Come il cervello crea la nostra mente

La conoscenza è una costruzione mentale continua in cui tutto ciò che vediamo, ascoltiamo, odoriamo, gustiamo e percepiamo è il risultato di una combinazione di cose fuori e dentro di noi. 

di Lisa Feldman

Cosa abbiamo in mente? Cosa ci rende quello che siamo? Gli scienziati hanno creduto per molto tempo che i nostri sogni, le emozioni e i ricordi occupassero specifiche aree cerebrali. Ma negli ultimi anni abbiamo imparato che il cervello umano è in realtà un maestro dell’inganno e le nostre esperienze e azioni non rivelano il suo funzionamento interno. La mente è infatti una costruzione continua del cervello, del corpo e del mondo circostante. 

In ogni momento, mentre guardiamo, pensiamo, sentiamo e ci muoviamo nel mondo circostante, la nostra percezione di queste cose è costruita da tre ingredienti. Innanzitutto i segnali che riceviamo dal mondo esterno, vale a dire i cosiddetti dati sensoriali. Le onde luminose arrivano alle retine per essere interpretati in forma di giardini in fiore e cieli stellati. Le sostanze chimiche arrivano nel naso e nella bocca e si trasformano in sensazioni dolci o amare.

Un secondo ingrediente dell’esperienza sono i dati sensoriali relativi agli eventi interni all’organismo, come il sangue che scorre nelle vene e nelle arterie, i polmoni che si espandono e si contraggono e lo stomaco che gorgoglia. Gran parte di questa sinfonia è silenziosa e, grazie al cielo, fuori dalla nostra consapevolezza. Se si potesse sentire direttamente ogni movimento interiore, non si riuscirebbe a prestare attenzione a nulla al di fuori. 

Infine, un terzo ingrediente è l’esperienza passata. In sua mancanza, i dati sensoriali interni ed esterni sarebbero rumore senza significato. Sarebbe come essere bombardati dai suoni di una lingua che non si parla, quindi non saremmo in grado di valutare dove finisce una parola e inizia la successiva. Il cervello usa ciò che si è visto, fatto e imparato in passato per spiegare i dati sensoriali nel presente, pianificare le azioni future. Tutto questo avviene automaticamente e in modo invisibile, più velocemente dello schiocco delle dita. 

Questi tre ingredienti potrebbero non essere l’intera storia e potrebbero esserci altri percorsi per creare altri tipi di intelligenze, per esempio in una macchina futuribile. Ma una mente umana è costruita da un cervello in costante dialogo con un corpo e il mondo esterno. Quando il cervello ricorda, ricrea frammenti del passato e li combina perfettamente. La parola che usiamo per definire questo processo è “ricordare”, ma in realtà la definizione giusta è assemblaggio. 

Un’interazione costante

Il cervello può costruire lo stesso ricordo (o, più precisamente, ciò che si sperimenta come lo stesso ricordo) in modi diversi ogni volta. Non sto parlando qui dell’esperienza cosciente di ricordare qualcosa, come ricordare la faccia del migliore amico o la cena del giorno prima, ma mi sto riferendo al processo automatico, inconscio di guardare un oggetto o ascoltare una parola e sapere immediatamente di cosa si tratta.

Ogni atto di riconoscimento è una costruzione. Non si vede con gli occhi, ma con il cervello. Lo stesso discorso vale per gli altri sensi. Il cervello confronta i dati sensoriali che arrivano ora con le cose che si sono percepite precedentemente in una situazione simile. Questi confronti incorporano tutti i sensi contemporaneamente, perché il cervello raccoglie tutte le sensazioni e le rappresenta con macro schemi di attività neurale che consentono di sperimentare e comprendere il mondo intorno. 

