La pandemia ci ha reso ostili le città

Autori di fantascienza come NK Jemisin e M. John Harrison mescolano elementi della vita reale con dimensioni fantastiche, aprendo la strada a nuove letture di quanto sta accadendo ora e offrendo una visione consolatoria della vita.

di Joanne McNeill

La fantascienza pullula di città immaginate da zero, ma un autore deve sempre partire da un luogo reale e confrontarsi con i diversi aspetti culturali.  The Membranes, un nuovo affascinante libro pubblicato a giugno da Chi Ta-wei, raccoglie questa sfida e presenta la Taiwan metropolitana nel 2100 come assolutamente sconosciuta, a parte la sua eredità culturale.

Nel racconto, una giovane estetista di nome Momo veste i suoi clienti con pelli artificiali che tracciano i loro dati personali e li proteggono dall’ambiente esterno. La vicenda si svolge in una T City che sta vivendo un rinascimento tecnologico. Momo può vedere “onde argento-indaco nella profondità infinita” e “banchi di pesci giallo cadmio che galleggiano in reggimenti ordinati”. Al posto del cielo c’è una “membrana”. T City fa parte della Nuova Taiwan, che abbraccia l’intera popolazione del paese e si trova sul fondo dell’oceano. 

L’umanità è migrata verso cupole sottomarine per sfuggire alle conseguenze letali di uno strato di ozono ampiamente deteriorato. Enormi progressi nell’energia solare hanno reso possibile questo cambiamento e una sottoclasse di androidi fornisce manodopera per le opere di manutenzione. Senzienti, ma senza diritti, sono fabbricati con organi che possono essere raccolti dagli esseri umani. A poco a poco, Momo prende coscienza dell’oppressione degli androidi, mettendo insieme i passaggi tra un intervento chirurgico che ha avuto da bambina e la scomparsa della sua migliore amica d’infanzia.

In questo mondo futuro sono presenti nuove religioni, i territori dell’Oceano Pacifico sono divisi tra paesi come gli Stati Uniti e aziende come la Toyota, e poi ci sono i particolari trattamenti per la pelle al salone di Momo. Il collante del libro è la dipendenza di Momo dai media digitali. Passa ore su sistemi di bacheca dial-up e sul primo motore di ricerca Gopher, adora i laserdisc e si occupa di “discbook” e “disczines”. 

L’affascinante strato digitale vecchio stile nel libro induce il lettore a sentirsi coinvolto negli eventi del mondo reale che hanno ispirato Chi. Sebbene la traduzione in inglese sia nuova, The Membranes è stato pubblicato per la prima volta nel 1995, solo pochi anni dopo la revoca di un periodo decennale di legge marziale a Taiwan. Il cambiamento ha trasformato la cultura con un “flusso improvviso di nuove idee, combinato con la relativa mancanza di controllo legale soffocante su un’intera generazione di giovani”, come spiega nella postfazione la traduttrice Ari Larissa Heinrich.

Chi faceva parte di questa generazione, scambiava nastri pirata di film internazionali, navigava sul web e si dilettava con i media e la tecnologia. L’esuberanza del periodo è catturata nello spirito frenetico del libro: il futuro selvaggio di T City era un’immagine speculare di Taiwan come Chi l’ha vissuta.

The Membranes mostra che anche se una popolazione vive in una città sul fondo dell’oceano, continuerà a fare i conti con il passato comune. Questa era una preoccupazione di N. K. Jemisin mentre scriveva The City We Became del 2020. Il libro è ambientato a New York City, dove risiede l’autrice, ma nei ringraziamenti lei scrive che “la stesura ha richiesto più ricerche di tutti gli altri romanzi fantasy che ho scritto, messi insieme”. Jemisin sperava di rappresentare in modo puntuale i newyorkesi. “Il mondo è caratterizzato da persone reali”, scrive. “Pertanto è importante che vengano descritte con rispetto e verità”.

