che confrontassero la mortalità (per qualsiasi causa, non solo per il cancro) in due gruppi: persone che si sottoponevano allo screening oncologico e persone che non lo facevano. Per la maggior parte dei tipi comuni di screening oncologico, non sono state riscontrate differenze significative. L’eccezione è stata la sigmoidoscopia, un tipo di screening del cancro del colon che prevede la visualizzazione solo della parte inferiore del colon.

Il motivo non è del tutto chiaro. Potrebbe essere dovuto a difetti di progettazione dello studio. Gli studi che gli autori hanno incluso nella loro analisi potrebbero non aver seguito i partecipanti abbastanza a lungo per riscontrare una differenza. Un’altra spiegazione è che i benefici dello screening per alcuni potrebbero essere superati dai danni per altri che non ne beneficiano. Per esempio, se lo screening individua precocemente tumori mortali, i pazienti possono guadagnare tempo prezioso per trattare con successo la malattia. Tuttavia, se lo screening rileva molti tumori che non uccidono le persone, l’equilibrio si sposta. Il problema è noto come sovradiagnosi. Mi piace questa descrizione fornita da un gruppo di ricercatori australiani: “La sovradiagnosi non è una diagnosi falsa positiva (diagnosi di una malattia in un individuo che non soddisfa i criteri diagnostici) o una diagnosi errata (diagnosi della condizione sbagliata in un individuo che ha una malattia di base)”. La diagnosi è corretta, ma non apporta alcun beneficio alla salute del paziente e può addirittura risultare dannosa.

Non c’è dubbio che i programmi di screening abbiano scoperto tumori che avrebbero ucciso le persone se non fossero stati individuati. Quindi perché preoccuparsi della sovradiagnosi? Lo screening può anche causare danni. I pazienti sottoposti a colonscopia a volte si ritrovano con l’intestino perforato. Le biopsie possono causare infezioni. Trattamenti come la radioterapia e la chemioterapia comportano seri rischi per la salute delle persone, così come gli interventi chirurgici per rimuovere i tumori.

Lo screening assistito dall’intelligenza artificiale porterà a un maggior numero di sovradiagnosi? L’ho chiesto ad Adewole Adamson, dermatologo e ricercatore presso la Dell School of Medicine dell’Università del Texas ad Austin. “Senza riserve direi sì, è così”, dice. “La gente pensa che l’obiettivo sia trovare più cancro. Non è questo il nostro obiettivo. Il nostro obiettivo è trovare tumori che alla fine uccideranno le persone”. 

E questo è difficile. Per la stragrande maggioranza dei tumori, non ci sono modi validi per separare i casi non letali da quelli letali. Quindi i medici spesso li trattano tutti come se potessero essere mortali.
In un articolo del 2019, Adamson spiega come imparano questi algoritmi di rilevamento del cancro. Al computer vengono presentate immagini con l’etichetta “cancro” o “non cancro”. L’algoritmo cerca quindi degli schemi che lo aiutino a discriminare. “Il problema è che non esiste un’unica risposta giusta alla domanda: “Che cosa costituisce il cancro?” scrive Adamson. “Le diagnosi di cancro in fase iniziale fatte con algoritmi di apprendimento automatico saranno senza dubbio più coerenti e più replicabili di quelle basate sull’interpretazione umana. Ma non saranno necessariamente più vicine alla verità, cioè gli algoritmi potrebbero non essere migliori degli esseri umani nel determinare quali tumori sono destinati a causare sintomi o morte”.

Ma c’è anche la possibilità che l’intelligenza artificiale aiuti a risolvere il problema della sovradiagnosi. I ricercatori australiani di cui ho parlato sopra offrono questo esempio: l’intelligenza artificiale potrebbe utilizzare le informazioni contenute nelle cartelle cliniche per esaminare le traiettorie dei tumori dei diversi pazienti nel corso del tempo. In questo scenario, potrebbe essere possibile distinguere coloro che non traggono beneficio da una diagnosi.

Adamson non è contrario all’IA. Vede il valore della semplice aggiunta di una terza categoria ai dati che gli algoritmi apprendono: “Forse cancro”. Questa classificazione comprenderebbe i vetrini o le immagini che suscitano disaccordo tra gli esperti. Per questi pazienti, “forse si studiano trattamenti un po’ più conservativi”.

È quindi probabilmente troppo presto per pronunciarsi sul ruolo dell’IA nella diagnosi del cancro, ma probabilmente dovremmo leggere con un occhio più critico ogni futura affermazione sullo screening del cancro tramite IA. Da parte sua, Adamson è stanco di vedere titoli che strombazzano il potere dell’IA nel riconoscere più tumori. “Le persone vengono ingannate da questo tipo di titoli e pensano che trovare più tumori sia meglio”, afferma. “Vorrei strapparmi i capelli, se ne avessi”.

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