I cervelli hanno anche una straordinaria capacità di combinare pezzi del passato in modi nuovi. Non si limitano a ripristinare i vecchi contenuti, ma generano nuovi contenuti. Per esempio, si possono riconoscere cose che non si sono mai incontrate prima, come l’immagine di un cavallo con le ali piumate. Probabilmente nessuno di noi ha mai visto Pegaso nella vita reale, ma come gli antichi greci, si può vedere un dipinto di Pegaso per la prima volta e capire immediatamente di cosa si tratta, perché, miracolosamente, il cervello è in grado di assemblare idee familiari come “cavallo” e “uccello” e “volo” in un’immagine mentale coerente.

Il cervello può persino imporre a un oggetto familiare nuove funzioni che non fanno parte della natura fisica dell’oggetto. Si guardi la Figura 1. I computer di oggi possono utilizzare l’apprendimento automatico per classificare facilmente l’oggetto raffigurato come una piuma. Ma non è quello che fanno i cervelli umani. Se si trova questo oggetto per terra nei boschi, allora certo, è una piuma. Ma per un autore del XVIII secolo si tratta di una penna. Per un guerriero della tribù Cheyenne è un simbolo d’onore. Per un bambino che finge di essere un agente segreto, sono pratici baffi finti. 

Il cervello classifica gli oggetti non solo rispetto ai loro attributi fisici, ma anche in base alla loro funzione, vale a dire il tipo di utilizzo dell’oggetto. Questa incredibile capacità riguarda la costruzione di categorie ad hoc. In un lampo, il cervello impiega l’esperienza passata per costruire una categoria come “simboli d’onore”. L’appartenenza alla categoria non si basa su somiglianze fisiche, ma su quelle funzionali, ossia l’utilizzo dell’oggetto in una situazione specifica. Tali categorie sono chiamate astratte. Un computer non può “riconoscere” una piuma come ricompensa per il coraggio perché quell’informazione non è nella piuma. È una categoria astratta costruita nel cervello di chi percepisce.

I computer non possono farlo. Non ancora. Possono assegnare oggetti a categorie preesistenti sulla base di esempi precedenti (un processo chiamato apprendimento automatico supervisionato) e possono raggruppare oggetti in nuove categorie basate su caratteristiche predefinite, solitamente fisiche (apprendimento automatico non supervisionato). Ma le macchine non costruiscono al volo categorie astratte come “peli facciali per finte spie”. E certamente non lo fanno molte volte al secondo per comprendere e agire in un mondo sociale estremamente complesso.

Come attribuiamo il valore

Proprio come la memoria è una costruzione, così lo sono i nostri sensi. Tutto ciò che vediamo, ascoltiamo, odoriamo, gustiamo e di cui abbiamo sentore è il risultato di una combinazione di cose fuori e dentro di noi. Quando vediamo un dente di leone, per esempio, riscontriamo caratteristiche come un lungo stelo, petali gialli e una consistenza morbida e soffice. Questi tratti si riflettono nel flusso di dati sensoriali. Altre caratteristiche sono più astratte, per capire se il dente di leone sia un fiore da inserire in un bouquet o una pianta da strappare dal terreno. 

Le nostre menti devono anche decidere quali dati sensoriali sono rilevanti e quali no, separando il segnale dal rumore. Gli economisti e altri scienziati chiamano questa decisione il problema del “valore”, un’altra caratteristica astratta e costruita. Non è intrinseco ai dati sensoriali che emanano dal mondo, quindi non è rilevabile nel mondo. Il valore è una proprietà di quell’informazione in relazione allo stato dell’organismo del soggetto che sta “conoscendo”. L’importanza del valore si vede meglio in un contesto ecologico. 

Si supponga di essere un animale che vaga nella foresta e di vedere una forma sfocata in lontananza. Ha valore come cibo o la si può ignorare? Vale la pena spendere energie per attaccarla? La risposta dipende in parte dallo stato corporeo: se non si ha fame, la forma sfocata ha meno valore. Dipende anche dal fatto che il cervello sia in grado di valutare se la “forma” appare pericolosa. 

