La mobilità sostenibile richiede una rivoluzione

Decarbonizzare i trasporti significa ridurre le emissioni europee del 30%.

di Lisa Ovi

Guida autonoma, veicoli connessi, elettrificazione, car sharing e sistemi di trasporto di massa sono destinati a cambiare il volto della mobilità a livello cittadino, nazionale e globale nei prossimi 20 anni. La mobilità del futuro dovrà rispondere alle esigenze di libero movimento della società globale senza sacrificare ambiente, qualità della vita e salute.

Nonostante la necessità di una mobilità sostenibile non sia stata nominata direttamente tra i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile stabiliti dall’ONU nel 2015, la rivoluzione del settore dei trasporti è quasi implicita in un elenco in cui spicca il supporto a favore dell’azione climatica, di salute e benessere, di città e comunità sostenibili con accesso a fonti di energia pulite ed economiche.

La trasformazione radicale del settore dei trasporti è uno dei punti fondamentali del Green Deal Europeo, l’ambizioso programma che dovrebbe condurre il continente alla decarbonizzazione entro il 2050. La mappa operativa di questa trasformazione verde e digitale è stata delineata dalla Commissione Europea nella “Strategia per la mobilità sostenibile e intelligente“, volta ad ottenere un sistema dei trasporti intelligente, competitivo, sicuro, accessibile e conveniente che permetta una riduzione delle emissioni del 90%.

Per ottenere un simile risultato sarà necessario creare ed utilizzare non solo veicoli e carburanti ad emissioni zero, ma rivoluzionare anche la viabilità cittadina, le operazioni di porti ed aeroporti, oltre a raddoppiare il traffico ferroviario ad alta velocità. Punto in comune tra ogni tassello di questa complessa realtà è l’energia che alimenta ogni attività.

Qualunque piano ideato per conseguire neutralità carbonica e sostenibilità dipende dalla disponibilità di fonti energetiche sostenibili. Ecco dunque che diviene fondamentale l’impegno preso, sin dal 2014, da una multinazionale come Eni nel promuovere un approccio olistico alla mobilità sostenibile, che punta ad un mix sinergico di soluzioni innovative efficienti e dall’impatto ambientale minimo.

L’impegno di Eni spazia dallo sviluppo di progetti CCS per la cattura e lo stoccaggio di anidride carbonica, alla formazione di flotte di auto cittadine per il car sharing, dalla promozione di fonti rinnovabili come solare ed eolico allo studio di carburanti all’idrogeno, ma una delle innovazioni che più testimonia l’impegno della multinazionale per una economia circolare è forse l’interesse dimostrato per la realizzazione e l’utilizzo di biocarburanti.

A differenza dei carburanti tradizionali, i biocarburanti non derivano da combustibili fossili, ma da biomasse di origine vegetale. A partire dal 2014, Eni ha avviato la produzione di biocomponente per il gasolio attraverso la trasformazione di oli vegetali in HVO  (olio vegetale idrotrattato), che addizionato al gasolio dà vita a Eni Diesel +, il carburante premium di Eni.

Grazie alla grande flessibilità della tecnologia Ecofining™ che consente di trattare varie tipologie di biomassa, entro il 2023 le bioraffinerie di HVO potranno operare utilizzando cariche alternative all’olio di palma come oli alimentari usati e di frittura, grassi animali e scarti della lavorazione di oli vegetali; sono ancora in fase di sperimentazione cariche di tipo advanced come oli da alghe e rifiuti, materiale lignocellulosico, bio-oli). 

Gli oli alimentari esausti (UCO, Used Cooking Oils) sono un chiaro esempio di come l’economia circolare possa contribuire a sviluppare soluzioni per la mobilità sostenibile a partire da scarti e rifiuti. Uno dei risultati migliori ottenuti da Eni in fatto di biocarburanti è rappresentato da quanto fatto a Gela con la tecnologia Waste to Fuel, che permette di produrre biocarburante utilizzando la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU), il cosiddetto “umido” costituito dagli scarti di cucina.

Forte di una chiara strategia di economia circolare, punta all’utilizzo delle biomasse anche in impianti per la produzione di biometano. Tra i carburanti alternativi a più basso impatto ambientale, il metano è quello tecnologicamente più maturo e dotato di una rete di distribuzione già consolidata. Ma non basta: Eni intende promuovere l’intera catena del biometano e per questo ha stretto accordi di collaborazione con il Consorzio Italiano Biogas, Coldiretti e Confagricoltura e dialoga con le aziende produttrici di biogas per promuovere la produzione di biometano derivante da digestione anaerobica di biomasse, rifiuti zootecnici e FORSU.

L’investimento di Eni sulla produzione di biocarburanti dai rifiuti è esemplificato dallo studio in corso presso la Raffineria di Livorno, dove si produce metanolo tramite gassificazione ad alta temperatura con ossigeno di rifiuti solidi urbani, costituiti da rifiuti plastici non riciclabili (Plasmix, mix di plastiche attualmente non riciclabili e CSS, Combustibile Solido Secondario).

La collaborazione con partner quali il gruppo FCA e le Ferrovie Nord Milano, assicurano un futuro pratico ed applicato a queste tecnologie che potrebbero condurre ad una mobilità pienamente sostenibile.

(lo)

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