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Acqua ed energia: dialogo tra tecnologia e regolamentazione

All’interno del mondo ESG, la E di Environmental rappresenta un contenitore molto ampio di tecnologie che stanno aiutando a ridurre il nostro impatto ambientale.

Bisogno – tecnologia – regolamentazione

Il flusso che solitamente si può osservare quando si parla di nuove tecnologie risulta simile a Bisogno – tecnologia – regolamentazione.       
Il motivo per cui si hanno queste fasi, si potrebbe ricollegare a concetti semplici, ma non banali.

Il problema è sempre il punto di partenza perché porta con sé una differenziazione tra la situazione ideale rispetto alla situazione attuale. Questo spazio tra i due stati si può riconoscere come “bisogno” che deve essere soddisfatto.

A un nuovo bisogno corrisponde una soluzione innovativa per raggiungere la situazione ideale. In questo caso, si aprono diverse tipologie di innovazione e, per ognuna di esse, si cerca uno strumento che faciliti il raggiungimento della soluzione che, solitamente, è accompagnato da una tecnologia.

Questo processo si conclude con le regolamentazioni. Dal momento che le tecnologie hanno impatti rilevanti nella nostra società, è necessario, per la sicurezza e il bene comune, avere delle regole da seguire per il loro utilizzo.

Le tecnologie sviluppate a livello ambientale sono un esempio chiaro di questo processo

Il problema ambientale è ormai palese. Il rischio di raggiungere la famosa vetta di 1,5 gradi di riscaldamento gobale, dall’epoca pre industriale, è alto. Questa situazione sta comportando eventi climatici disastrosi come terremoti, alluvioni, siccità ecc.

Possiamo dire che il problema ambientale sia chiaro.

A questo problema si è risposto con soluzioni innovative. In ambito ESG, infatti, il fattore E-Environmental è quello che oggi si presta meglio per essere ricco di tecnologie disruptive e con alto impatto ambientale.

In questo ambito è interessante approfondire due macro aree che generano costantemente innovazione: energia e risorse idriche.

Le tecnologie che gravitano attorno a questi due macro temi sono molteplici ma si possono differenziare, a loro volta, per l’obiettivo ultimo che perseguono:

  • Tecnologie volte a trovare nuovi modi di produrre risorse senza impattare l’ambiente circostante: solitamente ci si trova nella parte iniziale della catena del valore dove le risorse vengono create. Queste tecnologie cercano di trovare nuovi modi per produrre risorse senza impattare negativamente il nostro pianeta
  • Tecnologie volte a ottimizzare il consumo di risorse: solitamente ci troviamo nella parte finale della catena del valore, dove le risorse vengono utilizzate. Queste tecnologie cercano di comprendere come ridurre sprechi e perdite di risorse al fine di consumarne di meno

Quando parliamo di tecnologie, è utile approfondire quali startup o dipartimenti di innovazione aziendali hanno trasformato quella innovazione in un asset. Startup e innovation team sono contenitori di innovazione e monitorarli aiuta ad avere una visione più chiara su cosa bolle in pentola relativamente le tecnologie di frontiera.

Da nuovi modi di stoccare energia…

La prima macro area da esaminare è quella che rappresenta le tecnologie che stanno a monte della value chain. Quelle tecnologie, cioè, dedicate a migliorare il modo in cui accumuliamo energia o acqua, ne creiamo di nuova ecc.

Ormai è risaputo che per evitare cambiamenti climatici catastrofici è necessario avvicinarsi sempre di più a fonti di energia rinnovabili. Per fare questo però è fondamentale avere una rete stabile che permetta di fornire energia in modo costante. Sfida complessa quando si parla di fonti energetiche non costanti come vento, raggi solari ecc.

In questo scenario, i LDES (Long Duration Energy Storage), ricoprono un ruolo fondamentale per rispondere alle sfide che i nostri sistemi energetici devono affrontare. Esistono diversi modi per stoccare energia:

  • Thermal LDES
  • Electrochemical LDES
  • Mechanical LDES
  • Chemical LDES

Ovviamente, in base all’obiettivo finale e al tipo di richieste e bisogni, cambia il metodo di stoccaggio utilizzato.