The City We Became ha trovato un pubblico ampio ed entusiasta quando è stato pubblicato lo scorso anno nei primi giorni della pandemia. I personaggi sono simili a supereroi che agiscono come avatar nei cinque distretti di New York e combattono entità che ricordano i mostri di H. P. Lovecraft, con tentacoli che sono manifestazioni delle minacce che i newyorkesi devono affrontare: gentrificazione, razzismo, polizia. La ricerca e la cura di Jemisin sono state ripagate; il libro ha colpito i lettori poiché le loro vite sono state radicalmente modificate. Alle persone che affrontavano la crisi del covid-19, i suoi personaggi sono sembrati veri. 

Un modo in cui gli autori di fantascienza hanno evitato ricerche come quella di Jemisin è presentare città familiari in cui si aggirano solo alcuni sopravvissuti. I Am Legend, il classico post-apocalittico del 1954 di Richard Matheson, è ambientato in una Los Angeles riconoscibile dalla geografia e dai nomi delle strade, ma una pandemia ha trasformato gli abitanti, ad eccezione di un uomo, in vampiri che dimorano nell’ombra. 

Il romanzo, che ha esercitato un’enorme influenza sugli horror con zombie, canalizza l’ansia dell’Era Atomica descrivendo quartieri precedentemente animati come desolati. L’ultimo uomo sulla terra, Robert Neville, lascia raramente la sua casa fortificata e vive ascoltando concerti per pianoforte in solitudine. Non c’è traccia di una risposta coordinata al disastro che avviene nel romanzo. 

Mentre inizia a sperimentare sui vampiri per scoprire le origini della malattia, I Am Legend pone la domanda centrale: Richard è il vero mostro in questa nuova società? La storia è piena di suspense e viene meritatamente considerata un classico, anche se Matheson non offre una vera caratterizzazione del luogo. Gli altri personaggi sono stati privati della loro storia e la cultura della città non ha nulla a che fare con le vite attuali. 

Decenni prima, il poliedrico WEB Du Bois ha provato a mostrare come le gerarchie sociali in una città possono sopravvivere alla propria gente. Il suo racconto del 1920 The Comet, scritto sulla scia della pandemia influenzale, descrive un evento che porta vicino all’estinzione a New York City. Un uomo nero sopravvive e, per la prima volta nella sua vita, può frequentare senza preoccupazioni un ristorante sulla Fifth Avenue. Jim si riempie il piatto nell’edificio vuoto, pensando: “Ieri, non avrei potuto farlo”. 

La città di Los Angeles in I Am Legend potrebbe essere ovunque, ma New York è chiaramente New York in The Comet. In quella frase, Du Bois fornisce un’istantanea di com’era la vita prima che il ristorante della Fifth Avenue fosse abbandonato. Mentre Jim continua il suo viaggio, entra in contatto con una manciata di altri sopravvissuti e scopre che il razzismo non è morto quando si è verificato l’evento e che, in realtà, persisterà fino alla fine del mondo.

Le preoccupazioni odierne sulla disuguaglianza influenzano il modo in cui le città sono rappresentate anche nella narrativa recente. Folding Beijing, una novella di Hao Jingfang che è stata recentemente pubblicata nell’antologia Invisible Planets, immagina la capitale della Cina controllata dalla tecnologia: tre classi di persone sono segmentate in strutture fisiche che si sollevano o si ritirano sotto terra a seconda dell’ora del giorno. 

Una minoranza vive nel “Primo Spazio” e si gode la maggior parte delle ore in superficie, mentre una classe media vive nel “Secondo Spazio”. Ma la maggior parte della città sono operai e addetti alla manutenzione del “Terzo Spazio”, che vivono a Pechino solo dalle 10 di sera alle sei del mattino. Il movimento tra queste classi suddivise è rigorosamente regolamentato e la spietatezza dell’architettura ricorda il film Snowpiercer, dove c’è una spaccatura totale tra chi l’elite che vive nei vagoni di lusso e quelli che si trovano nella squallide ultime carrozze. 

Lao Dao decide di lasciare il Terzo Spazio perchè ha bisogno di soldi per pagare le tasse scolastiche di suo figlio e accetta di portare clandestinamente una lettera d’amore scritta da un uomo del Secondo Spazio a una donna del Primo Spazio. Il lavoro è rischioso e molto insolito, vista la scarsa interazione tra le classi in città. L’avventura che Lao Dao intraprende – intrufolarsi nella spazzatura e strisciare all’interno delle strutture rotanti della città – è rappresentativa degli ostacoli reali nella società di Pechino per come la vede Jingfang. 

