Microsoft Bing/MIT TR Italia

Il superpotere delle donne del futuro si chiama Coding Girls

Secondo The Future of Jobs Report, le competenze chiave richieste dal mercato del lavoro comprendono il pensiero analitico, quello creativo e l’autoefficacia. Il pensiero computazionale, che intreccia creatività, logica e matematica, rappresenta uno strumento potente per affrontare i problemi in modo innovativo. Ne parliamo con Mirta Michilli, direttrice generale della Fondazione Mondo Digitale che negli ultimi 10 anni ha insegnato ad oltre 70.000 studentesse a programmare il (proprio) futuro.

“Quasi un quarto dei posti di lavoro è destinato a cambiare nei prossimi cinque anni … i big data, il cloud computing e l’intelligenza artificiale sono tra le tecnologie che creeranno maggiori opportunità occupazionali”.

Queste sono alcune delle evidenze che emergono in termini di evoluzione del mondo del lavoro dall’ultimo rapporto Future of Jobs del World Economic Forum.

Fondazione Mondo Digitale

A fronte di questi cambiamenti, la prevalenza delle 800 aziende intervistate ritiene che “le competenze più importanti siano il pensiero analitico e il pensiero creativo, seguite da tre competenze di autoefficacia (resilienza, flessibilità e agilità; motivazione e consapevolezza di sé; curiosità e apprendimento continuo)”.

Il pensiero analitico e quello creativo possono aprire porte a infinite possibilità. In particolare, la creatività non è qualcosa che vive isolata dalla logica o dalla matematica; anzi, queste dimensioni si intrecciano in modo straordinario nel pensiero computazionale. Questa forma di ragionamento rappresenta una straordinaria cassetta degli attrezzi, ricca di strumenti non solo per programmare, ma anche per affrontare ogni problema con un approccio innovativo. È come possedere la capacità di scomporre la complessità in elementi più semplici, utilizzando la creatività per trovare soluzioni nuove e originali.

E dunque, ogni volta che un ragazzo o una ragazza impara il coding, non sta solo apprendendo un linguaggio di programmazione, ma sta costruendo una mentalità che non si arrende di fronte alle sfide, che guarda oltre il problema e vede possibilità dove altri vedono ostacoli. Questa mentalità sarà il loro superpotere nel mondo del lavoro di domani, un mondo in cui la capacità di pensare in modo critico e creativo sarà più preziosa che mai.

Lo sa bene e ci crede Fondazione Mondo Digitale che dieci anni fa ha ideato e lanciato “Coding Girls” programma che fino ad oggi ha aiutato oltre 70.000 studentesse ad orientarsi con libertà negli studi e nelle professioni del futuro allenandole alle discipline Stem. Per comprendere come questa iniziativa contribuisca concretamente ad affrontare le sfide del futuro, ho intervistato Mirta Michilli, direttrice generale della Fondazione Mondo Digitale.

Fondazione Mondo Digitale

Coding Girls non è soltanto un programma formativo, ma rappresenta un vero e proprio movimento. Si tratta di un’alleanza collaborativa tra scuole, università, organizzazioni e aziende che operano insieme seguendo il modello “Educazione per la Vita”. Puoi spiegarci in cosa consiste e quali sono le principali metodologie utilizzate?

Dal 2014 con il programma Coding Girls, che comprende visione, contenuti, strategie e metodologie, aiutiamo ragazze e giovani donne a scegliere con libertà il loro futuro, personale, formativo e professionale. Allenando in percorsi Steam, con esperienze formative alla pari, orientamento alle carriere del futuro e presentazione di modelli positivi, affrontiamo la lotta a pregiudizi e stereotipi per accelerare il raggiungimento delle pari opportunità soprattutto nel settore scientifico e tecnologico. L’apprendimento è un processo multidimensionale, fatto di conoscenze, competenze, valori e aspetti caratteriali, dove è centrale l’empowerment, come capacità di controllare attivamente la propria vita e di superare gli ostacoli. Con il contributo del direttore scientifico Alfonso Molina, personal chair in Technology Strategy all’Università di Edimburgo, abbiamo messo a punto lo strumento del Personal Ecosystem Canvas, che aiuta a comprendere il proprio ecosistema personale per allinearlo con la sfera sociale e lavorativa. Così aiutiamo le ragazze ad acquisire consapevolezza delle proprie potenzialità e diventare inarrestabili nel processo di crescita, superando i fattori di disallineamento. Con le comunità educanti locali costruiamo contesti facilitanti, coinvolgiamo gli atenei e le aziende (anche con il volontariato di competenza e il role modeling) e costruiamo alleanze ibride. Abbiamo dato vita a un’associazione e a un movimento dal basso: le scuole si organizzano in modo autonomo, inventano progetti, creano gadget ecc. Colmare il divario di genere è anche un’azione trasversale a tutti i nostri progetti oltre che una policy. Siamo una delle prime organizzazioni del terzo settore ad essere certificate per la parità di genere, in basse alla prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022.

Negli ultimi 10 anni abbiamo assistito a notevoli trasformazioni sia tecnologiche che sociali. Come le avete affrontate? Cosa è cambiato?

Abbiamo elaborato più curvature tecnologiche (IA, data science, cybersecurity ecc.) e declinazioni territoriali con focus tematici. Abbiamo coinvolto le ragazze in diversi hackathon con sfide originali, come la progettazione di chatbot libere da bias.

