Google vs Facebook

Facebook ha creato un club esclusivo di 500 milioni di persone, da cui Google è rimasta fuori.
Ma l’azienda di Page e Grin è intenzionata a dare battaglia, anche se non sarà facile.

di Paul Boutin

Lo scorso inverno, Google ha lanciato la sfida a Facebook, ma il tentativo è rapidamente fallito. Google Buzz, la rete sociale che Google ha provato a costruire intorno al suo popolare servizio Gmail, non si è dimostrata all’altezza del suo nome. Ha convinto solo una modesta frazione dei più di 100 milioni di utenti e ha provocato un’azione legale, suscitando inoltre preoccupazioni per la privacy. Ma Google non si è arresa e ha intrapreso una serie di iniziative su scala ancora più grande. Ha infatti speso centinaia di milioni di dollari per acquistare aziende Web e ingaggiare talenti per fermare, o almeno rallentare, il dominio di Facebook nelle reti sociali on line (il progetto è stato nominato Google Me, secondo indiscrezioni di Silicon Valley).

Perché Google – la società per azioni con i più alti profitti sul Web, che non incontra difficoltà a ottenere provvigioni dagli inserzionisti on line – sfida Facebook?

La risposta è semplice: Facebook, fin dall’inizio, ha tenuto lontano la rete di Google dal suo esclusivo club di 500 milioni di membri. Se si vuole andare alla ricerca di una persona che si conosce, ci si collega a Facebook. Probabilmente Google offrirebbe solo una striminzita pagina di profilo, che sembra fatta apposta per spingere chi si collega a spostarsi su Facebook. Questa piattaforma sociale permette all’utente di riconfigurare il profilo con foto e informazioni personali, ma impedisce ai motori di ricerca come Google di includere gli aggiornamenti che costituiscono il contenuto principale del sito.

Il rapporto tra Google e Twitter è del tutto diverso. è vero che Google Buzz ha rappresentato un tentativo dichiarato di sottrarre utenti a quel servizio, prendendo anche in prestito la terminologia di Twitter che permette di “seguire” gli altri on line. Ma Google non deve sostenere una battaglia campale con Twitter, perché dietro pagamento può indicizzare i contenuti di questo servizio di rete sociale. Il rapporto tra Google e Facebook appare molto più complesso, perché queste due aziende hanno visioni differenti di Internet. Dal punto di vista di Google, Mark Zuckerberg, l’ideatore del più famoso social network al mondo, ha costruito una nuova rampa di uscita che sottrae utenti dalla sua autostrada di informazioni facilmente reperibili, per portarli nel dominio privato di Facebook. «Per molte persone Facebook incarna Internet e, al momento, il suo slancio sembra irrefrenabile», sostiene Mike Kuniavsky, autore di Smart Things, un libro che analizza le diverse esperienze degli utenti. Nell’immaginario collettivo Facebook è diventato l’immagine di Internet, scalzando Google.

Come può Google convincere ad abbandonare Facebook? Di recente Facebook ha rimosso l’ostacolo più grande, che costringeva i suoi utenti a rimanere “prigionieri” all’interno del sito. Su Facebook le persone passano ore a curare foto, aggiornamenti informativi e liste di amici per mantenere attivi i contatti. Da ottobre, solo con qualche click, i membri del sito possono scaricare tutti i loro materiali e salvarli sul computer. Google potrebbe trarre vantaggio da questa nuova situazione, aiutando gli utenti a scaricare i loro file da Facebook in nuovi indirizzi. Google potrebbe anche segnalare agli utenti quali amici stanno eseguendo la stessa operazione.

Ma gli utenti non emigreranno solo perché è facile farlo. «Facebook ha acquistato sempre più valore per l’utenza man mano che si univano nuovi partecipanti», afferma Justin Smith, fondatore di Inside Network, un’azienda di ricerche di mercato che monitorizza il sito. «Questi effetti di rete hanno un peso rilevante». In realtà, potrebbe essere già troppo tardi per modificare la situazione. «Difficilmente gli utenti abbandoneranno Facebook», dice Bernardo Huberman, direttore del Social Computing Lab di Hewlett Packard. «L’unico evento in grado di cambiare radicalmente i rapporti di forza in campo potrebbe essere una seria violazione della privacy, che allontanerebbe le persone dal sito».

