A Trillion Trees: il trucco delle compensazioni

La riforestazione è fondamentale per molte ragioni, ma non può sostituire politiche a livello globale di riduzione delle emissioni.

di James Temple

L’ adesione alla campagna “A Trillion Trees” è stata sostanzialmente il costo di ammissione per l’élite globale al World Economic Forum di quest’anno (beh, oltre a decine di migliaia di dollari per il badge). In effetti, ripiantare gli alberi è uno dei pochi argomenti su cui Jane Goodall e Donald Trump potevano trovare un accordo a Davos.

Nel frattempo, ”Axios” ha rivelato la scorsa settimana che il deputato Bruce Westerman, un repubblicano dell’Arkansas, sta lavorando a un disegno di legge chiamato Trillion Trees Act che fisserebbe un obiettivo nazionale per la piantagione di alberi (anche se apparentemente non sarà – e quasi sicuramente non potrebbe essere — un trilione in senso letterale).

Le nazioni dovrebbero assolutamente piantare e proteggere il maggior numero possibile di alberi, per assorbire l’anidride carbonica dall’atmosfera, fornire habitat per gli animali e ripristinare fragili ecosistemi. “Gli alberi sono una risposta importante, visibile e significativa da un punto di vista sociale”, afferma Roger Aines, che guida la Carbon Initiative del Lawrence Livermore National Lab, un programma di ricerca sulla rimozione dell’anidride carbonica.

Ma è anche un modo limitato e di scarsa affidabilità per affrontare il cambiamento climatico. Le esperienze avute finora nei tentativi di rimboschimento non hanno dato i risultati sperati. Dovremmo piantare e proteggere un numero enorme di alberi per decenni per compensare anche una frazione delle emissioni globali. E anni di lavoro possono essere annullati da siccità, incendi, malattie o deforestazione in altre parti del globo.

Forse il rischio maggiore è che il fascino delle soluzioni “naturali” possa farci pensare che stiamo intraprendendo azioni più significative di quanto siano realmente. “Le persone potrebbero considerare la piantagione di alberi come un surrogato dei radicali cambiamenti necessari per impedire che le emissioni di gas serra raggiungano l’atmosfera”, afferma Jane Flegal, professore a contratto della School for the Future of Innovation in Society dell’Arizona State University.

Quando pensiamo al ruolo che gli alberi potrebbero svolgere nella lotta ai cambiamenti climatici, è fondamentale prendere in considerazione diverse questioni.

Tempo

La scorsa settimana, un’app per la prenotazione di viaggi chiamata Hopper ha annunciato che donerà fondi per piantare quattro alberi per ogni volo prenotato sul suo sito.
L’azienda stima che la quantità media di anidride carbonica sequestrata da un albero sia di circa una tonnellata, più o meno quella prodotta da un passeggero su un volo acquistato tramite l’app. 

Il problema è che per far crescere un albero ci vogliono almeno 40 anni. Date le diverse specie, le condizioni climatiche e altri fattori, si prevedo che con quattro alberi per passeggero saranno necessari circa 25 anni per compensare la quota di emissioni di ciascun volo.

Sarebbe quindi una illusione pensare che questo tipo di programmi di compensazione del carbonio rendano le nostre azioni immediatamente carbon neutral. Ma tale pensiero potrebbe incoraggiarci a continuare a immettere carbonio nell’atmosfera in un momento in cui le emissioni devono diminuire rapidamente, da subito.

Scala

Affinché gli alberi svolgano un ruolo importante nel clima, dovremmo trovare lo spazio per piantarne un numero incredibile. Un rapporto dell’anno scorso della National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine ha stimato che la rimozione e il sequestro di 150 milioni di tonnellate all’anno richiederebbe la conversione di quattro milioni di ettari di terra in foreste che non produrranno raccolti. Si tratta di un’area più grande del Maryland.

Ma gli Stati Uniti hanno prodotto circa 5,8 miliardi di tonnellate di emissioni lo scorso anno. In assenza di altre politiche climatiche, questi dati significherebbero che dobbiamo dedicare alla riforestazione quasi 155 milioni di ettari, ben oltre il doppio dell’area del Texas. Il problema è che gli Stati Uniti e la maggior parte delle nazioni non hanno queste grandi quantità di terra a disposizione. Inoltre, l’opera di conversione ha un costo per l’agricoltura e la produzione alimentare.

In effetti, un documento della scorsa settimana del Committee on Climate Change sostiene che il Regno Unito dovrebbe dedicare un quinto dei suoi terreni agricoli allo stoccaggio del carbonio, oltre a molti altri sforzi, affinché la nazione possa raggiungere il suo obiettivo di emissioni nette zero entro il 2050.

Dati i limiti di terra, i vincoli economici e altri fattori, lo studio delle National Academies stima la quantità “praticamente realizzabile” di rimozione di carbonio grazie alle foreste negli Stati Uniti a 250 milioni di tonnellate all’anno, ovvero 1/3 di ciò che abbiamo emesso l’anno scorso.

Piantare un trilione di alberi in tutto il mondo, ipotizzando una quantità relativamente alta di 2.000 alberi per ettaro, richiederebbe circa 500 milioni di ettari. Un articolo di “Science” molto discusso lo scorso anno ha stabilito che la quantità di terra in tutto il mondo che potrebbe supportare la riforestazione si attesta sui 900 milioni di ettari.

