Brevetti esercizi di globalizzazione

Nel secolo dell’economia globale gli inventori si trovano di fronte a più di 100 sistemi nazionali di brevetto. Riusciranno gli stati uniti a trovare un punto d’incontro con il resto del mondo per dare vita a un unico sistema di regole?

di Evan I. Schwartz

Il 23 maggio del 1997 l’inventore di Atlanta Clyde Bryant depositò la richiesta di brevetto statunitense per un suo progetto di un motore avanzato a combustione interna. Nelle descrizioni scritte costituite da 26 frasi e 34 pagine di diagrammi, egli descrisse un motore d’auto che mirava non solo a bruciare combustibile in modo più pulito, ma anche a garantire una coppia motrice più grande e un minor consumo del motore tradizionale. Bryant aveva già avviato un’azienda, Entec Engine, per sviluppare la tecnologia e tutte le sue prospettive future erano affidate alla richiesta del brevetto. Il procedimento fu abbastanza rapido e con un costo contenuto sotto i 10.000 dollari in spese legali e tasse di registrazione. Ma Bryant si trovò subito a fronteggiare un dilemma inevitabile: a causa della natura globale dell’industria automobilistica, se egli non avesse protetto la sua invenzione in tutto il mondo, qualcun altro avrebbe potuto brevettare e commerciare il motore in un paese diverso. «Il solo modo per evitare il problema era di registrare immediatamente il brevetto dovunque», egli dice. UN SISTEMA GLOBALE UNIFICATO DI BREVETTI POTREBBE RISULTARE ASSAI MENO ONEROSO. L’OBIETTIVO è STIMOLANTE. MA NON SARà SEMPLICE RAGGIUNGERLO. 

Entec di Bryant appartiene al crescente numero di aziende che si muovono nella giungla internazionale dei brevetti, in cui 120 sistemi di brevetto nazionali mettono alle corde gli inventori con regole di esame e filosofie diverse, per non menzionare le difficoltà nella traduzione e le differenti tasse di registrazione. Lavorando con uno studio legale di Atlanta, in Georgia, che ha una sede a Monaco, in Germania, Bryant apprese che la mancata registrazione in alcuni paesi stranieri avrebbe rapidamente significato perdere i suoi diritti per sempre. «C’è parecchio lavoro da fare per riformulare le richieste in molti di questi paesi», egli spiega. 

Ma nei mesi successivi lo studio legale sfornò richieste per la Russia, l’Ucraina, la Georgia, l’Australia e Singapore. Attraverso l’Ufficio Brevetti europeo, Bryant registrò una richiesta che avrebbe protetto la sua invenzione in 23 altri paesi. Il costo di tutte le applicazioni: 78.000 dollari più un’esorbitante cifra di 200.000 dollari in spese legali. Quando il suo brevetto statunitense, numero 6.279.550, venne rilasciato nell’agosto del 2001, Bryant esultò, ma quando venne approvata la sua richiesta in Europa nel novembre del 2002, egli realizzò che avrebbe dovuto pagare quasi 7.000 dollari a paese per passare alla fase finale del rilascio del brevetto. Per coprire i costi, l’azienda di Bryant cedette quote di proprietà allo studio legale. 

La creazione di un unico sistema globale di brevetto avrebbe risolto questo problema a Bryant e ad altri piccoli inventori. Anche le grandi aziende multinazionali, che non hanno questo tipo di difficoltà, stanno spingendo per una «profonda armonizzazione» del settore, un’iniziativa internazionale per arrivare a un brevetto globale. Ma in cambio dell’eliminazione di tasse di registrazione doppie, dei costi di rilascio, dei requisiti della traduzione, un simile tentativo probabilmente richiederà importanti contropartite agli innovatori di tutto il mondo.

Perfino nella annuale graduatoria dei brevetti (si veda la tabella a pag. 46) che riporta il numero e il valore dei brevetti statunitensi ottenuti da 150 aziende in 8 settori ad alta tecnologia, l’armonizzazione sembra la parola d’ordine. Armonizzazione significa l’imposizione di una singola serie di regole globali ed è legata alla risposta a una controversa domanda: cos’è brevettabile? In particolare gli inventori statunitensi potrebbero essere indotti ad abbandonare il sistema del «primo a inventare», che da 200 anni regola in America le dispute tra inventori rivali, in favore del criterio del «primo a registrarsi» che è in uso in molti altri paesi. «L’obiettivo (dell’armonizzazione) è importante e la pressione per realizzarlo è considerevole», sostiene Joanne Hayes-Rines, direttrice di «Inventor’s Digest», la pubblicazione ufficiale della United Inventors Association americana. «Ma non sarà facile conseguirlo».

