Fluorescenza e nuovi metodi per la biofisica molecolare

Ricercatori del Center for Nanotechnology Innovation (CNI) di IIT a Pisa hanno elaborato nuovi metodi di studio delle immagini ottenuti da microscopia a fluorescenza.

di Fonte IIT

La microscopia a fluorescenza tradizionale si basa sullo studio del comportamento delle molecole fluorescenti (usate come marcatori) all’interno delle cellule, che emettono tracce di luce dal campione biologico a cui sono state ancorate, sia esso la membrana cellulare, proteine, o strutture interne del nucleo.

La fluorescenza, cioè, permette di registrare in immagini l’esistenza di strutture altrimenti non visibili.

E’ lo studio di queste immagini che rende comprensibile il comportamento del campione biologico nello spazio e nel tempo, e la sua funzione.

Francesco Cardarelli e Carmine Di Rienzo del CNI di Pisa, in stretta collaborazione con i colleghi della Scuola Normale Superiore e del Laboratory for Fluorescence Dynamics dell’Università della California a Irvine, hanno messo a punto e presentato i risultati ottenuti.

La strada scelta è stata di avere esteso gli strumenti (matematici e sperimentali) di analisi e interpretazione di queste immagini, trasformando semplici sequenze di immagini in mappe che ci rivelano quanto le molecole si muovono, come esplorano lo spazio che le circonda, e come da questo sono influenzate – è come se si potesse guardare il mondo dal punto di vista della molecola fluorescente in studio.

I ricercatori sono partiti dell’analisi delle fluttuazioni spontanee (nello spazio e nel tempo) del segnale di fluorescenza che proviene dalle molecole, un parametro abitualmente registarto in ogni esperimento, ma spesso sottovalutato. Queste fluttuazioni contengono traccia di come le molecole si muovono, del dove vanno, del con cosa interagiscono, in altre parole contengono traccia della loro funzione.

I nuovi strumenti matematici permettono di passare da un’immagine statica del campione biologico a una mappa dinamica, da cui è possibile prevedere il comportamento delle molecole all’interno della cellula.

Gli autori, inoltre, riflettono sulla risoluzione spaziale alla quale ci si può spingere con i metodi proposti. Un limite invalicabile, fino ad oggi, era dettato dall’utilizzo della luce come strumento di indagine (limite della diffrazione). Gli autori ci dimostrano che possiamo ricostruire la dinamica dei processi molecolari ben al di sotto di tale limite, fin giù alla nanoscala, la scala delle molecole, ottenendo cioè una “super risoluzione”, ma senza la necessità di un microscopio a super-risoluzione.

(SA)

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