Etica della IA in salsa pechinese

Le sue nuove linee guida sulla libertà e la protezione della privacy segnalano che la Cina si sta aprendo al dialogo sulle finalità e le avvertenze necessarie negli usi della tecnologia.

di Will Knight

Questa settimana, scienziati e ingegneri cinesi hanno rilasciato un codice etico per la Intelligenza Artificiale, che potrebbe segnalare la volontà di Pechino di ripensare a come si può usare la tecnologia. Mentre il governo cinese è ampiamente criticato per l’uso della Intelligenza Artificiale come uno strumento per monitorare i cittadini, le linee guida appena pubblicate sembrano molto simili alle normative etiche stabilite dalle imprese e dai governi occidentali.

Gli orientamenti di Pechino in merito alla Intelligenza Artificiale sono stati annunciati pochi giorni fa dall’Accademia per la Intelligenza Artificiale di Pechino (BAAI), una organizzazione sostenuta dal Ministero cinese della Scienza e della Tecnologia e dal governo municipale di Pechino. I principi guida per la ricerca e lo sviluppo della Intelligenza Artificiale riguardano il rispetto della privacy, della dignità, della libertà, dell’autonomia personale e dei diritti umani.

Mentre sarebbe facile cogliere nei discorsi sulla privacy e sulle libertà individuali non poche oscurità e ambiguità, è più giusto segnalare una disponibilità sorprendente a discutere tali questioni all’interno dei circoli politici cinesi. «In realtà penso che questo sia uno sviluppo piuttosto buono», afferma Yasheng Huang, esperto di questioni economiche e politiche cinesi presso la Sloan Business School del MIT. «Sui diritti umani, mi pare di grande interesse che il governo cinese offra opportunità di discussione con gli Stati Uniti».

Il nuovo codice è stato sviluppato in collaborazione con le più importanti organizzazioni e aziende tecnologiche che lavorano sulla Intelligenza Aritificale in Cina, tra cui la Peking University, la Tsinghua University, l’Institute of Automation e l’Institute of Computing Technology, all’interno dell’Accademia cinese delle Scienze, e tre grandi aziende tecnologiche: Baidu, Alibaba e Tencent.

«Lo sviluppo della Intelligenza Artificiale è una sfida comune a tutta l’umanità. Solo attraverso il coordinamento su scala globale possiamo costruire una Intelligenza Artificiale che sia benefica tanto per l’umanità quanto per la natura», ha dichiarato Zeng Yi, direttore della BAAI, al “People’s Daily”, la pubblicazione ufficiale del Partito Comunista Cinese. «I principi di Pechino riflettono la nostra posizione, la nostra visione e la nostra volontà di creare un dialogo con la società internazionale».

Questo resta, ovviamente, un momento critico per le relazioni tra Cina e USA, soprattutto per quanto riguarda le tecnologie emergenti. Allarmati dai progressi della Cina in aree come la Intelligenza Artificiale e il 5G, l’amministrazione Trump ha impiegato le leve del commercio globale per attaccare e in alcuni casi paralizzare le principali aziende tecnologiche cinesi. Il gigante delle telecomunicazioni Huawei, per esempio, è stato preso di mira con controlli sulle esportazioni e sulle importazioni che minacciano di compromettere la sua attività.

Questo approccio sta creando sfiducia e dissensi che minacciano di creare nuove linee di faglia nel mondo tecnologico, che è diventato maggiorenne nell’era della globalizzazione e ha finito per contare sull’apertura economica che lo ha accompagnato.

Si dice che il governo degli Stati Uniti intenda accentuare i controlli sulle esportazioni delle società cinesi che vendono apparecchiature e software di sicurezza, come Hikvision e Dahua Technology, perché aiutano il governo cinese a implementare i sistemi di sorveglianza. Tuttavia, Huang del MIT sostiene che, proprio perché la Intelligenza Artificiale solleva questioni etiche, offre agli Stati Uniti e alla Cina la opportunità di parlare di questioni delicate come le libertà personali. E aggiunge che è insolito per il governo cinese offrire flessibilità su tali argomenti: «Accettando che queste questioni siano oggetto di confronto e dialogo, si ammette che non si ha il diritto di controllarle al cento per cento».

Nonostante la guerra commerciale in corso tra i due paesi, alcuni esperti occidentali hanno cercato di gettare nuovi ponti. Questa settimana, il World Economic Forum ha annunciato le proprie linee guida per la Intelligenza Artificiale di intelligenza, sviluppate in collaborazione con accademici, imprenditori e politici di Stati Uniti, Cina e altri paesi.

Uno dei co-presidenti del nuovo Consiglio per la Intelligenza Artificiale del WEF è Kai-Fu Lee, un importante investitore del settore con sede a Pechino, il quale in precedenza ha contribuito a stabilire gli avamposti di Microsoft e Google in Cina. Lee afferma che il gruppo del WEF ha constatato che i principi cinesi sembrano molto simili a quelli sviluppati dai paesi e dalle società occidentali. «Ciò ci rende piuttosto ottimisti”, conclude.

Per altro, trovare un terreno comune nel clima attuale può ancora rivelarsi difficile. Il Partito comunista cinese mantiene uno stretto controllo sulle imprese nazionali e non mostra la intenzione di alleggerire i suoi criteri per il monitoraggio dei cittadini. Ma secondo Huang del MIT proprio queste tensioni persistenti rendono ancora più importanti i principi della Intelligenza Artificiale messi a punto da Pechino: «Non impegnarsi con la Cina su questo argomento sarebbe controproducente».

(GV)

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