La correlazione tra energia pulita e salute

Come cambiano gli scenari tra paesi ricchi e poveri quando si parla di effetti dell’energia sulla salute.

Gli effetti dell’energia sulla salute si manifestano sotto svariate forme: nella maggior parte dei casi, vi è una forte correlazione positiva se si tratta di fasce di popolazione non indigenti, mentre i risvolti negativi risultano più evidenti per i membri più poveri della società.

Partendo dall’associazione positiva, emerge innanzitutto il ruolo determinante svolto dall’energia moderna per il miglioramento della qualità della vita e la realizzazione di un ambiente più pulito e sano. Con l’aggettivo “moderno” si fa riferimento all’elettricità, ai derivati del petrolio, ai gas e ai combustibili solidi utilizzati per la cottura dei cibi e il riscaldamento. Nel XIX secolo, il fabbisogno energetico veniva soddisfatto attraverso le candele e le lampade a olio, la combustione di carbone e legno in caminetti aperti e l’energia degli animali.

I potenziali rischi di incendio e i pericoli per la salute derivanti dai rifiuti degli animali erano del tutto palesi e sicuramente all’epoca si ripercuotevano in misura maggiore sui più poveri, sebbene nessuno fosse immune. Con l’avvento dell’elettricità e la diffusione dei motori a combustione interna nel settore dei trasporti, gran parte di questi rischi venne eliminata, con vantaggi significativi per la salute. Queste circostanze hanno avuto senza dubbio un ruolo decisivo sull’innalzamento dell’aspettativa di vita che in Europa occidentale è passata dai 40 anni dell’inizio del 1800 agli 80 anni di oggi. Per contro, purtroppo, esiste ancora un gran numero di persone nei Paesi in via di sviluppo che non ha accesso all’energia moderna e dipende dalle biomasse tradizionali per cucinare e riscaldarsi. Secondo le stime del World Energy Outlook del 2010, l’accesso all’elettricità è ancora precluso a 1,4 miliardi di persone (seppur lentamente, il numero sta diminuendo: nel 2002 erano 1,6miliardi); mentre sono 2,7 miliardi le persone che fanno uso di biomasse per la cottura e il riscaldamento. Nella maggior parte dei casi sono i poveri dei Paesi più arretrati.

Nei Paesi sviluppati il problema dell’energia assume diverse connotazioni. Forti preoccupazioni provengono dai costi elevati, in particolare per il riscaldamento, e dai possibili risvolti sulla salute e il benessere delle persone a basso reddito.

La terza via di collegamento tra l’energia e la salute è rappresentata dalle emissioni generate dall’utilizzo dei combustibili fossili per la produzione di elettricità e riscaldamento e per i trasporti. Numerosi studi hanno dimostrato la correlazione diretta tra le emissioni e il tasso di mortalità prematura e morbilità. Mentre le cifre evidenziano un trend discendente nei Paesi sviluppati negli ultimi anni, lo stesso non si può dire dei Paesi in via di sviluppo, soprattutto quelli con il tasso di crescita più rapido, dove l’aumento della produzione di energia da fonti fossili sta conoscendo un incremento molto veloce. In generale, questi agenti inquinanti si diffondono ampiamente nell’atmosfera colpendo tutte le fasce della società, sia i ricchi che i poveri. Stando ai dati, tuttavia, sembrerebbe che a farne le spese siano in particolare le classi sociali più disagiate, soprattutto nei Paesi emergenti.

Le conseguenze per la salute del mancato accesso all’energia moderna. Attualmente esistono molte prove a dimostrazione degli effetti nocivi per la salute provocati dall’utilizzo delle biomasse per la cottura, se la tecnologia impiegata non porta alla combustione completa e l’espulsione delle emissioni non avviene in maniera adeguata. Secondo le stime del World Energy Outlook, il numero di persone che utilizza questo tipo di stufe in tutto il mondo ammonta a 2,7miliardi (la cifra equivalente nel 2002 era di 2,4 miliardi, quindi non si registra alcuna diminuzione), di cui la maggior parte nei Paesi emergenti dell’Asia, seguiti da quelli dell’Africa sub sahariana: vi è infatti un’evidente correlazione tra povertà nazionale (misurata in termini di quota della popolazione che vive con meno di 2 dollari al giorno) e quota di combustibili tradizionali impiegati a livello domestico. L’utilizzo delle biomasse per impieghi domestici ha un impatto sconvolgente sulla salute.

