Abbiamo la prima cura ottenuta con la sola terapia genetica

Una terapia genetica per i ‘bambini bolla’ arriva a destinazione dopo 27 anni di viaggio.

di Antonio Regalado

Un trattamento, in attesa di approvazione in Europa, rappresenterà la prima terapia genetica in commercio capace di curare una malattia mortale. Si tratta di una pietra miliare per la terapia genetica, che da tre decenni si batte per dare prova della propria sicurezza ed efficacia.

La Strimvelis, il trattamento di proprietà della GlaxoSmithKline, si rivolge al deficit di adenosina deaminasi, una forma d’immunodeficienza combinata grave, una rara malattia che priva i neonati di ogni difesa contro virus, batteri, o fungi ed è spesso chiamata malattia dei ‘bambini bolla’. A differenza di ogni precedente tentativo di cura, questa terapia propone la completa guarigione grazie ad una singola correzione genetica. La terapia è stata testata su 18 bambini a partire da 15 anni fa. Sono tutti ancora in vita.

“Esiterei a chiamarla una cura definitiva, anche se non abbiamo motivi di pensare che non abbia effetti duraturi,” dichiara Sven Kili, a capo dello sviluppo delle terapie genetiche alla GSK. Il gigante farmaceutico britannico brevettò il trattamento nel 2010 presso l’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica di Milano, dove venne sviluppato e testato sui primi bambini.

Il primo di aprile, consiglieri europei hanno raccomandato l’immissione sul mercato della Strimvelis. Se la GSK otterrà, come previsto, l’approvazione necessaria, il farmaco sarà presto in vendita sul mercato europeo. La GSK procederà quindi l’anno prossimo ad ottenere l’approvazione necessaria per il mercato statunitense.

Questo nuovo farmaco della GSK potrebbe rappresentare l’inizio di una nuova fase nel campo della medicina. Le nuove cure potrebbero dipendere non più da ripetute assunzioni di farmaci, ma da una singola correzione genetica.

I bambini nati senza una copia corretta del gene chiamato adenosina deaminasi cominciano ad incorrere in infezioni mortali a pochi giorni dalla nascita. L’attuale cura per questa forma d’immunodeficienza, chiamata ADA-scid, è un trapianto del midollo, di per sé a volte fatale, o una cura a vita con enzimi che arriva a costare $5.000 a fiala.

Lo Strimvelis si avvale di una strategia di “riparazione e sostituzione”, così definita poiché i medici prima rimuovono cellule staminali dal midollo del paziente, quindi le imbevono di virus portatori di una copia corretta del gene ADA.

“Stiamo parlando di terapia genetica ex vivo— si estraggono le cellule, si correggono, si rimettono a posto,” descrive Maria-Grazia Roncarolo, pediatra e ricercatrice della Stanford University che diresse i primi esperimenti milanesi. “Per correggere una malattia a vita, bisogna inserire il gene nelle cellule staminali.”

La GSK non ha mai prodotto un farmaco così innovativo, né rivolto ad un pubblico così limitato. In tutto, non si calcolano, attualmente, più di 14 casi di ADA-scid in Europa e 12 negli Stati Uniti. La compagnia punta però alla maestria nel campo delle terapie genetiche e della manifattura di virus.

“Se cominciamo a produrre farmaci che salvano vite, possiamo poi passare a realizzarne per un pubblico più ampio,” dichiara Kili. “Siamo convinti che la terapia genetica sia un campo importante per il futuro della medicina; non vogliamo prendere scorciatoie o fare di fretta.”

I mercati osserveranno da vicino quanto la GSK deciderà di far pagare lo Strimvelis. Una terapia genetica di nome Glybera, infatti, debuttò sul mercato al costo di 1 milione di dollari, ma venne presto considerata un flop commerciale. Il problema sta nel decidere quanto far pagare un farmaco ad alto livello tecnologico che il paziente assumerà una volta sola nella vita.

Secondo Kili, la GSK non è ancora giunta a una decisione definitiva, ma il prezzo non si avvicinerà minimamente al milione di dollari, per quanto cercherà di rispettare la politica aziendale di ricavare un 14% di guadagno su ogni dollaro speso per la ricerca.

Non è la prima volta che si tenta di curare casi d’immunodeficienza con la terapia genetica. I primi tentativi avvennero, infatti, nel 1990. Ora del 2000, squadre francesi e londinesi avevano curato bambini affetti da una forma d’immunodeficienza simile all’ADA-scid, legata al sesso del paziente. Alcuni di questi bambini svilupparono però di seguito forme di leucemia, avendo i virus depositarono il proprio carico genetico nel punto sbagliato del genoma.

“Si trattò di un serio passo indietro,” racconta la Roncarolo, un segnale dei rischi inerenti alla terapia genetica.

L’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica presentò i propri risultati contro l’ADA-scid nel 2002 sulla rivista Science. Come i francesi, sembravano aver curato i pazienti, ma senza il rischio di cancro, grazie ad un approccio differente al problema. La GSK dichiara di essere in procinto di mettere in commercio svariate altre terapie genetiche sviluppate dalla squadra italiana.

“Non siamo al momento in grado di rivolgere la terapia genetica ad ogni malanno che affligge l’umanità,” dichiara Kili. “Per ora possiamo indirizzarla a malattie causate da un singolo, preciso, gene.”

(LO)

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