Cos’è l’ Apartheid alimentare, e perché colpisce innanzitutto le donne

La disuguaglianza nella produzione, distribuzione e consumo del cibo fa pagare il prezzo più alto alle donne. Anche se il problema della mancanza di equità ha radici più profonde

di MIT Technology Review Italia

Oggi, se una persona è povera o fa parte di una minoranza etnica, è meno probabile che abbia un facile accesso a cibo sano. Questa situazione, aggravata dal covid-19, è stata definita, negli Usa, “apartheid alimentare“. Problemi di disuguaglianza economica e razzismo sistemico permeano il sistema alimentare americano. 

Come riportato da “The Conversation”, i sussidi agricoli negli Stati Uniti vanno principalmente agli agricoltori bianchi, il che ha portato un gruppo di agricoltori neri a citare in giudizio il governo degli Stati Uniti per discriminazione. Le dispense alimentari, che distribuiscono cibo direttamente a chi ne ha bisogno, sono stigmatizzate in quanto il sistema alimentare sovvenzionato distorce il costo e il valore del cibo.

Capita spesso anche che le multinazionali, non i coltivatori locali, controllino il cibo prodotto dalle comunità: sottraendo loro denaro. E’ fondamentale capire se qualcuno viene emarginato e approfondire il ruolo che esercitano variabili quali il sesso, l’età, la disabilità, l’etnia e la religione.

Per esempio, i programmi di sviluppo internazionale dei governi e degli enti di beneficenza spesso si concentrano sull’aiuto alle donne perché considerate la fascia sociale più vulnerabile, anche se in questo modo si rischia di trascurare le diverse cause della povertà, comprese le questioni di classe e razza, emarginando altri gruppi a tutti gli effetti vulnerabili.

In Tanzania, per esempio, questo tipo di semplificazione eccessiva nel decidere chi riceve le risorse rafforza le gerarchie di potere esistenti all’interno delle comunità, il che significa che coloro che avevano poco potere sociale all’inizio, come le donne più povere, non possono beneficiare delle risorse fornite.

In Bangladesh, una ricerca di Parvin Sultana, del Flood Hazard Research Centre, in inghilterra, mostra che i progetti di sviluppo tendono a fare meglio quando tengono conto delle norme della comunità locale. In questo paese, le zone umide delle pianure alluvionali rappresentano un’importante risorsa naturale. Gli uomini esercitano la pesca, mentre le donne raccolgono piante acquatiche e lumache. Dal confronto tra diversi modi di suddivisione del lavoro, i ricercatori hanno scoperto che i progetti di gestione delle zone umide della comunità hanno ottenuto risultati migliori quando le persone hanno lavorato secondo i loro ruoli tradizionali in base sia al sesso che alla religione.

Una visione che vada oltre categorie come la “donna vulnerabile”, dovrebbe mirare a concentrare l’attenzione sui flussi diseguali di potere che modellano l’accesso alle risorse e integrare questa visione nella scienza alimentare. Per farlo, è fondamentale capire come le dinamiche di potere strutturano le decisioni all’interno dei sistemi alimentari, sia all’interno delle famiglie che all’interno delle istituzioni governative.

CARE International ha analizzato la partecipazione attiva e equa delle donne alle decisioni della comunità nel Burundi. Dalla ricerca di questa organizzazione umanitaria che lotta contro la povertà nel mondo, emerge che in agricoltura, le donne produttrici di cibo su piccola scala hanno uno svantaggio significativo, determinato anche in parte dalla perdita di biodiversità senza precedenti e al degrado ambientale, con relative minacce alla sicurezza alimentare e alla nutrizione.

Le donne, secondo l’organizzazione umanitaria che lotta contro la povertà nel mondo, tendono ad essere più dipendenti dai prodotti del loro locale sistemi di produzione per la loro sicurezza alimentare, carburante e altri prodotti e servizi, e quindi sono esposte maggiormente agli effetti del cambiamento climatico.

Oltre ad affrontare una diffusa discriminazione nella distribuzione dei beni, servizi e informazioni, le donne hanno potere decisionale limitato e sono spesso
escluse o emarginate dalla governance istituzionale e dai processi decisionali. I ruoli e le regole nella produzione, nell’elaborazione (compresa la cucina) e il marketing del cibo sono spesso divisi per genere e si traducono in relazioni di genere squilibrate.

Capire come progettare meglio i sistemi alimentari richiede che i ricercatori tengano conto di come il colonialismo abbia plasmato i processi alimentari e in buona parte continua a farlo oggi. La sua influenza, per esempio, si riflette nei moderni sistemi alimentari dominati dal mais in tutta l’Africa.

Un caso esemplificativo è lo Zambia. Durante la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, il governo coloniale di questo paese ha promosso la produzione di mais rispetto a quella di colture indigene come il miglio e il sorgo. Al giorno d’oggi, la produzione di mais continua a ricevere un sostegno sostanziale, con quasi l’80 per cento del bilancio agricolo annuale del governo speso per la produzione di questa pianta erbacea. Di conseguenza, il mais, che fornisce nutrienti limitati, domina la dieta dello Zambia, contribuendo all’insicurezza alimentare cronica nella regione.

Lo studio di situazioni simili offre un esempio di come i ricercatori possono contribuire a identificare aspetti della disuguaglianza che sfuggono a una prima analisi. Ancora oggi, di solito, sono gli studiosi dei paesi sviluppati, piuttosto che le loro controparti nei paesi in via di sviluppo, che stabiliscono programmi di ricerca e determinano come vengono spesi i soldi.

E la ricerca da tutto il mondo è spesso pubblicata solo in inglese, limitando l’accessibilità di tali informazioni all’interno delle comunità in cui non si parla inglese. Una maggiore consapevolezza su quali problemi affrontare e da quale prospettiva è un passo fondamentale per muoversi in direzione di una maggiore giustizia sociale ed economica.
Dal co-sviluppo di tecnologie agricole alla progettazione e al lancio di programmi alimentari, i ricercatori hanno infatti un enorme impatto sulla definizione delle priorità di tipo scientifico e su chi ne trae vantaggio.

(rp)

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