Numerose ricerche, tra cui alcune condotte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), hanno evidenziato che nel 2008 i casi di morte prematura per questa causa sono stati superiori a quelli di morte per malaria, malattie trasmesse da vettore e tubercolosi. Nello stesso anno, si stima che le morti per i fumi da biomasse siano state all’incirca 1,45milioni. Gli effetti si ripercuotono in particolare su donne e bambini, i soggetti che trascorrono più tempo negli ambienti domestici. Le donne inoltre si ammalano in seguito all’affaticamento provocato dalla raccolta dei combustibili e ai rischi e ai pericoli correlati a questa attività. L’OMS stima che, con l’andamento attuale, il numero di morti premature per questa causa è destinato ad aumentare dagli attuali 1,45milioni a 1,5milioni all’anno nel 2030. Nonostante ci si attenda una crescita dei redditi reali, che renderà più semplice il passaggio ai combustibili puliti, è previsto anche un aumento della popolazione nel corso dei prossimi due decenni. Quindi occorre fare di più se si vuole ridurre il numero di morti provocate da questa modalità di utilizzo dell’energia. La buona notizia è che i provvedimenti aggiuntivi non sono costosi se si scelgono le giuste alternative. Il passaggio a metodi più efficienti di combustione delle biomasse può inoltre portare ulteriori vantaggi. Una recente ricerca pubblicata su Lancet prendeva in considerazione un programma che puntava a introdurre 150 milioni di stufe a bassa emissione in un decennio in India. I costi stimati erano inferiori a 10 dollari all’anno per abitazione, molto meno di altre alternative come il gas di petrolio liquefatto.

La tecnologia preferenziale che fa uso di stufe con generatori ibridi di gas si è dimostrata efficiente per un’ampia gamma di carburanti con varie caratteristiche. Secondo le stime, il programma dovrebbe ridurre di 15 volte le emissioni di particolato, di 2,1 milioni le morti dal 2010 al 2020 e di 55,5 milioni il numero di “anni di vita persi per disabilità” (disability adjusted life years – DALY – un indicatore combinato degli effetti di morbilità e mortalità). Ammettendo un costo di 10 dollari a famiglia all’anno, il totale (al lordo) ammonta a 8,2 miliardi di dollari, il che significa un costo per ogni vita salvata di 3.900 dollari e di 148 dollari per DALY: valori molto economici per un intervento pubblico nel settore della salute. Inoltre, i costi effettivi sono sovrastimati, poiché non tengono conto dei vantaggi che l’utilizzo di stufe efficienti potrebbe avere sui cambiamenti climatici: si stima infatti che il programma porterebbe a una riduzione delle emissioni di metano pari a 14 megatonnellate e di carbone fossile pari a 0,5 megatonnellate.

Energia, povertà e salute nei climi temperati. Sebbene sia difficile caratterizzare una situazione di povertà energetica, come regola generale si può affermare che un’abitazione che debba pagare per l’energia oltre il 10 percento del proprio reddito, per avere un ambiente domestico confortevole, sia da considerarsi in stato di povertà energetica. Per ambiente confortevole si intende una temperatura di 21°C nella zona giorno e 18°C nelle altre stanze. Il problema della povertà di combustibile è particolarmente avvertito nell’Europa dell’Est, dove un numero elevato di abitazioni non ha accesso al riscaldamento distrettuale e deve dipendere da altre fonti, divenute più costose in seguito al passaggio all’economia di mercato. Da uno studio della Banca Mondiale, è emerso che i poveri hanno meno probabilità di accedere al riscaldamento distrettuale dei non poveri ed effettivamente in alcuni Paesi freddi una fascia della popolazione povera non ha alcun accesso all’energia di rete, come l’elettricità o il gas. In questi casi, nelle abitazioni si ricorre a fonti energetiche come le biomasse, il carbone o il GPL; poiché la probabilità che i poveri ricorrano alle biomasse è molto più concreta, per questi soggetti si profilano i medesimi problemi dovuti alla cattiva qualità dell’aria, già illustrati in precedenza. Sebbene maggiormente diffusa nei Paesi più poveri, la povertà energetica interessa anche gli Stati più ricchi. Da un’indagine condotta dall’OMS – sulle case e la salute in sette città europee in Francia, Germania, Italia, Lituania, Portogallo, Slovacchia, Svizzera e Ungheria – è emerso che nella metà dei casi le temperature riferite in inverno erano inferiori rispetto a quelle sopra indicate. Nei Paesi dell’UE, si spende in media tra il 6 e il 10 percento del reddito per il riscaldamento e l’elettricità, ma circa un quarto delle famiglie spende oltre il 10 percento. I dati del Regno Unito indicano che la quota di reddito spesa per l’energia può superare di gran lunga il 10 percento: in questo Paese, infatti, un milione di abitazioni spende fino al 30 percento del reddito in energia. Dati sparsi, infine, indicano che i poveri spendono una quota superiore di reddito per l’energia rispetto ai non poveri.