L’economia globale spinge verso l’armonizzazione. Gli anni Novanta hanno visto un modesto incremento del 27 per cento nel numero di invenzioni alla ricerca di brevetti in tutto il mondo. Durante lo stesso periodo, comunque, un’esplosione di registrazioni paese per paese ha moltiplicato il numero complessivo di richieste relative a queste stesse invenzioni di circa 5 volte, secondo la World Intellectual Property Organization, l’associazione che sovrintende le trattative per l’armonizzazione. «è una conseguenza della globalizzazione», afferma Francis Gurry, vicedirettore generale dell’organizzazione. Circa il 90 per cento degli oltre 7 milioni di richieste di brevetti registrate ogni anno a livello mondiale sono state presentate per la stessa invenzione in più di un paese, egli spiega. La riduzione di questo numero richiederà la creazione non solo di un migliore sistema globale di registrazione, ma anche di un metodo comune di verifica. La soluzione, egli continua, consisterà nel mettere insieme i tre grandi – il Patent and Trademark Office statunitense, l’Ufficio Brevetti europeo e l’Ufficio Brevetti giapponese – «per trovare un accordo sui tratti fondamentali del diritto dei brevetti».

Comunque, il sistema dei brevetti statunitensi contrasta aspramente con gli altri sistemi. Mentre tutti gli altri paesi concedono un brevetto a chi per primo registra una richiesta, gli Stati Uniti mantengono un elaborato processo legale per stabilire la precedenza tra inventori rivali, senza tener conto delle date di registrazione. Un tentativo del 1989 di sviluppare un singolo sistema mondiale di brevetti convinse il Canada a passare al metodo del «primo a registrarsi», ma gli incontri per il negoziato si interruppero quando gli Stati Uniti rifiutarono il compromesso su questo punto, soprattutto a causa della decisa resistenza da parte degli inventori indipendenti che sostenevano che in tal modo si sarebbe offerto un vantaggio alle grandi aziende con a disposizione le risorse per registrare i brevetti velocemente e produttivamente. «Il sistema europeo del primo a registrarsi è semplice, ma talvolta non è giusto», ammette Barbara Cookson, una socia di Tabarro Nathanson, uno studio legale con sede a Londra. «Il sistema americano aspira alla giustizia, ma a un costo tremendo». Ciò succede perché le cause per dirimere i conflitti tra più concorrenti allo stesso brevetto possono prevedere l’esibizione di una lunga serie di testimoni e prove come i libri autenticati dei laboratori e i prototipi. Stabilire chi è stato realmente il primo a realizzare un’invenzione può richiedere anni e costare milioni di dollari. 

Il dibattito è saturo di emotività. La capacità di dimostrare l’infondatezza delle richieste rivali è «l’unica difesa possibile» che una piccola azienda ha a disposizione quando si trova contro una grande azienda che registra brevetti in anticipo e in continuazione, sostiene Don Costar, fondatore della Nevada Inventors Association. Secondo molti inventori statunitensi, la prima legge brevettuale firmata dal presidente George Washington nel 1790 è chiara su questo punto. Costar ritiene che il principio sia previsto anche dalla Costituzione. Gli estensori «scrissero gli articoli in totale opposizione a quanto stava avvenendo in Inghilterra», egli dice. «Essi videro che l’inventore era steso in un fosso con la gola tagliata, mentre chi presentava l’invenzione al Re godeva di tutti i vantaggi e le ricchezze».

D’altronde, anche molte grandi aziende desiderano cambiare sistema. «Siamo un’azienda internazionale e crediamo nell’armonizzazione», afferma Fred Boehm, assistente legale generale di IBM. «Si eliminerebbe così il problema della interferenza negli Stati Uniti; siamo già stati coinvolti in troppi casi del genere». A Boehm piacerebbe che gli Stati Uniti abbandonassero il sistema del primo a inventare in cambio dell’adozione da parte degli altri paesi della consuetudine americana di concedere una dilazione di un anno prima della registrazione. Il periodo di dilazione consente agli inventori americani di pubblicare saggi e di parlare in pubblico delle loro creazioni senza mettere in discussione i loro diritti di brevetto. Nella maggior parte del resto del mondo, invece, queste attività li priverebbero dell’idoneità al brevetto. Gli inventori al di fuori degli Stati Uniti «devono agire in totale segretezza», sostiene Hayes-Rines.