Una startup a mio avviso molto interessante in questo ambito è Energy Dome. Fondata nel 2019, è una startup Italiana e il suo core business è quello di stoccare energia elettrica su larga scala e per molto tempo. Energy Dome ha trovato una nuova soluzione allo stoccaggio dell’energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili, utilizzando l’anidride carbonica come fluido di lavoro. In questo modo, riesce a fornire energia elettrica 24 ore su 24.           
Energy Dome ha chiuso un round di serie B nel 2023 di 40 milioni di euro ed oggi è attiva sul mercato nazionale ed internazionale.

alla generazione di acqua dall’aria

Qualità e disponibilità di acqua potabile è un tema che si aggrava sempre di più con il crescere della popolazione mondiale. Ad oggi, quasi metà della popolazione mondiale subisce situazioni di scarsità d’acqua in alcune fasi dell’anno.

Questo problema ha fatto nascere un intero filone di innovazione in ambito di generazione e ottimizzazione di risorse idriche (water tech). E’ importante notare che anche uno dei 17 SDGs (Sustainable Development Goals), gli obiettivi di sostenibilità definiti dall’ONU nel 2015, è dedicato all’approvvigionamento di acqua pulita e di sanificazione.

Una startup molto interessante e italiana è Aquaseek. Fondata nel 2019, nasce da una iniziativa del Politecnico di Torino e, attraverso una tecnologia all’avanguardia, riesce a recuperare umidità dall’atmosfera e trasformarla in acqua potabile.

La loro tecnologia si differenzia rispetto ai competitors per un consumo di energia elettrica nettamente inferiore.

BIM e Digital Twin come tecnologie essenziali per il monitoraggio dei consumi energetici e idrici

Spostandoci verso la fine della value chain, dove le risorse energetiche e idriche vengono consumate, si apre una nuova area di innovazione, focalizzata su tutti gli strumenti tecnologici per ridurre e ottimizzare il consumo di queste risorse e ridurne le perdite.          
In questo ambito sono importanti le tecnologie che permettano di migliorare le fasi di monitoraggio dello status dei propri impianti, strutture e consumi. Migliorare, quindi:

  • Data gathering
  • Data monitoring
  • Data elaboration
  • Data visualization

Tra le varie tecnologie presenti ne esiste una, non molto inflazionata, che mi ha sempre colpito: BIM e Digital Twin.

BIM sta per Building Information Modeling e indica il sistema informativo digitale di un asset che, tramite modelli 3D integrati con dati reali, permette di rappresentare le caratteristiche funzionali di un asset.

Il Digital Twin, invece, è la naturale consecuzione del BIM. Infatti, possiamo intenderlo come una rappresentazione virtuale di un asset fisico. All’interno del cluster del Digital Twin vengono integrate diverse tecnologie: AI, IoT, Big Data, High performance Computing, Connettività veloce, UX e UI.

Perché BIM e Digital Twin sono importanti quando parliamo di sostenibilità?

Immaginando di avere un ufficio molto grande o uno stabilimento, avendo il gemello digitale dell’asset reale è possibile monitorare consumi energetici, idrici, energia accumulata in caso di strutture di produzione di energia rinnovabile (es. pannelli fotovoltaici) e molto altro. Questo facilita molto il reporting di emissioni di CO2 dell’asset durante la sua vita. Inoltre, avere contezza dello stato di salute di un asset permette di ottimizzarne la manutenzione allungando il suo ciclo di vita e rendendolo più sostenibile nel lungo termine.

BIM e Digital Twin sono importanti quando parliamo di sostenibilità anche se non sono molto utilizzate. Infatti, ad oggi solo il 57% delle PA italiane dichiara di conoscere il BIM e solo 41% di queste lo utilizza per la progettazione, questa tecnologia entra tra quell’insieme di innovazioni che cambiano il mondo in modo invisibile.