Tra i vari motivi di interesse nei confronti della povertà energetica, uno dei più importanti è la salute. I dati mostrano che nella maggior parte dei Paesi europei, il tasso di mortalità in inverno è superiore del 5-30 percento rispetto all’estate. Mentre si discute su come questo dato possa essere ridotto migliorando il riscaldamento, stando ai risultati delle ricerche, a temperature inferiori a 18°C i tassi di mortalità aumentano, soprattutto nelle nazioni dell’Europa meridionale. In nord Europa l’impatto è nettamente inferiore. Secondo la linea di pensiero attuale,mentre la mortalità invernale si può ridurre migliorando il riscaldamento domestico, vi sono altri fattori che svolgono un ruolo altrettanto importante, come i comportamenti individuali e lo status socioeconomico, il cui legame con la povertà potrebbe essere indiretto.

Inquinamento dell’aria esterna. Il terzo legame tra l’energia e la salute è rappresentato dalle emissioni generate dalla combustione di carbone, petrolio, gas e biomasse. Numerose ricerche hanno dimostrato una correlazione diretta tra le emissioni e l’insorgenza di malattie respiratorie e cardiovascolari, con un innalzamento del tasso di mortalità prematura e morbilità. Gli effetti più significativi sono da attribuire alla lignite e al carbone, seguiti dal petrolio e dal gas e sono proporzionali alle tecnologie impiegate oltre che al quantitativo di emissioni catturate. Nel corso degli anni, l’inasprimento degli standard per il controllo delle emissioni nei Paesi dell’OCSE ha portato a una riduzione di questi effetti. Non vi sono studi a supporto della correlazione diretta tra povertà ed esposizione all’inquinamento dell’aria esterna nei Paesi sviluppati. Tuttavia, è stata riscontrata una relazione tra i prezzi delle case e la qualità dell’aria (tendenzialmente, le abitazioni in aree con una migliore qualità dell’aria costano di più). Di conseguenza esiste un rapporto diretto tra ricchezza o reddito ed esposizione all’inquinamento dell’aria, una situazione più diffusa nei Paesi in via di sviluppo, dove le fasce a basso reddito o povere vivono in aree con una concentrazione elevata di inquinanti, i “punti caldi” dell’inquinamento. Viceversa, si è visto che in alcune economie emergenti la correlazione tra povertà ed esposizione all’inquinamento dell’aria esterna è diretta. Ad esempio, uno studio recente condotto nella città indiana di Delhi ha dimostrato che i costi degli effetti sulla salute derivanti dall’inquinamento dell’aria esterna incidono sul reddito in percentuale maggiore per le famiglie meno abbienti, con un diminuzione progressiva man mano che il reddito aumenta.

Il miglioramento dell’accesso alle tecnologie pulite può fare la differenza. L’accesso all’energia moderna presenta evidenti benefici per la salute e nel corso degli anni tutte le fasce della popolazione ne hanno tratto vantaggio. Esiste tuttavia una grande quantità di persone, specialmente nelle aree povere e rurali, a cui questo accesso è precluso, con ripercussioni pesanti sulla loro salute. Il miglioramento dell’accesso alle tecnologie più pulite può fare una differenza significativa e non presenta un costo elevato. Vi è inoltre il problema dell’accesso a un quantitativo di energia sufficiente per le abitazioni povere, soprattutto per il riscaldamento nei Paesi con climi rigidi. Anche questa situazione può avere effetti negativi sulla salute; tuttavia i legami con la povertà non sono così evidenti e vi sono altri fattori in gioco, tra cui i comportamenti individuali e lo status socioeconomico. L’inquinamento dell’aria, causato dalla combustione dei combustibili fossili, infine, è un fattore che si ripercuote molto negativamente sulla salute, con effetti più marcati nelle economie emergenti, dove i poveri sono maggiormente esposti rispetto alle fasce più benestanti della popolazione.

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