La città è “divisa in più gruppi”, ha detto l’autore alla rivista “Uncanny”, dove la storia è stata pubblicata nel 2015. Questi gruppi si incontrano raramente, ha detto, e hanno “stili di vita, abitudini e spazi di socializzazione completamente diversi”. 

The Crisis di M. John Harrison parla di un’altra divisione architettonica di tre classi. Nella storia, Londra è divisa tra persone con case e coloro che vivono per strada, e ancora una volta si contrappongono esseri umani e una razza spettrale di alieni che rivendica il dominio sul territorio londinese. Gli iGhetti, come sono chiamati, assomigliano a “gambi di rabarbaro molli e carnosi” quando sono visibili. Non sono “né una cosa né un’immagine di una cosa: sembrano essere estrusi da uno spazio che non fa parte nel mondo”. 

Balker, che dorme in una porta dietro il British Museum, viene arrestato da un funzionario sconosciuto e gli viene dato un letto pulito nel cuore della tana dell’iGhetti per testare se gli umani possono convivere senza tensioni con gli invasori silenziosi. Un altro londinese che vive in un appartamento confortevole stringe una relazione con Balker e i due si confrontano sul modo di affrontare la situazione. 

La storia appare nella raccolta retrospettiva sulla carriera di Harrison, Settling the World, che è stata pubblicata lo scorso anno. Una prima bozza è apparsa sul blog di Harrison nel 2013 con il titolo Welcome to the middle classes. Diversi anni dopo, la sua attualità si sente particolarmente forte data la netta divisione nelle città tra i lavoratori essenziali e quelli che hanno lavorato da casa durante la crisi del covid-19.

Anche il romanzo più recente di Harrison, The Sunken Land Begins to Rise Again, è ambientato in gran parte a Londra, ed è stato anche pubblicato lo scorso anno, diventando un successo straordinario, aggiudicandosi il Goldsmiths Prize 2020. Il libro fotografa un’epoca, come The Membranes, ed è altrettanto difficile da riassumere. 

Londra, nel romanzo di Harrison, è così antica che la sua storia può sembrare che provenga da una terra completamente diversa. L’autore rende la città magnificamente, come un luogo in cui i quartieri sono pervasi da strane aure e il significato dei luoghi è svanito nel corso dei secoli. Ma laddove lo stato confuso dei personaggi in The Membranes è un’espressione di liberazione, lo smarrimento in The Sunken Land è intriso di malinconia e alienazione, poiché viene dopo l’austerità e le divisioni politiche. Dopo la Brexit, che cos’è questo posto che chiamano casa? E chi sono le altre persone?

In The Sunken Land, Shaw è un uomo sulla cinquantina che vive a Wharf Terrace, un quartiere senza un molo e “nessuna prova che ce ne sia mai stato uno”. Sua madre soffre di demenza ed è l’unica persona della famiglia che gli è rimasta. La donna con cui sta uscendo ha appena lasciato Londra. Nel suo misero studio, la sua solitudine è regolarmente disturbata dai suoni di estranei in fondo al corridoio. 

Shaw accetta un lavoro da un teorico della cospirazione e una delle storie che il suo capo porta avanti è che ci sono piccole creature umanoidi verdi nell’acqua. L’idea è così assurda e improbabile che i fenomeni inquietanti che potrebbero confermarla non vengono accettati da Shaw. Ha le aspettative ragionevoli di un uomo che deve aver pensato che la Brexit non sarebbe mai avvenuta, fino a quando non è successo. 

The Membranes, con l’ambientazione subacquea, ha trovato un posto alieno quanto la vita sul pianeta Terra. Le creature verdi in The Sunken Land, d’altra parte, evocano la paura viscerale di qualcosa che striscia e sfiora la pelle quando si entra nell’acqua. Entrambi mescolano luoghi reali con circostanze inquietanti e cercano con questo tipo di narrativa di offrire conforto a quelli di noi che non si sentono più a casa loro nelle città dove vivono.

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