Joi Ito, direttore del MIT Media Lab, si dimette per i legami con Jeffrey Epstein.

In alcuni nuovi documenti si sostiene che Ito ha sollecitato attivamente finanziamenti da Epstein e ha sistematicamente cercato di nascondere questo rapporto stretto.

di Angela Chen, Karen Hao e Gideon Lichfield

Qualche giorno dopo aver annunciato la sua intenzione di rimanere al MIT Media Lab e iniziare un percorso di “terapia olistica”, Joichi Ito, il suo direttore, si è dimesso per i suoi legami con il finanziere Jeffrey Epstein, accusato di abusi sessuali, sfruttamento della prostituzione femminile e traffico di minori.

L’annuncio arriva a poche ore di distanza dalle nuove accuse del “New Yorker” e del “New York Times”, secondo cui i legami di Ito con Epstein erano più estesi e segreti di quanto avesse ammesso in precedenza.

Il 15 agosto, Ito, alla guida del prestigioso ente di ricerca dal 2011, si è scusato per aver ricevuto finanziamenti per la ricerca da Epstein per diversi anni, sostenendo di averlo fatto con il pieno sostegno dell’università

Ma il “New Yorker” e il “New York Times”, grazie a un informatore che lavorava presso il Media Lab, hanno riferito che avrebbe preso molto più denaro di quanto precedentemente divulgato e avrebbe coperto i legami più estesi del finanziere con il laboratorio, anche se Epstein era stato definito nel database del MIT un donatore “sgradito”.

Epstein è stato condannato nel 2008 per aver indotto una ragazza minorenne alla prostituzione. Dopo che un’indagine del “Miami Herald” del 2018 ha riaperto il caso, rivelando che probabilmente gli illeciti sessuali erano molto più estesi e includevano anche un traffico di minori, Epstein è stato arrestato con l’accusa di abusi sessuali e traffico di esseri umani a luglio. È morto per suicidio in prigione, ad agosto.

Dopo le prime rivelazioni secondo cui il Media Lab aveva preso i soldi di Epstein, Ito ha ricevuto allo stesso tempo sostegno e inviti dimettersi da importanti membri della comunità tecnologica. Le ultime rivelazioni hanno colto di sorpresa diversi sostenitori iniziali, portando almeno uno a scusarsi pubblicamente su Twitter:

Jonathan Zittrain
@zittrain

In risposta a @dphiffer
Sono mortificato per questa storia e la sto ancora elaborando. Mi pento di non aver scritto i miei pensieri la scorsa settimana, invece di firmare la lettera di qualcun altro. So comunque che potrei cambiare idea di nuovo.

In una riunione interna al laboratorio, il 4 settembre, Ito ha ammesso di aver ricevuto 525.000 dollari da Epstein per il Media Lab e 1,2 milioni di dollari per le sue imprese private.

Ma l’articolo del “New Yorker”, pubblicato il 6 settembre, ha rivelato che il laboratorio aveva preso almeno 7,5 milioni di dollari da altri due donatori, il magnate del private equity Leon Black e il fondatore di Microsoft Bill Gates, che erano passati attraverso Epstein (Un portavoce di Gates afferma che “qualsiasi affermazione in cui si afferma che Epstein abbia gestito fondi destinati ad altri o personali per Bill Gates è completamente falsa”).

Il periodico statunitense ha anche detto che Ito aveva sollecitato finanziamenti direttamente da Epstein e che lui e il suo staff avevano sistematicamente lavorato per cancellare il nome di Epstein dalle donazioni, in modo che i finanziamenti non venissero bloccati dal MIT. 

Le e-mail fornite al “New Yorker” e al “New York Times” da Signe Swenson, una ex dipendente del laboratorio, hanno mostrato che Ito, insieme a Peter Cohen, ex responsabile di sviluppo presso il laboratorio, hanno fatto in modo che il denaro ricevuto da Epstein rimanesse anonimo.

Swenson ha detto al “New Yorker” di aver ripetutamente espresso il suo disagio per i legami del laboratorio con Epstein, ma le è stato risposto: “Eè nostra intenzione farlo in qualsiasi caso”.

Nelle sue scuse, Ito aveva anche affermato di “non aver mai avuto riscontri degli atti orribili di cui Epstein è stato accusato”. Ma nel 2015, Epstein ha visitato il Media Lab, accompagnato da due giovani donne che sembravano modelle, ha riferito Swenson al “New Yorker”. 

Secondo l’ex dipendente del laboratorio, Ito era ben consapevole del desiderio di Epstein di essere accompagnato dalle due donne, in quanto avrebbe detto a Cohen che Epstein “non entra mai in nessuna stanza senza le sue due ‘assistenti’ femminili”.

Ito ha dichiarato al “New York Times” che l’articolo del “New Yorker” era “pieno di errori nel riportare i fatti”, ma non ha approfondito ulteriormente. Le nuove rivelazioni oltre a essere particolarmente negative per Ito e Cohen, evidenziano anche il problema sistemico che circonda i finanziamenti legati a Epstein. 

Secondo il “New Yorker”, i legami nascosti con il finanziere erano così ampiamente conosciuti al Media Lab che il personale dell’ufficio di Ito iniziò a chiamarlo “colui che non deve essere nominato” o “Voldemort”. 

Rimangono ancora delle domande aperte su come le donazioni abbiano eluso il controllo da parte del MIT. Secondo una dichiarazione rilasciata ad agosto dal suo presidente, Rafael Reif, ad agosto, “le decisioni sulle donazioni sono sempre soggetti a esami procedurali e al rispetto dei principi dell’Istituto”. 

I dettagli della vicenda che emergono, sottolineano ciò che molti ricercatori del Media Lab e della più ampia comunità tecnologica hanno detto fin dall’inizio sul caso di Epstein: è un caso estremo, ma è sintomatico della mancanza di trasparenza nelle relazioni tra le istituzioni accademiche e una rete elitaria di donatori.

Oggi, in un’e-mail indirizzata a tutto il MIT, Reif ha annunciato le dimissioni di Ito e ha affermato di aver chiesto al consiglio generale dell’Istituto di affidarsi a “un importante studio legale” per condurre un’indagine indipendente. È ancora in corso un’indagine interna, partita il mese scorso, sui sistemi di raccolta fondi del MIT e sui controlli.

Ito, Cohen e il MIT non hanno ancora risposto alle richieste dirette di commento.

Foto: Joi Ito Phillip Faraone / Stringer / Getty

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