Jesse Reynolds dell’Università della California, a Los Angeles, ha messo in dubbio tali dati, rilevando che parte del terreno è probabilmente dedicato al pascolo del bestiame, mentre altri ritengono che gran parte di esso potrebbe non essere realmente adatto alla riforestazione.

I critici hanno anche messo in dubbio le conclusioni generali dello studio, che ha definito la piantagione di alberi “la migliore soluzione di cambiamento climatico oggi disponibile”, sostenendo che i ricercatori hanno sovrastimato in modo significativo la quantità di anidride carbonica potenzialmente immagazzinata per ettaro.

Contabilità

Ci sono sfide intrinseche e forse insormontabili nella valutazione accurata della quantità di anidride carbonica che stiamo rimuovendo attraverso gli sforzi di forestazione. Studi e inchieste giornalistiche hanno messo in luce che i programmi di compensazione delle emissioni di carbonio, compresi quelli istituiti dalle Nazioni Unite e dalla California, hanno decisamente sopravvalutato le riduzioni di CO2.

Il problema è che le compensazioni di carbonio sono spesso trattate come una sostituzione uno a uno, ritenendo che venga emesso lo stesso livello di CO2 che presumibilmente compensiamo. Quindi, se le riduzioni stimate sono gonfiate, può significare che finiremo per emettere più carbonio di quanto dovremmo.

Permanenza

È particolarmente strano vedere così tanti protagonisti della vita politica che condividono la scelta di piantare alberi nello stesso anno in cui abbiamo assistito a incendi catastrofici in Australia e alla diffusa deforestazione in Brasile, osserva Flegal. Quando gli alberi e le piante muoiono, a causa di incendi o disboscamenti o semplicemente cadendo, la maggior parte del carbonio intrappolato nei loro tronchi, rami e foglie semplicemente ritorna nell’atmosfera.

“Il semplice trasferimento delle scorte di CO2 dall’atmosfera alla biosfera terrestre non è un sequestro permanente delle emissioni”, ella afferma. “Chi immagazzina carbonio può diventare molto rapidamente una fonte di carbonio”.

Il problema diventerà probabilmente più grande con il peggioramento delle condizioni del clima nei prossimi anni. Si prevede che la siccità e le temperature più elevate siano a rischio per le foreste e le rendano più esposte alle infestazioni di coleotteri e ai grandi incendi.

Un’idea seducente

La maggior parte della ricerca rileva che dovremo rimuovere l’anidride carbonica dall’aria a livello globale per prevenire pericolosi livelli di riscaldamento e piantare alberi è il modo più economico e affidabile che abbiamo per farlo oggi su larga scala. Quindi non c’è dubbio che dobbiamo trovare modi migliori per incoraggiare, finanziare, monitorare e imporre politiche di forestazione e conservazione in tutto il mondo.

Ma un precedente documento delle National Academies ha scoperto che gli alberi non sarebbero nemmeno sufficienti per svolgere questo ruolo, le cosiddette emissioni negative, da soli. Avremo bisogno di altre soluzioni terrestri, come modi migliori per immagazzinare il carbonio nel suolo e una tecnica ancora allo stadio teorico nota come bioenergia con cattura e sequestro del carbonio

Se pensiamo di garantire il cibo a una popolazione globale in rapida crescita, probabilmente avremo bisogno di soluzioni tecnologiche che non occupino molta terra, come le macchine a cattura diretta dell’aria. Quindi sì, gli alberi possono e dovranno svolgere un ruolo nel sequestrare il carbonio già nell’atmosfera, almeno nel breve periodo. Ma questo è un motivo in più per cui non possiamo fare affidamento sugli alberi in sostituzione di politiche per la riduzione delle emissioni dei nostri sistemi energetici, di trasporto e agricoli.

Ed è difficile leggere l’improvviso entusiasmo del deputato repubblicano dell’Arkansas per la piantagione di alberi come qualcosa di diverso da uno cinico sforzo per smorzare le richieste crescenti per l’introduzione di regolamenti e tasse richiesti per realizzare quei cambiamenti.

Ci sono anche tante altre questioni complesse da considerare, tra cui l’alto costo dei tentativi di forestazione su larga scala, le emissioni aggiuntive che derivano dalla piantagione e dalla cura degli alberi e dal fatto che la copertura degli alberi può effettivamente assorbire il calore e aumentare il riscaldamento di qualche grado.

Ma la realtà è che le persone vogliono sentirsi dire che gli alberi sono in grado di risolvere questo problema. Le soluzioni apparentemente “naturali” sono molto più allettanti di quelle tecnologiche. Evitano compromessi inquietanti e costosi come gli impianti di gas naturale con sistemi di cattura del carbonio, centrali nucleari e linee di trasmissione a lunga distanza.

Quindi le persone e le pubblicazioni in tutto lo spettro politico saranno inclini ad abbracciare il mito secondo cui gli alberi ci salveranno e coloro che sperano di bloccare o limitare politiche più efficaci lo sfrutteranno senza remore.

Foto: Casey Horner / Unsplash

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