Zuccarelli/Di Matteo - Mondadori

“Usare l’IA a favore dell’umanità”

Intervista a Eugenio Zuccarelli, esperto di Intelligenza Artificiale e di Data Science e autore del libro “Intelligenza artificiale. Come usarla a favore dell’umanità”.

Eugenio Zuccarelli è un esperto nel campo dell’intelligenza artificiale e della data science. È autore del libro “Intelligenza artificiale. Come usarla a favore dell’umanità” (Mondadori), scritto insieme a Gabriele Di Matteo. Pensato come manuale per l’uso consapevole dell’IA, offre una guida pratica e accessibile su come sfruttare questa tecnologia per migliorare la vita degli individui e, di conseguenza, dell’intera società. Attraverso capitoli molto concreti con casi d’uso, storie, approfondimenti di studiosi, imprenditori, esperti, il libro esplora le potenzialità e le sfide dell’IA, facendone uno strumento per chi voglia comprendere e utilizzare al meglio una innovazione dirompente, pervasiva e certamente destinata a durare.

Mentre scrivevate il vostro libro è accaduto di tutto proprio nel campo dell’IA, per esempio la vicenda di OpenAI, con Sam Altman estromesso e poi richiamato.

È stata una grande lezione. D’ora in poi scriverò sempre “founder” e non “CEO”, come job title… Un founder è per sempre.

Eugenio Zuccarelli

L’intelligenza artificiale è diventata uno strumento di geopolitica e di sovranità tecnologica. Chi possiede asset importanti di intelligenza artificiale ha un potere ulteriore rispetto a quello che aveva con altre tecnologie. Dove si colloca l’Italia in questo scenario e come dovrebbe giocare la sua migliore partita?

L’Italia si trova in una posizione interessante, anche se in una situazione di crisi. Ci sono enormi cambiamenti e possibilità, ma anche grandi problemi. È come il Far West: grandi opportunità e grandi pericoli. L’Italia deve giocare le sue carte puntando sulla mentalità e sulla cultura. Negli Stati Uniti si tende a prendere rischi considerandoli investimenti. L’Italia deve decidere se investire in questa tecnologia, sapendo che sarà parte integrante del nostro futuro, o essere più cauta. Il nostro suggerimento nel libro è di trovare un giusto equilibrio tra innovazione e prudenza, senza perdere questa opportunità per tornare a essere un player principale nel panorama globale.

Se dovessi strutturare un programma per il posizionamento dell’intelligenza artificiale in Italia, cosa faresti?

Suggerirei una stretta collaborazione tra governo ed esperti. È necessario un intervento dall’alto per creare la piattaforma giusta. Negli Stati Uniti, per esempio, si vede un forte supporto governativo verso questa tecnologia. Dobbiamo fare lo stesso, collaborando con esperti tecnici e di filosofia della scienza ed etica della tecnologia, come Luciano Floridi, che ci ha onorato con la sua intervista per il libro. Solo così potremo bilanciare innovazione e sicurezza, evitando problemi etici e di bias.

Parliamo dell’IA nel settore salute. Quali sono le potenzialità?

L’intelligenza artificiale è estremamente versatile e può essere applicata a qualsiasi industria. Nel settore della salute, può migliorare ogni aspetto dell’esperienza del paziente, dalla raccolta dati alla prevenzione e personalizzazione dei trattamenti. L’IA può aiutare a digitalizzare e strutturare i dati ospedalieri, migliorare la prevenzione e predizione delle malattie, e personalizzare le cure in base alle caratteristiche individuali dei pazienti. Inoltre, può ridurre la burocrazia, rendendo il sistema sanitario più efficiente.

L’IA è un pericolo per via delle allucinazioni?

Le allucinazioni possono avere un lato positivo. Forzano gli utenti a non fidarsi ciecamente e a sviluppare una mentalità critica, incrociando le informazioni con altre fonti. Con il tempo, ci saranno progressi tecnologici che porteranno sempre meno allucinazioni, ma è importante educare le persone a discernere la realtà. Una soluzione potrebbe essere la creazione di repository di informazione basate sul consenso, come Wikipedia, per stabilire una fonte di verità condivisa.

Copertina del libro scritto da Eugenio Zuccarelli assieme a Gabriele Di Matteo, edito da Mondadori

Nel libro parlate di miglioramenti cognitivi e salute mentale. In che senso?

Parliamo di vari aspetti, tra cui la riabilitazione di persone con disabilità. L’IA può migliorare la loro capacità di comunicare e interagire con l’ambiente. Algoritmi che interpretano il movimento degli occhi o leggono i pensieri possono offrire nuove possibilità, soprattutto per persone paraplegiche o tetraplegiche, nell’interagire con l’ambiente, muoversi, e comunicare. L’IA può anche agire come strumento per migliorare le nostre facoltà cognitive, sia dal punto di vista della riabilitazione sia da quello del potenziamento. La tecnologia ci permette di riflettere su cosa significhi essere umani e come possiamo migliorare la nostra condizione.

Credi che l’intelligenza artificiale potrà mai essere al pari di quella umana?

No, l’intelligenza artificiale e l’intelligenza umana sono due cose diverse. L’IA è un supporto, una protesi che ci aiuta a vivere, ma non sarà mai uguale all’intelligenza umana. Tuttavia, l’IA ci rende una specie ancora più protesica e integrata, migliorando le nostre capacità.

L’intelligenza artificiale aiuta anche la creatività.

L’essere umano è unico nella sua creatività, ma l’IA può creare opere che sembrano umane. C’è una democratizzazione dell’arte in atto: non è più una questione di abilità, ma di idee. L’IA abbassa la barriera d’ingresso, permettendo a più persone di esprimere la propria creatività. È un pennello del ventunesimo secolo, che tutti possiamo usare per realizzare le nostre idee.

In questo scenario, chi domina la tecnologia e la tecnica? Gli ingegneri del software diventeranno come sacerdoti in certe antiche culture?

L’intelligenza umana sarà sempre necessaria. La relazione cambierà, permettendo a più persone di interagire con le macchine senza conoscere i linguaggi di programmazione. Questo democratizzerà ulteriormente l’accesso alla tecnologia. Gli ingegneri continueranno a essere essenziali, ma apriremo le porte anche a chi viene da altri ambiti, come business o discipline umanistiche, permettendo a tutti di partecipare all’innovazione tecnologica e all’impatto vero sulla società.

Le opinioni qui espresse sono dell’intervistato e non riflettono necessariamente le opinioni di suoi datori di lavoro passati, presenti o futuri.

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