Gli hacker saranno l’arma preferita dai governi nel 2020

Dalle Olimpiadi alle elezioni, le nazioni usano gli hacker per imporsi nel più vasto scacchiere geopolitico.

di Patrick Howell O’Neill

Quando la Russia è stata recentemente esclusa dalle Olimpiadi per altri quattro anni con una decisione unanime dell’Agenzia mondiale antidoping (WADA), la reazione immediata da Mosca è stata rabbia. Ora il resto del mondo è in attesa di vedere come la reagirà la Russia questa volta.

Nei libri di storia, il 2016 rimarrà per sempre noto per l’interferenza russa senza precedenti nelle elezioni presidenziali americane, ma fino a quando non è emersa, una delle campagne informatiche più aggressive di quell’anno si era incentrata sulle Olimpiadi. 

Nel periodo precedente ai giochi estivi in Brasile, la WADA aveva scoperto un utilizzo generalizzato del doping da parte della nazionale russa e aveva raccomandato un divieto di partecipazione.

In risposta, gli hacker più famosi di Mosca hanno preso di mira una serie di funzionari internazionali e hanno fatto trapelare documenti reali e manipolati nel tentativo di evitare sanzioni. Il Comitato Olimpico Internazionale ha respinto il divieto totale e ha permesso ai singoli atleti di partecipare individualmente. 

Successivamente, la cerimonia di apertura dei giochi invernali 2018 in Corea del Sud è iniziata con grande ottimismo, giochi di luci e manifestazioni spettacolari, accanto a un attacco informatico mirato noto come Olympic Destroyer, progettato per sabotare le reti e i dispositivi durante l’evento.

Le origini dell’attacco sono rimaste nel vago, anche se il tipo di malware indicava la Corea del Nord e la Cina come autori, ma dopo che gli investigatori sono venuti a capo dei tentativi di depistaggio, è diventato evidente che alcuni degli hacker più esperti del governo russo ne erano protagonisti.

In una serie di post, gli hacker hanno sostenuto con toni accesi che “con il pretesto di difendere lo sport pulito”, gli ‘Illuminati anglosassoni’ stavano cercando solo di mantenere il potere nel mondo dello sport”. Era chiaro che i russi vedevano le Olimpiadi come parte di una più grande competizione mondiale e guardavano all’hacking come l’arma preferita per avere la meglio. Alla fine, quasi nulla è stato fatto per colpire i responsabili.

In effetti, come spiega la letteratura recente, le capacità informatiche si stanno espandendo e stanno trasformando il vecchio gioco dell’arte di governare. I russi sono impegnatri a fianco di americani, cinesi, iraniani, nordcoreani e altri paesi nell’usare gli hacker per cambiare la storia e cercare di piegare la geopolitica alla loro volontà.

“Per oltre due decenni, l’arena internazionale della competizione digitale è diventata sempre più aggressiva”, scrive Ben Buchanan, professore alla School of Foreign Service della Georgetown University, nel suo libro di imminente uscita The Hacker and the State

“Gli Stati Uniti e i suoi alleati non possono più dominare il campo come una volta. Devastanti attacchi informatici e violazioni sistematiche dei dati animano la feroce lotta tra Stati”. Con un occhio accademico, Buchanan confronta e contrappone le tattiche emergenti ai modi tradizionali di conflitto militare, competizione nucleare e spionaggio per dare un senso alla nuova era. Il libro analizza come i governi usano gli attacchi informatici per “modificare il terreno di gioco” fondamentalmente “cambiando le carte in tavola”.

Gli americani hanno una lunga storia di sfruttamento a loro “vantaggio delle gigantesche aziende tecnologiche e di telecomunicazioni del paese, nonché la loro posizione centrale nell’infrastruttura di Internet per attuare azioni informatiche che hanno contribuito ad avere la meglio durante una serie di negoziati alle Nazioni Unite”, dice Buchanan.

