Alla scoperta di Ananas Liver, il vincitore del primo premio dell’edizione di Open Accelerator 2017

Una nuova soluzione terapeutica per l’epatite auto immune e la cirrosi biliare primitiva

di OpenZone

Nell’aprile del 2017 Zcube, Research Venture del gruppo farmaceutico Zambon, ha lanciato la seconda edizione di Open Accelerator, il programma fast track dedicato a start-up nelle Life Sciences. Con l’obiettivo di promuovere l’innovazione scientifica e digitale, Open Accelerator è un programma in 12 settimane che fornisce un percorso di training per ricercatori, scienziati ed aspiranti imprenditori.

La call ha visto la candidatura di 124 progetti provenienti da tutto il mondo e di questi 5 sono stati ritenuti i più meritevoli e selezionati come vincitori. Questo mese scopriamo la startup vincitrice del primo premio, Ananas Liver, che si è aggiudicata un investimento di 100.000 euro, l’accesso al campus OpenZone, nonché servizi di consulenza forniti da Deloitte Italia e assistenza legale da parte della società internazionale Bird & Bird.

Può raccontarci qualcosa su Ananas Liver?
Margherita Morpurgo: Ananas Liver è un progetto attraverso il quale ci prefiggiamo di portare una nuova soluzione terapeutica ai pazienti di epatite auto immune e cirrosi biliare primitiva. Si tratta di una tecnologia che tramite un sistema di drug delivery consente di  portare i farmaci direttamente dove ce n’è bisogno a livello epatico, aumentando l’efficacia del farmaco ed evitando completamente gli effetti collaterali connessi con le terapie attuali.
Il progetto è nato qualche anno fa all’Università di Padova e solo negli ultimi tre anni ha avuto una focalizzazione più specifica sulle patologie relative al fegato.

Come Zcube e il programma di Open Accelerator vi stanno aiutando a sviluppare questo progetto?
Margherita Morpurgo: Il programma Open Accelerator è stato molto utile per svariati motivi: il primo è che ci ha aiutato a focalizzare la nostra idea, non solo dal punto di vista scientifico, ma connotandola anche dal punto di vista di business. Grazie al lavoro dei mentor e del team, abbiamo creato un progetto che risponde alle logiche di mercato e che è proponibile a possibili investitori. Il programma crea una mentalità di business che fa da volano anche per altri ambiti. Nel mio caso per esempio, come professore e Delegato del Rettore per il trasferimento tecnologico nelle Scienze della Vita, sono riuscita ad applicare le nozioni apprese grazie ad Open Accelerator anche all’interno del mondo universitario.

Giovanni Rizzo: Il 2017 è stato un anno proficuo per Open Accelerator che si è concluso con la premiazione di progetti molto ambiziosi e ricchi di valore per i pazienti, come Ananas Liver. Con il 2018 Open Accelerator diventa un tassello strategico per Zambon poiché sarà focalizzato sulle aree terapeutiche del gruppo (CNS e Respiratorio), un vero fast-track per le startup che avranno la possibilità e la voglia di partecipare al programma di accelerazione.

Un consiglio per i tuoi colleghi scienziati?
Margherita Morpurgo: Ai miei colleghi vorrei dire che bisogna “ibridarsi” di più. Molto spesso affronto all’interno dell’accademia le problematiche e le difficoltà relative alla divulgazione della cultura del trasferimento tecnologico. Nonostante ritenga che gli scienziati debbano fare gli scienziati e gli imprenditori debbano valorizzare ciò che gli scienziati producono, è altrettanto vero che gli scienziati non possono esimersi dal farsi delle domande sul valore della loro tecnologia, imparando un linguaggio più manageriale che gli permetta di comprendere il valore delle loro scoperte e di proporlo in modo credibile e sostenibile sul mercato.

Perché secondo te Open Accelerator può essere una buona palestra ed è utile partecipare?
Margherita Morpurgo: Perché il programma può fungere da guida, grazie all’aiuto di esperti di settore, nella traduzione di una scoperta in qualcosa di attrattivo per il mercato. Open Accelerator si propone proprio come link tra il mondo della ricerca e quello dell’impresa, fornendo anche strumenti pratici per presentare la propria idea in maniera convincente rispetto agli interlocutori di riferimento, che non sono probabilmente interessati all’invenzione in termini scientifici, quanto al valore che quella invenzione può portare.

(lo)

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