La qualità delle città può migliorare grazie alle mappe in tempo reale

Carlo Ratti del Massachusetts Institute of Technology impiega i dati provenienti dai telefoni cellulari e dai computer portatili per allestire mappe delle attività umane nelle città.

di Katherine Bourzac

Quando ve ne andate in giro per il campus del MIT con un telefono cellulare o con un computer portatile collegato in rete locale senza fili (Wi-Fi), Carlo Ratti vi vede. Ratti è un architetto che esercita a Torino e che dirige il SENSEable City Laboratory nel Dipartimento di Urbanistica e Pianificazione del MIT. Egli è in grado di individuare la posizione degli utenti della rete senza fili del MIT, che copre quasi tutto il campus, semplicemente individuando i punti di accesso ai quali sono collegati.

Analogamente, in collaborazione con alcune aziende telefoniche europee che gli hanno consentito di sapere a quale antenna di telefonia mobile un utente è collegato, Ratti ha seguito i possessori di cellulari a Milano e a Graz, in Austria, costruendo una mappa dei movimenti delle persone in queste città nel corso di una giornata.

Le ricerche di Ratti, che impiega i dati sulla posizione degli utenti per costruire mappe in tempo reale dei loro spostamenti, ci informano sui luoghi dove le persone preferiscono lavorare e sul flusso del traffico in città, e queste informazioni potrebbero aiutare gli architetti e gli amminiustratori locali a progettare spazi digitali migliori.

Mentre grandi aziende come la Microsoft e Google si dedicano alla costruzione di mappe in tempo reale e ai progetti Wi-Fi comunali Ratti si preoccupa anche dei problemi della privatezza. Egli sostiene che gli urbanisti, le compagnie di telecomunicazione e le aziende private debbano collaborare alla progettazione di infrastrutture che proteggano il diritto alla privatezza degli individui consegnando a loro il controllo dei dati. Per esempio, qualcuno potrebbe voler sapere se un amico è in un certo caffè ricorrendo a una mappa in tempo reale, in modo da potervisi recare, ma allo stesso tempo potrebbe desiderare che il capoufficio non sapesse dove sta andando.

Ratti ha discusso con «Technology Review» dei suoi progetti di sorveglianza e controllo tramite Wi-Fi e cellulari e della sua collaborazione con le aziende di telecomunicazione e con gli amministratori locali.

Come si possono sfruttare i dati in tempo reale sulla posizione delle persone?

Queste informazioni sono molto interessanti perché possono creare un anello di retroazione. Quando si forniscono queste informazioni alla comunità, la comunità può modificare il proprio comportamento.

Immaginiamo che il traffico cittadino sia in una certa situazione in tempo reale. Se tutti gli automobilisti ne fossero a conoscenza, essi potrebbero ottimizzare i loro spostamenti tenendo conto della situazione generale. Per esempio, siamo stati invitati a fare un progetto per la Biennale di Venezia, che si tiene a Venezia ogni due anni ed è forse la più grande mostra di architettura e urbanistica del mondo. Quest’anno la mostra sarà dedicata alle città. Il nostro progetto si chiama «Roma in tempo reale». Cercheremo di sovrapporre alla mappa della città tutte le informazioni in tempo reale che si possono ottenere oggi, a partire dalle informazioni sui cellulari, ma aggiungendo anche le informazioni sugli autobus e sui tassì, e mettendole tutte sopra la mappa. Tutto ciò sarà presentato in settembre alla Biennale e a Roma su uno schermo di proiezione a dimensione urbana.

L’idea di fondo è quella di vedere, per esempio, dove si trova il mio autobus e di controllare l’andamento del traffico?

Sì, questa è l’idea di fondo, ma la cosa più interessante è che quando io vedo tutta la dinamica della città in tempo reale non solo posso ottimizzare i miei spostamenti, ma posso proprio sentire il polso della città, posso vedere dove si trova la gente, dove posso andare per bere qualcosa. Magari si possono anche vedere i turisti e rilevare la concentrazione delle diverse nazionalità nella città. Si può pensare che gli italiani vogliano andare nelle zone in cui c’è la massima concentrazione di turiste scandinave. Questo progetto è condotto in collaborazione con Telecom Italia, il più importante operatore telefonico italiano.

Come possono gli architetti e gli urbanisti sfruttare questi dati in tempo reale?