La maggior parte degli umani non va a caccia di cibo su base regolare, ma lo stesso processo di stima del valore si applica a tutto ciò che si fa nella vita. La persona che ci sta avvicinando è amica o nemica? Vale la pena di vedere quel nuovo film? Si dovrebbe lavorare un’ora in più o andare a fare un giro nei bar con gli amici o dormire? Ogni alternativa è un piano d’azione e ogni piano è esso stesso una stima del valore. 

I meccanismi di anticipazione

Gli stessi circuiti cerebrali coinvolti nella stima del valore ci danno anche il nostro senso più elementare di sentimento, che gli scienziati chiamano sensazione. Questo tipo di sentimenti sono semplici: sentirsi a proprio agio o meno, sentirsi agitati o essere calmi. Non si tratta di emozioni, che sono categorie più complesse. La sensazione è solo un breve compendio della percezione del cervello dello stato metabolico del corpo, come una sorta di lettura del barometro. Le persone si fidano delle loro sensazioni per indicare se qualcosa è rilevante o meno, cioè se la cosa ha valore o meno. 

I cervelli si sono evoluti per controllare i corpi. Nel corso della storia, molti animali hanno sviluppato corpi più grandi con sistemi interni complessi che necessitavano di coordinamento e controllo. Un cervello è una specie di centro di comando per integrare e coordinare quei sistemi. Sposta le risorse necessarie come acqua, sale, glucosio e ossigeno dove e quando sono necessarie. Questa regolazione è chiamata allostasi ed implica la capacità di mantenere la stabilità dei sistemi fisiologici per mezzo del cambiamento. Se il cervello fa bene il suo lavoro, attraverso l’allostasi, i sistemi corporei ottengono ciò di cui hanno bisogno la maggior parte del tempo.

Per compiere questo fondamentale atto di bilanciamento metabolico, il cervello mantiene un modello del corpo nel mondo che include aspetti coscienti, come ciò che vediamo, pensiamo e proviamo, azioni che eseguiamo senza pensare, come camminare, e cose al di fuori della nostra consapevolezza. Per esempio, il cervello modella la temperatura corporea. Questo modello governa la nostra consapevolezza di essere caldi o freddi, atti automatici e processi inconsci come modificare il flusso sanguigno e aprire i pori. In ogni momento, il cervello anticipa (sulla base dell’esperienza passata e dei dati sensoriali) cosa potrebbe accadere dopo dentro e fuori il nostro corpo, si avvale delle risorse intorno, agisce, crea sensazioni e aggiorna il suo modello.

L’allostasi è al centro di questo schema mentale. Il cervello non si è evoluto per pensare, sentire e vedere, ma per regolare il corpo. I nostri pensieri, sentimenti, sensi e altre capacità mentali sono conseguenze di questa funzione di regolamentazione. Poiché l’allostasi è fondamentale per tutto ciò che facciamo e percepiamo, si può pensare a cosa accadrebbe se non avessimo un corpo. Un cervello nato in una vasca non avrebbe sistemi corporei da regolare. Non avrebbe sensazioni corporee a cui dare un senso. Non costruirebbe un sistema di valori.

Un cervello senza corpo non sarebbe una mente. Non sto dicendo che una mente richieda un vero corpo in carne e ossa, ma sto suggerendo che richiede qualcosa come un corpo, pieno di sistemi per coordinarsi in modo efficiente in un mondo in continua evoluzione. Il nostro corpo è parte della nostra mente, non in un modo vaporoso e metaforico, ma in un modo molto reale di cablaggio del cervello.

I nostri pensieri e sogni, le nostre emozioni, anche la nostra esperienza nel momento in cui leggiamo questo articolo, sono conseguenze di una missione centrale per mantenerci in vita, regolando il corpo attraverso la costruzione di categorie ad hoc. Molto probabilmente, non abbiamo coscienza della nostra mente in questo modo, ma questo è ciò che sta accadendo. 

Lisa Feldman Barrett è una professoressa di psicologia alla Northeastern University e autrice di Seven and a half lessons about the braineHow emotions are made: the secret life of the brain.  

(rp)

Immagine: Science Photo Library

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