Il nuovo traguardo della fusione

Dopo decenni di studi, Commonwealth Fusion Systems- con il supporto di MIT ed Eni – avvicina il mondo alla produzione di energia da fusione, virtualmente infinita, sicura e basse emissioni.

di Lisa Ovi

Si parla ormai comunemente di solare, eolico, ma il Santo Graal delle rinnovabili degli ultimi decenni è la produzione di energia dalla fusione. Un solo grammo di isotopi di idrogeno potrebbe generare la stessa quantità di energia di 11 tonnellate di carbone, virtualmente infinita, sicura e senza produzione di composti inquinanti.

Avviata a metà secolo scorso, l’investimento nella produzione di energia dalla fusione è una sfida di tale portata da aver generato uno scenario di collaborazione internazionale che a volte sembra possibile solo nel mondo dello sport e sì, della ricerca scientifica: sono almeno una dozzina i progetti ad oggi in fase di studio e realizzazione.

Uno di questi progetti è il prototipo di reattore a fusione nucleare in studio a Boston e battezzato SPARC, il risultato di anni di studio del Commonwealth Fusion Systems (CFS), spin-out del MIT in cui Eni ha creduto per prima.

La tabella di marcia del progetto è serrata. Entro il 2025, il consorzio si è posto l’obiettivo di dimostrare la possibilità di gestire e confinare il plasma, ovvero la miscela di deuterio e trizio portata a temperature altissime da campi di onde elettromagnetiche per creare le condizioni di fusione controllata nel prototipo di reattore sperimentale battezzato SPARC. Il primo reattore vero e proprio, capace di immettere energia da fusione nella rete elettrica, si chiamerà ARC, frutto del patrimonio di conoscenze acquisite da anni di sperimentazione la cui realizzazione è prevista per il 2033.

Ma è di questi giorni il conseguimento di una pietra miliare del progetto: ricercatori ed ingegneri di CFS hanno infatti annunciato di aver completato il primo collaudo dell’innovativo magnete per il confinamento della fusione al plasma che dovrà gestire il calore immenso caratteristico di un reattore a fusione.

Realizzato utilizzando nastri superconduttori ad alta temperatura (HTS) costituiti da Rare-earth Barium Copper Oxide (ReBCO), il supermagnete del CFS si è dimostrato capace di generare un campo di induzione magnetica di 20 Tesla. Nonostante non si tratti del campo magnetico artificiale più potente mai generato al mondo, è sicuramente quello a maggiore densità, indispensabile alla costruzione dei futuri reattori SPARC e ARC.

Nel corso di questa prima fase di collaudo, le bobine sono state attraversate da una corrente elettrica di intensità crescente, fino a 40.000 Ampere, per periodi di tempo predeterminati e in diverse condizioni operative. Simili livelli di corrente sarebbero irraggiungibili utilizzando normali materiali come il Rame, mentre i magneti basati su superconduttori tradizionali, o LTS (Low Temperature Superconductors), richiederebbero condizioni di lavoro molto  più complesse da raggiungere, perché devono essere mantenuti a temperature prossime  allo zero assoluto.

Il test ha mostrato la possibilità di mantenere il magnete in regime di superconduzione a temperatura relativamente alta (20K al di sopra dello zero assoluto), con un’elevata stabilità di tutti i parametri fondamentali per il suo utilizzo in una centrale a fusione, oltre a generare una mole significativa di dati utili per le prossime fasi della ricerca.

Volendo prendere come riferimento il progetto ITER, in via di sviluppo nel sud della Francia, ARC sarà cinque volte meno potente ma avrà dimensioni sessantacinque volte più contenute proprio grazie ai suoi magneti realizzati in nuovi materiali superconduttori capaci di generare campi magnetici quattro volte più potenti.

Diciotto magneti toroidali come quello appena collaudato, insieme ad altri magneti poloidali e assiali, racchiusi in uno spazio delle dimensioni di un campo da tennis, creeranno il campo necessario a mantenere il plasma di fusione confinato in una area a forma di ciambella (il Tokamak). L’innovazione contribuirà ad una significativa riduzione dei costi di impianto, dell’energia di accensione e mantenimento del processo di fusione e della complessità generale del sistema.

CFS inizia a lavorare all’esterno dei propri laboratori per la costruzione di SPARC, che troverà casa nei dintorni di Devens, nel Massachusetts, non lontano dalla attuale base di Boston.

La realizzazione di impianti come SPARC potrà consentire di generare e distribuire energia da fusione per mezzo delle reti elettriche esistenti, senza richiedere la realizzazione delle costose infrastrutture di generazione e trasporto previste nel caso di impianti più grandi come DEMO, il successore operativo del progetto ITER.

Ciò che gli scettici mettono in dubbio è la capacità dei reattori a fusine di produrre più energia di quanta ne consumi. Forte dei progressi tecnici conseguiti dai ricercatori del MIT, il CFS calcola di poter portare SPARC a produrre 10 volte l’energia che consuma.

Che la corsa a produrre energia pulita rappresenti l’unica possibilità di moderare un riscaldamento globale ormai inevitabile è stato certificato dalla pubblicazione del più recente rapporto sul clima dell’ONU, secondo non è più possibile fermare l’aumento delle temperature globali di almeno 1,5 C° al di sopra delle condizioni preindustriali e, di conseguenza, l’inasprimento di ondate di calore, inondazioni e siccità.

Questo è addirittura lo scenario più ottimistico, possibile solo se il mondo scientifico saprà portare a termine la realizzazione di tecnologie chiave come la rimozione del carbonio e il passaggio ad energie veramente pulite e rinnovabili.

(lo)

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