Le applicazioni possibili sono molte. La più immediata è che se sono in grado di controllare tutti i flussi della città, posso impostare meglio l’uso dello spazio. Posso afferrare meglio nuove forme di uso dello spazio che stanno emergendo grazie alla tecnologia. Per esempio sul campus del MIT si può osservare un aumento di mobilità delle persone grazie ai computer portatili e alla Wi-Fi. Se si capisce questo, si possono progettare spazi più adatti alle nuove necessità di spostamento, alla dinamica dello spazio. Queste informazioni possono plasmare e agevolare il progetto.

Sono appena tornato da Saragozza, in Spagna, dove partecipo a un progetto chiamato Miglio Digitale. Il problema di fondo era: come si possono progettare spazi di nuovo tipo sfruttando la tecnologia digitale? Abbiamo molto riflettuto sugli spazi pubblici programmabili che consentono alla gente di fare cose nuove quando vi si trova. In alcuni di questi spazi abbiamo allestito cortine d’acqua «digitali» interattive con cui la gente può giocare. In sostanza, si tratta di costruire uno spazio pubblico sensibile e interattivo.

Giocare con le fontane è perfettamente innocuo, ma i dati sulla posizione delle persone possono avere applicazioni più sinistre.

Il controllo di tutte queste attività ci porta verso uno scenario di sogno o verso uno scenario d’incubo? Per un ingegnere del traffico è uno scenario di sogno. Per chi è interessato all’architettura è uno scenario di sogno. Per chi deve affrontare le emergenze è uno scenario di sogno. Le operazioni di soccorso dopo l’uragano Katrina non sarebbero fallite se aveste avuto un sistema come quello che c’è in Austria [un sistema di sorveglianza tramite rete cellulare] che consente di sapere dove si trovano le persone dopo un disastro e di andarle ad aiutare.

Ma se si pensa ai problemi della privatezza, allora è uno scenario da incubo.

Come affrontare dunque i problemi della privatezza?

Un’impostazione generale che potrebbe risolvere gran parte di questi problemi è quella di restituire i dati ai loro titolari, cioè alle persone che ne sono la fonte. Queste persone decidono poi a chi comunicare e a chi non comunicare questi dati.

Sul campus del MIT [quando il progetto della rete locale senza fili sarà pienamente attuato] sarà il singolo a decidere su base paritaria se vuole che la sua posizione sia resa nota agli amici, a tutti o a nessuno. E ciascuno potrà modificare questa decisione in ogni istante, in maniera da controllare in modo dinamico quando e a chi comunicare queste informazioni. è qualcosa che somiglia un po’ ai telefoni cellulari, ma il sistema è alquanto più complicato e ciascuno se lo deve configurare. Vogliamo collaudarlo sul campus del MIT per poi diffonderlo.

Le grandi aziende di telecomunicazione vogliono impadronirsi dei dati perché pensano di poterli vendere in futuro. Questa è l’impostazione che Google sta adottando a San Francisco: Google fornisce gratis un’infrastruttura Wi-Fi alla città, ma in cambio vuole essere in grado di sviluppare nuovi modelli d’impresa basati sui dati relativi all’uso che dell’infrastruttura fa la popolazione.

Da una parte ci sono le grandi aziende, che tentano di seguire questa strada. Noi vogliamo invece restituire alle persone il possesso dei dati. Vogliamo che grazie al nostro lavoro il pubblico si riappropri della gestione dei dati e che si apra una discussione su chi deve controllare i dati sull’ubicazione delle persone. Questi dati devono essere diffusi? Come devono essere gestiti? Sono informazioni di nuovo tipo sulle città e si deve procedere a una discussione critica su come affrontare la questione.

Come affrontate il problema nei vostri rapporti con l’industria?

Stiamo costituendo il Consorzio SENSEable City, che riunirà i quattro attori principali di questa rivoluzione della città in tempo reale: le aziende di telecomunicazione, i produttori di hardware, i costruttori delle infrastrutture fisiche (cioè le ditte che costruiscono gli arredi urbani, che sono cruciali se per esempio si installa la rete Wi-Fi nei lampioni) e l’amministrazione pubblica.

Il consorzio, che sta per essere insediato, sarà un eccezionale punto d’incontro e di ricerca per questi partner. Vent’anni fa le persone preposte alla gestione di una città avevano ruoli e funzioni ben definiti. Ora è altrettanto importante avere un progettista di infrastrutture accanto a un impresario edile. La città del futuro non sarà fatta solo di cemento. Bisognerà sposare il cemento al silicio. Poiché il consorzio non è ancora ufficiale, non posso rivelare i nomi dei partner. Le maggiori città hanno manifestato interesse, ma per il momento stiamo ancora discutendo coi loro legali.

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