Inquinamento tossico e rischio climatico corrono insieme

Uno studio dell’Università di Notre Dame, primo nel suo genere, ha dimostrato che i paesi più esposti agli impatti del cambiamento climatico sono spesso anche i paesi che hanno difficoltà a gestire le emissioni nocive.

di MIT technology Review Italia

Come riportato dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), l’inquinamento atmosferico è una delle principali cause di morte prematura e malattie ed è il più grande rischio per la salute ambientale in Europa. L’esposizione sia a breve che a lungo termine all’inquinamento atmosferico può portare a un’ampia gamma di malattie (ad esempio malattie cardiovascolari e ridotta funzionalità polmonare, infezioni respiratorie e asma aggravata), soprattutto se si tratta di particolato fine (PM2,5).

In un recente studio, ricercatori della University of Notre Dame hanno dimostrato una correlazione forte e statisticamente significativa tra mortalità umana e distribuzione spaziale sia di elementi inquinanti tossici che di fattori da rischio dovuti al cambiamento climatico globale. La ricerca è stata condotta analizzando valutazioni dei rischi di emissioni tossiche (come il particolato fine), emissioni non tossiche (per come i gas serra) e grado di rischio di ciascuna per la salute umana.

Firmatari della ricerca pubblicata da PLOS sono Drew Marcantonio, associato di ricerca post-dottorato dell’Università di Notre Dame, il dottorando Sean Field (antropologia), il professore associato di scienze politiche Debra Javeline e Agustin Fuentes di Princeton (ex Notre Dame).

Non solo i più alti livelli di inquinamento tossico si accompagnano ad un incremento della mortalità, dunque, ma aumentano ulteriormente laddove l’impatto del cambiamento climatico rappresenta un fattore di rischio particolarmente significativo.

Ridurre i livelli di inquinamento tossico, mitigare l’impatto del riscaldamento globale provocato dall’uomo, sono da 30 anni il tema di agenzie come l’Intergovernmental Panel on Climate Change dell’ONU, vincitore del premio Noble per la pace del 2007 proprio “per i loro sforzi volti a sviluppare e diffondere una maggiore conoscenza sui cambiamenti climatici causati dall’uomo e per gettare le basi per il misure necessarie per contrastare tale cambiamento”.

È l’ONU stessa ad aver stabilito gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, 17 obiettivi interconnessi delineati a mappare la strategia da seguire per ottenere un futuro migliore e più sostenibile per il mondo intero. La sostenibilità, di cui il contenimento del riscaldamento globale è uno dei fattori chiave, offrirebbe non solo un ambiente più sano per tutti, ma sarebbe uno dei migliori strumenti per combattere povertà e disuguaglianze”.

I ricercatori hanno quindi scelto di completare lo studio utilizzando i dati di tre indici per creare dei”Target”, una misura che combina il rischio di impatto climatico di un paese, il rischio di inquinamento tossico e la sua potenziale disponibilità a mitigare questi rischi. 

L’ND-GAIN è un indice di 182 paesi che riassume la vulnerabilità e l’esposizione di un paese ai rischi di impatto climatico e la sua disponibilità a migliorare la resilienza climatica. L’EPI classifica 180 paesi su 24 indicatori di prestazione in 10 categorie di problemi che riguardano la salute ambientale e la vitalità dell’ecosistema. Infine, GAHP stima il numero di decessi per inquinamento tossico per un paese, compresi i decessi causati dall’esposizione all’aria tossica, all’acqua, al suolo e all’inquinamento chimico a livello globale.

Sulla base di questi criteri, i primi 10 paesi su cui raccomandano di concentrare l’attenzione del mondo sono Singapore, Ruanda, Cina, India, Isole Salomone, Bhutan, Botswana, Georgia, Repubblica di Corea e Thailandia. Tra i paesi che appaiono in fondo alla lista ci sono Guinea Equatoriale, Iraq, Giordania, Repubblica Centrafricana e Venezuela.

“In particolare”, scrivono gli autori, “i nostri risultati rilevano che il primo terzo dei paesi a rischio di inquinamento tossico e impatti climatici rappresentano più di due terzi della popolazione mondiale, evidenziando l’entità del problema e la distribuzione ineguale del rischio ambientale. Dato che gran parte della popolazione mondiale vive nei paesi a più alto rischio di inquinamento tossico e impatto climatico, capire dove e come mirare alla mitigazione del rischio di inquinamento è fondamentale per massimizzare la riduzione dei potenziali danni umani”.

Mitigare i livelli di inquinamento tossico di paesi ad alta densità di popolazione offre benefici diretti anche ai paesi limitrofi. Il programma cinese ‘Air Pollution and Prevention and Control Action Plan‘ varato nel 2013 per contrastare le emissioni tossiche, per esempio, starebbe avendo risultati impressionanti. I ricercatori hanno riscontrato una riduzione già del 40 delle emissioni tossiche dal 2013 ad oggi.

La creazione dei Target permette di individuare i punti critici del pianeta su cui un’azione si rivelerebbe più efficace. I ricercatori invitano, però, ad una riflessione morale sulle azioni da intraprendere per favorire salute e prosperità.

Quali azioni sono necessarie e chi dovrebbe intraprenderle? La domanda è particolarmente importante in virtù della relazione solitamente inversa tra chi è maggiormente responsabile della produzione di questi rischi rispetto a chi più ne paga le conseguenze.

(lo)

foto:Pixabay

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