Il problema ambientale ha fatto nascere molteplici soluzioni che hanno portato a costruire una normativa omogenea per tutti

Il problema ambientale non è nato ieri, esiste da molto più tempo. Il vero allarme è stato lanciato con l’Accordo di Parigi nel 2015, dove sono stati fissati degli obiettivi concreti di neutralità carbonica tra il 2030 e il 2050, e sono state messe in atto diverse misure dalle istituzioni europee e nazionali.

Negli ultimi 20 anni abbiamo visto nascere diverse tipologie di organizzazioni e alleanze volte ad aiutare le aziende a ridurre la propria impronta di carbonio (es. GRI, CDP, SASB ecc.).

Queste iniziative hanno aiutato e contribuito, nel panorama europeo e mondiale, a dare delle best practice di mercato da seguire in ambito di sostenibilità. Basti pensare che, ad esempio, oltre 13 mila aziende nel 2021 hanno utilizzato il Carbon Disclosure Project Framework per divulgare le proprie informazioni ambientali. Inoltre, oltre 200 aziende a livello mondiale hanno contribuito a definire le 55 metriche in ambito di Persone, Pianeta, Prosperità e Governance al World Economic Forum del 2020.

Si è compreso che rendicontare in modo chiaro e preciso il proprio impatto sull’ambiente è il primo step per portare il mondo verso la salvezza.  
Negli ultimi anni sono state approvate diverse regolamentazioni che cambieranno il modo di rendicontare le proprie attività ESG (Environmental, Social e Governance). Una fra tutte spicca per la sua importanza e impatto: la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive).

La CSRD è nata per mettere ordine e omogeneizzare…

Molte persone, esperti e non, potrebbero pensare che sia l’ennesima normativa da dover studiare e implementare in azienda che non porterà grandi risultati ma solo rischi di sanzioni.
Questa volta è diverso. La CSRD ha un obiettivo chiaro: unire e capitalizzare tutti gli sforzi fatti fino ad ora in ambito di framework di rendicontazione di sostenibilità e di normative, al fine di dare un indirizzo unico alle aziende Europee e un buon esempio ai paesi fuori dall’Europa.

…integrando la NFRD

La CSRD è una Direttiva Europea che integra e amplia la NFRD (Non Financial Reporting Directive) la quale obbliga le aziende a fare disclosure di informazioni riguardanti il modo in cui operano e gestiscono sfide ambientali e sociali.   
La CSRD fa diversi passi in avanti sia in termini di aziende vincolate dalla normativa che in termini di oggetto della direttiva stessa.

Una importante innovazione sta nell’omogeneizzare il modo di rendicontare le informazioni. Infatti fa riferimento agli ESRS (European Sustainability Reporting Standards) come unico standard metodologico di rendicontazione di sostenibilità (non presente nella NFRD)

Avere un unico standard di rendicontazione è un elemento, per quanto all’apparenza semplice, fondamentale e innovativo nel percorso europeo di neutralità carbonica. Avere un’unica unità di misura e un unico approccio metodologico porta diversi vantaggi tra cui:

  • Facilità di confrontare le aziende sulle performance di sostenibilità
  • Sicurezza di un reporting di qualità
  • Maggiori informazioni su diverse attività aziendali
  • Possibilità di attuazione di iniziative di miglioramento di performance di sostenibilità comuni

Concludendo…

Le tecnologie presenti nel mondo dell’energia e delle risorse idriche sono veramente tante.

Vedendo un mercato più regolamentato e digitale, assieme agli investimenti in rinnovabili che sfiorano la quota di 41 miliardi di euro in Italia nel 2022, si può dire che più ci si avvicina alle tappe stabilite dall’Europa (2030 e 2050) più le attività e le innovazioni in questo ambito si intensificheranno.

Francesco Campaner, laureato con lode in Economia alla LUISS Guido Carli, sta sviluppando la sua carriera in consulenza strategica e innovazione. La sua esperienza varia dallo scouting tecnologico alle iniziative di open innovation, fino a progetti strategici in ambito industriale. Con diversa esperienza nel supportare le aziende a sviluppare strategie per crescere, innovare e acquisire vantaggio competitivo sul mercato, Francesco sta acquisendo una profonda conoscenza di diverse tecnologie da molteplici punti di vista.

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