Fondazione Mondo Digitale

Come nel frattempo sia cambiato lo scenario lo descrive bene AlmaLaurea nel Focus gender gap 2024. Le ragazze stanno rimettendo in moto l’ascensore sociale. Anche se provengono da contesti familiari meno favoriti, sono più motivate e intraprendenti, finiscono meno fuori corso e rappresentano la quota maggiore dei laureati in Italia, con risultati migliori. In alcuni atenei la parità di genere nelle discipline scientifiche già esiste. Il problema è che una volta raggiunti risultati importanti, il “sistema” obbliga le donne a fermarsi con i soliti stereotipi: meno lavoro e più precario, meno ruoli di qualità e stipendi più bassi. Per ottenere un reale cambiamento, bisogna lavorare su più livelli, in modo da:

  • raggiungere il punto di massa critica con azioni “a pioggia” che coinvolgano destinatari di tutte le età, con un processo continuo di ri-orientamento
  • aiutare soprattutto le ragazze a comprendere le trasformazioni del lavoro
  • intervenire a livello di sistema con politiche attive per il lavoro delle donne
  • rileggere gli obiettivi di sviluppo sostenibile in una prospettiva di genere, perché investire nelle donne e nelle ragazze aiuta a recuperare e accelerare i progressi.

Il programma ha toccato oltre 30 città, esistono differenze territoriali?

Sì, ma senza stereotipi tra nord e sud. All’Università di Palermo abbiamo organizzato in parallelo cinque hackathon in cinque dipartimenti. È stato un evento incredibile con alcune declinazioni davvero interessanti, come la chimica nel metaverso. In Molise abbiamo scoperto “l’ateneo di prossimità”. Nella sede di Termoli la ricerca universitaria si prende cura del territorio. Giovani ricercatori preparatissimi si aggiornano connessi con il mondo, ma rimangono a specializzarsi nel territorio per sviluppare un’innovazione su misura. Una storia tutta da raccontare.

Numerosi studi testimoniano come il coding aiuti a sviluppare il pensiero critico e computazionale, ma anche le abilità di problem solving e la creatività. Per quanto vi riguarda, avete misurato gli effetti del vostro programma?

Sì, anche se nei processi di innovazione sociale non è tutto quantificabile. A Torino è stata usata l’analisi di impatto quantitativa non controfattuale del tipo prima-dopo. Nelle periferie di Milano, Bari, Reggio Calabria e Palermo la metodologia controfattuale. Fino a quando si tratta di verificare l’impatto dei programmi formativi non ci sono problemi: i dati confermano che le ragazze imparano, acquistano sicurezza, superano fragilità e luoghi comuni e mettono in crisi i pregiudizi dei ragazzi. Migliora la capacità di lavorare in gruppo. Aumentano le aspirazioni e il desiderio di proseguire gli studi. Se invece vogliamo misurare quanto il programma “sposta” la scelta delle ragazze verso le facoltà scientifiche, nascono i problemi. Ad esempio, la scelta di iscriversi a un corso di laurea in Filosofia e intelligenza artificiale è fortemente Stem ma è classificata come umanistica, perché afferisce alla Facoltà di Lettere. Una ragazza che conferma la scelta di medicina o di giurisprudenza apparentemente non si “sposta”, anche se poi nel percorso decide di approfondire la biorobotica o gli aspetti legali della cybersecurity. Credo che convergenza di discipline diverse sia più attrattiva per le donne, che sono più versatili nelle capacità di ibridare le professioni.

Fondazione Mondo Digitale

Misurare l’impatto sociale è indubbiamente una sfida ben più complessa rispetto alla valutazione dei progetti ambientali, che spesso presentano relazioni causa-effetto più dirette. Nell’ambito sociale, infatti, entrano in gioco questioni complesse e variegate legate al comportamento umano, con valutazioni intrinsecamente soggettive. Fortunatamente stiamo assistendo ad un crescente interesse delle organizzazioni nel voler comprendere e misurare il valore sociale creato. Questo porterà auspicabilmente ad una  standardizzazione dei parametri di analisi, con conseguenze positive anche in termini di impact investing. Per concludere vorrei ricordare che l’ultima edizione del programma vi ha portato oltre i confini nazionali, fino in Mozambico. Come è nata questa collaborazione e cosa vi ha insegnato?

Ci ha cercato il Cies per portare il nostro modello in Africa in un programma finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics). In 10 province del Mozambico coinvolgiamo studentesse, anche universitarie, in un programma di formazione e sensibilizzazione. A un gruppo di giovani donne proponiamo un’esperienza di imprenditorialità. Il nostro contributo è soprattutto da remoto e ogni collegamento in videoconferenza è una storia da raccontare. Il gruppo di lavoro è entusiasta. È un’esperienza che ci restituisce autenticità, valore e passione. Non solo l’ascensore sociale è donna, ma anche il motore dello sviluppo sostenibile è a trazione femminile.

Ilaria Potito è appassionata di innovazione sociale e sostenibilità, con una vasta esperienza nel marketing dei servizi di telecomunicazione. Da oltre 10 anni, guida progetti nel campo della responsabilità d’impresa, con l’obiettivo di creare opportunità per la comunità in cui l’azienda opera. 

Related Posts
Total
0
Share