Questo passaggio storico è considerato probabile dagli esperti del settore. «Il sistema americano del primo a inventare non è più un problema», afferma Q. Todd Dickinson, direttore del Patent and Trademark Office sotto il presidente Clinton. Dickinson ora rappresenta l’American Bar Association nei negoziati per l’armonizzazione dei brevetti tenuti ogni sei mesi dalla World Intellectual Property Organization a Ginevra. Malgrado l’Associazione forense americana sia divisa su tale questione, «credo che riusciremo a convincere i nostri concittadini della validità del sistema del primo a registrarsi», spiega Dickinson. «Un’ipotesi di lavoro a Ginevra è che gli Stati Uniti dovranno prendere una decisione su questo problema già al prossimo incontro». Gli inventori indipendenti, egli continua, hanno ora poche scuse per non registrarsi subito. Internet garantisce risorse abbondanti, inclusa la possibilità di registrarsi online, e una richiesta provvisoria di un anno per la registrazione del brevetto, che è stata introdotta nel 1995, fornisce un modo semplice di vincolare una data di registrazione per soli 80 dollari mentre l’inventore perfeziona l’applicazione.

Ma permangono alcune difficoltà nel passaggio al sistema del primo a registrarsi. Lois Boland, il responsabile della delegazione statunitense ai negoziati sull’armonizzazione dei brevetti, dice che per ora la strategia americana è quella di lasciare fuori dal tavolo di Ginevra la questione potenzialmente dirompente del primo a inventare, per non mettere in agitazione gli inventori indipendenti degli Stati Uniti. Allo stesso tempo, l’attuale direttore dell’Ufficio Brevetti, James E. Rogan, è prudente sull’argomento. Lo scorso ottobre in un discorso alla Heritage Foundation, Rogan ha dichiarato di non vedere per gli Stati Uniti alcun bisogno di cambiare. Al momento l’Ufficio Brevetti statunitense sta proponendo un sistema di compromesso – il primo inventore a registrarsi – nel tentativo di contrastare l’opinione che sia abbastanza comune per un non inventore rubare un’idea e battere sul tempo il vero inventore all’ufficio brevetti. Altri problemi ora sul tavolo potrebbero rivelarsi più difficili da affrontare. Il più spinoso è la definizione di «contenuti brevettabili», in altre parole il raggiungimento di un accordo generale su cosa può essere brevettato, un argomento che provoca un vivace dibattito. «Gli Stati Uniti dicono che tutto ciò che si trova sotto il sole è brevettabile», afferma Gurry della World Intellectual Property Organization. Quasi tutti gli altri paesi, egli aggiunge, non sono d’accordo. Tra i punti più controversi ci sono i brevetti di modalità commerciali. Negli Stati Uniti – è in parte risaputo – è consuetudine rilasciare brevetti per procedure di acquisti su Internet con un singolo clic come nel caso di Amazon.com, che permette ai suoi clienti di salvare l’informazione relativa al pagamento e alla spedizione e di acquistare quindi i libri e gli altri articoli cliccando semplicemente una volta su un’icona. 

Gli Stati Uniti sono anche il paese più generoso nella concessione di brevetti per il software, le scoperte e le terapie genetiche. Quasi tutto il resto del mondo ha «un punto di vista differente», secondo Boland, favorendo il cosiddetto requisito dell’effetto tecnico per eliminare le idee che non prevedono componenti tecnologici. 

Nel frattempo si è creata una divisione tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo relativamente ai brevetti sulle piante medicinali e altre risorse biologiche. Le nazioni africane e latino americane sono favorevoli a regole che richiedano alle aziende straniere di ottenere il consenso per rimuovere queste risorse o non siano rilasciati brevetti che consentano loro di farlo. Le nuove regole dovrebbero rimpiazzare l’attuale mosaico di disposizioni legislative, nessuna delle quali ostacola la diffusione di questi brevetti. I sostenitori dell’ idea chiedono anche che sia menzionato il paese di origine di qualsiasi richiesta di brevetto. «Non c’è assolutamente alcun accordo su questo punto», riconosce Gurry.

Con una situazione così controversa, i funzionari impegnati nei negoziati non ritengono che sarà possibile arrivare a un documento che proponga una reale armonizzazione prima dell’autunno del 2004. Qualsiasi trattato globale sui brevetti dovrebbe essere ratificato dal Congresso e senza specifiche proposte sul tavolo è prematuro prevedere quale sarà l’esito del voto. 

Intanto i costi e la confusione causati dalle differenze nei sistemi di brevetto nazionali continuano a crescere. Boehm dice che IBM attualmente spende oltre 200 milioni di dollari all’anno per la protezione della sua proprietà intellettuale e le ridondanti richieste di brevetto paese per paese costituiscono una larga parte di queste spese. Gli inventori indipendenti quasi mai avanzano richieste globali, afferma Costar. «Quando scoprono il costo, abbandonano l’idea». Come per il motore di Entec, Clyde Bryant dice che la sua azienda sta in trattative con DaimlerChrysler e altri produttori per le licenze per la sua tecnologia. Anche se il prezzo è apparso eccessivo, Bryant è confortato dal fatto di avere una protezione globale: i colloqui con il gigante tedesco dell’auto non si stanno svolgendo a Detroit, ma a Stoccarda.

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