Google deve quindi fornire alternative valide per indurre gli utenti a lasciare Facebook. Il terreno prescelto è quello dei giochi. Molti americani si stanno cimentando con FarmVille, un gioco ad alto tasso di assuefazione, disponibile gratuitamente su Facebook, che simula la vita in una fattoria. Google non è mai stato un sito di giochi, ma se fosse in grado di presentare una proposta altrettanto allettante, potrebbe sottrarre “giocatori” a Facebook. Per questa ragione, nel 2010, Google ha investito tra i 100 e i 200 milioni di dollari in Zynga, l’azienda che ha creato FarmVille e Mafia Wars, un altro gioco popolare su Facebook. Si dice che Google abbia anche speso 70 milioni di dollari per l’acquisto di Jambool e della relativa piattaforma di pagamenti virtuali, chiamata Social Gold. Gli utenti possono utilizzare questa piattaforma invece della carta di credito per fare acquisti tra i giochi di Google.

L’azienda potrebbe anche migliorare l’interfaccia utente. Si può forse negare che in Facebook regni la confusione? Negli ultimi quarant’anni, gli informatici hanno introdotto regole per definire delle interfacce “intuitive”, per evitare che l’utente sia costretto a leggere manuali, seguire corsi o chiedere agli amici di spiegare loro il funzionamento dell’interfaccia. Eppure su Facebook è difficile persino trovare il contenuto del profilo personale, arrancando nel tentativo di sbrogliarsi tra lunghi messaggi, tag, aggiornamenti e commenti. Il margine per organizzare in modo più avanzato i contenuti della rete sociale è ampio. Forse Google è in grado di farlo con la tecnologia acquisita da Like.com, un motore di ricerca “visiva” che ha comprato per una cifra superiore a 100 milioni di dollari. O potrebbe adottare la tecnologia di �ngströ, un’azienda di ricerca sociale acquistata questa estate. Inoltre, sfruttando le sue risorse, Google riuscirebbe a velocizzare i tempi di caricamento delle pagine rispetto a Facebook. Nei test relativi alla velocità di ricerca nelle sue pagine, Google ha scoperto che solo un decimo di secondo in più nel tempo di caricamento è sufficiente per allontanare l’utente. Se Google riesce a fare sembrare lento Facebook, acquisirebbe un vantaggio importante.

Google potrebbe inoltre presentare la sua rete come il bastione della privacy. Come osserva Huberman, le preoccupazioni per la privacy non hanno rallentato lo slancio di Facebook. Gli utenti si chiedono se Facebook segua i loro movimento in rete o lasci trapelare informazioni su quello che fanno on line, ma continuano a utilizzare il servizio. Gli esperti di mercato di Google potrebbero lanciare una campagna sulla scarsa sicurezza di Facebook. Questo argomento troverebbe un pubblico ricettivo. Esiste un obiettivo disagio nei confronti di Facebook, che non è stato certamente placato dal film The Social Network, che mostra l’utilizzo cinico delle informazioni personali nel sito universitario creato da Zuckerberg e dai suoi primi collaboratori. Se Google presenterà i suoi servizi di rete sociale come una roccaforte della privacy e non come un cavallo di Troia dei malintenzionati, potrà trovare ascolto in quella fetta di opinione pubblica che era stata allontanata dalle immagini delle telecamere di Street View e dalle relazioni altalenanti con il governo cinese.

Ma forse tutto ciò non è sufficiente. Reti sociali di ottimo livello come Friendster, Orkut (un prodotto di Google) e MySpace hanno perso utenti in favore di Facebook, esclusivamente perché Facebook è più popolare. Per cambiare la situazione Google dovrà presentare un prodotto sensazionale. Qualcosa del tutto originale. Qualcosa che sembri troppo assurdo per essere vero. Qualcosa che raggiunga il potenziale innovativo di Gmail o del sistema di ricerca di Google che opera in tempo quasi reale. Google è in grado di stupire ancora? Probabilmente, Zuckerberg ritiene che la risposta sia positiva. L’estate scorsa, il fondatore di Facebook ha messo la sua squadra “sotto chiave”, con i creativi del software al lavoro giorno e notte. L’obiettivo, ha dichiarato, era di aggiungere elementi di attrazione e aggiornare il profilo del sito, ma ogni mossa potrebbe avere una seconda finalità: alzare nuove difese contro un possibile rivale.

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