Una lunga storia triste: L’Amazzonia, da foresta pluviale a savana

La resilienza della foresta pluviale amazzonica al cambiamento climatico e all’uso del suolo è fondamentale per la biodiversità, il clima regionale e il ciclo globale del carbonio. Ma i dati dicono che potremmo essere vicini al punto di svolta: la sua trasformazione in una prateria secca

di MIT Technology Review Italia

Ancora oggi, l’Amazzonia ospita circa una specie su dieci tra quelle conosciute. Ad oggi, almeno 40.000 piante, 2.200 pesci, 1.200 uccelli, 400 mammiferi, 400 anfibi e 375 rettili sono stati classificati scientificamente nella regione, per non parlare di quasi 2,5 milioni di specie di insetti.

La deforestazione e il cambiamento climatico, a causa dell’aumento della durata della stagione secca e della frequenza della siccità, potrebbero aver già spinto l’Amazzonia vicino a una soglia critica di estinzione della foresta pluviale.  In un nuovo articolo, gli scienziati del Global Systems Institute dell’Università di Exeter, nel Regno Unito, affermano che oltre il 75% dell’ecosistema ha perso resilienza dall’inizio degli anni Duemila a causa di queste trasformazioni. Questo processo sembra essere più evidente nelle aree più vicine all’attività umana, così come in quelle dove si verificano meno precipitazioni.

La resilienza di un ecosistema – la sua capacità di mantenere processi abituali come la ricrescita della vegetazione dopo la siccità – è un concetto notoriamente difficile da misurare per gli scienziati. In questo articolo, gli autori hanno analizzato le immagini satellitari di aree remote della foresta pluviale in tutta l’Amazzonia dal 1991 al 2016. Utilizzando una misurazione chiamata profondità ottica della vegetazione, hanno suggerito che la biomassa forestale (il peso totale degli organismi in una determinata area) sta impiegando più tempo per recuperare in questi luoghi mentre lo stress aumenta.

Come riportato da “The Conversation”, le foreste pluviali come quella amazzonica, sono altamente sensibile ai cambiamenti delle precipitazioni e alle variazioni del livello di umidità e risentono fortemente della quantità sempre inferiore di pioggia rispetto al passato, quale ripercussione diretta dei cambiamenti climatici. Di conseguenza, le stagioni secche più lunghe e le condizioni più secche causate dai cambiamenti climatici stanno minando la capacità della foresta pluviale di riprendersi dalle successive siccità. 

Gli autori notano, ad esempio, che le specie arboree sensibili alla siccità vengono sostituite con specie resistenti alla siccità a un ritmo molto più lento rispetto ai rapidi cambiamenti del clima regionale. Con meno pioggia prodotta, gli alberi sono molto più vulnerabili agli incendi.

E in Amazzonia il circolo virtuoso – più piogge, meno incendi e nuove foreste – si è interrotto su buona parte della superficie. Ciò potrebbe significare che l’Amazzonia si sta avvicinando a un punto di svolta che, se superato, porterebbe al crollo della foresta pluviale in una prateria secca o savana.

Man mano che un ecosistema diventa meno resiliente, è meno capace di risollevarsi dalla siccità e da altre fonti di stress. Questo è noto come “rallentamento critico”, un indicatore importante per prevedere le transizioni critiche nei sistemi dinamici, utilizzato in modo prolifico nei campi dell’ecologia, della biologia, della sociologia e della finanza.

Se lo stress persiste, diventa più probabile che l’ecosistema raggiunga un punto in cui cambia bruscamente in un nuovo stato. In altre parole, un rallentamento critico può fungere da segnale di avvertimento precoce di un imminente collasso.

Ma gli scienziati sanno che anche la costruzione di strade e l’espansione dei terreni agricoli sono gravi fonti di stress ambientale. Se la soglia critica oltre la quale l’Amazzonia rischia il collasso non è stata ancora superata, gli effetti combinati di questi potrebbero significare che si verifica prima di quanto ci si potrebbe aspettare. Una volta iniziata la transizione, potrebbero essere necessari solo pochi decenni prima che l’Amazzonia raggiunga un nuovo stato.

La nuova ricerca sottolinea la necessità di invertire le emissioni globali di gas serra, ridurre la pressione locale sulla foresta pluviale e conservare gli habitat per contrastare gli effetti di un clima più secco. Altrimenti, potremmo essere l’ultima generazione abbastanza privilegiata da condividere un pianeta con questi ecosistemi.

(rp)

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