Cile

L’innovazione biotech migliora le industrie nazionali delle miniere e della pesca al salmone.

di Gonzalo Argandoàa

Come fa una piccola nazione sudamericana a competere economicamente con paesi che investono da dieci a venti volte la sua spesa in ricerca e sviluppo? Nel caso del Cile la strategia consiste nel cercare le soluzioni per le problematiche locali che altrove non sono ancora state risolte. In particolare, le università, le aziende private e le autorità di governo collaborano per sviluppare nuove applicazioni biotecnologiche per i settori vitali dell’economia cilena.

Prendiamo a esempio il settore minerario. Il Cile è il maggior produttore al mondo di rame; e il rame rappresenta circa il 50 per cento delle sue esportazioni. Ma sta diventando sempre più difficile trovare depositi ad alto tenore di minerale sfruttabili in modo semplice ed economico. Il governo ha pertanto incoraggiato una parnership tra l’azienda mineraria di stato Codelco e la giapponese Nippon Mining and Metals. Una joint venture tra le due organizzazioni, Biosigma, sta sviluppando l’uso di batteri per estrarre il rame dal minerale. Questo approccio, detto biominerario, è meno costoso e distruttivo per l’ambiente rispetto ai procedimenti convenzionali. «Siamo una delle prime aziende completamente specializzate nello sviluppo e nell’applicazione della genomica all’industria mineraria», afferma Ricardo Badilla, amministratore delegato della società di Santiago.

Da anni, i minatori cileni del rame impiegano i batteri per estrarre il rame e altri metalli dai concentrati di minerale a basso tenore. L’organismo più comunemente utilizzato è un batterio chiamato Acidithiobacillus ferrooxidans, che spezza i legami tra il rame e lo zolfo. I ricercatori di Biosigma hanno isolato un nuovo ceppo batterico che funziona meglio del suo vecchio originale. Il laboratorio ha analizzato la sequenza genetica del batterio e chiesto il brevetto su alcuni geni individuati (Biosigma si rifiuta di annunciare pubblicamente l’identità del nuovo batterio.) Il procedimento sembra talmente promettente che quest’anno Biosigma riceverà altri 16 milioni di dollari stanziati dai suoi fondatori per proseguire le attività. Biosigma prevede di effettuare le prime prove sul campo del nuovo batterio entro la fine di quest’anno.

«Speriamo di ottenere un incremento doppio o triplo nelle riserve di rame per Codelco», sostiene Badilla. Una simile espansione avrebbe un impatto sul mercato globale, perché Codelco possiede circa il 20 per cento delle riserve di rame complessive del pianeta.

Un’altra positiva collaborazione tra settore pubblico e privato ha prodotto una innovazione biotecnologica che non è rivolta al sottosuolo, ma all’acqua. Il settore cileno della pesca al salmone, secondo solo a quello norvegese, è minacciato da un batterio che cresce nelle cellule epatiche di quel pesce uccidendo un gran numero di esemplari negli allevamenti e causando all’industria ittica la perdita di 150 milioni di dollari all’anno. Dato che nell’emisfero settentrionale questo microbo – il Piscirickettsia salmonis – non provoca altrettanti danni, i ricercatori e gli imprenditori cileni dovevano trovare da soli il modo per combatterlo.

Il lavoro è stato coordinato da Pablo Valenzuela, responsabile delle ricerche del Millennium Institute of Fundamental and Applied Biology di Santiago. Valenzuela e collaboratori hanno ricavato il genoma del microorganismo killer e hanno così potuto indentificare i geni responsabili dell’infezione. Gli stessi geni sono stati utilizzati come base di un insieme di cinque vaccini che sono stati sperimentati con successo negli allevamenti di salmoni. Quello più efficace è stato ceduto in licenza a Novartis Vaccini Veterinari. Valenzuela stima che il mercato potenziale per il vaccino sia di 50 milioni di dollari annui a fronte di una ricerca costata solo 1 milione di dollari all’anno.

L’abisso che attualmente separa la ricerca universitaria cilena e le necessità dell’industria è considerato come uno dei principali limiti all’innovazione di questa, come di altre nazioni lationoamericane. Valenzuela ha proposto una strategia di incentivazione dello sviluppo di biotecnologie in cinque segmenti di fondamentale importanza per il Cile: le miniere, la piscicoltura, le foreste, il vino e la frutta. «L’idea alla base del piano», spiega Valenzuela in un recente documento, «punta a posizionare la biotecnologia cilena sotto l’ombrello delle iniziative di successo, su modello di quanto è avvenuto negli Stati Uniti con le organizzazioni di biotecnologia medica di cui si sono servite inizialmente le imprese farmaceutiche».

Il biotech può aiutare anche il settore vinicolo, cresciuto esponenzialmente in questi ultimi anni. Nicolas Beltran, ricercatore dell’Università del Cile a Santiago, ha lavorato con i produttori per sviluppare un sistema che sfrutta un normale sensore chimico – un “naso elettronico” – e una rete neurale artificiale per certificare qualità, purezza e origine dei vini. Il sistema può essere “addestrato” per distinguere tra cabernet sauvignon, merlot e chardonnay. Beltran oggi continua a lavorare per consentire al sistema di riconoscere le vallate in cui sono state coltivate le uve e certificarne la denominazione d’origine.

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