Sandworm, un nuovo libro del giornalista Andy Greenberg, si concentra su più gruppi di hacking russi interconnessi, responsabili non solo della tentacolare campagna contro le Olimpiadi, ma di un elenco incredibilmente lungo di azioni spettacolari. Hanno provocato un blackout in Ucraina irrompendo nei servizi pubblici, penetrato nel Comitato nazionale democratico in America e messo in ginocchio ospedali, porti, aziende e agenzie governative con un malware chiamato NotPetya. 

Questa debacle rende legittime i grandi interrogativi che accompagnano la nuova era: quali sono le regole? Quali sono le conseguenze? 

Sebbene possa sembrare che gli attacchi informatici colpiscano principalmente reti e computer, i conflitti su Internet possono riguardare tutti direttamente – quando, per esempio, le apparecchiature mediche sono compromesse – e indirettamente, rimodellando con forza la realtà geopolitica in cui tutti viviamo.

“Se l’escalation della guerra cibernetica continua senza controllo”, scrive Greenberg, “le vittime dell’hacking sponsorizzato dallo stato potrebbero essere esposte a rischi ancora più distruttivi. Gli attacchi digitali realizzati per la prima volta in Ucraina suggeriscono uno scenario futuro in cui gli hacker provocano blackout che durano giorni, settimane o anche più a lungo, con privazioni dell’elettricità dagli esiti nefasti, come dimostrato dalla tragedia americana di Puerto Rico dopo l’uragano Maria”. 

All’inizio di un nuovo decennio, la minaccia più immediata nelle menti di molti americani è, ancora una volta, l’interferenza elettorale. Le elezioni del 2020 minacciano di portare avanti il modello di escalation iniziato quando la campagna di Barack Obama è stata hackerata nel 2008, e ha avuto un picco quando Donald Trump è diventato il primo a beneficiare direttamente dell’hacking da parte di una potenza straniera. 

Hacker States, un libro in uscita dei professori universitari britannici Luca Follis e Adam Fish, distingue tra le diverse dimensioni della distruzione. Il fatto che un attacco informatico raggiunga o meno un obiettivo tecnico specifico (malware installato, account preso in consegna, violazione dei dati) può minare la fiducia nella democrazia.

“Non si tratta solo di manomissione, guerra delle informazioni o campagne di influenza, ma riguarda anche le infrastrutture molto fisiche e i sistemi complessi responsabili di quanto ci circonda, dall’assistenza sanitaria al conteggio dei voti”, scrivono Follis e Fish. 

“Nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2016, gli hacker russi hanno preso di mira i sistemi di voto elettronico di oltre cento elezioni locali. Anche quando la manomissione non ha successo o quando non vengono sottratte informazioni dannose, il sospetto generato dalla scoperta di codice maligno (o rapporti sulla penetrazione dei sistemi) parla di una nuova politica cospirativa e ansiosa, in cui la questione della legittimità democratica è lasciata aperta e senza risposta”.

Forse il banco di prova delle elezioni del 2020 sarà, ancora una volta, l’Olimpiade. I giochi estivi del 2020 si terranno a Tokyo, e i russi hanno già mostrato “interesse” all’evento con diversi attacchi informatici di successo nei confronti degli organizzatori. Nonostante i riflettori sulle loro attività, non ci sono state praticamente conseguenze per quello che i russi hanno fatto alle Olimpiadi negli ultimi quattro anni, quindi è abbastanza prevedibile che la situazione si riproponga. 

L’ultimo decennio è stato caratterizzato da nazioni che sfruttano il potere dell’hacking per vincere guerre, elezioni e altre battaglie di vario tipo. Le potenze mondiali continueranno a usare quest’arma per modellare la politica a proprio vantaggio. Sia nei Giochi olimpici che nelle elezioni, anche il più piccolo vantaggio fa la differenza.
La competizione su entrambi i fronti è già in corso.

(rp)

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