La UE vuole fare la guerra al Greenwashing (ma con troppi equivoci)

La Commissione Europea ha deciso che tra gli investimenti sostenibili di energia verde si possono inserire le centrali elettriche a gas naturale, insieme all’energia nucleare

di MIT Technology Review Italia

Perché l’UE possa raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 servono ingenti investimenti privati e la tassonomia verde dell’UE è intesa a indirizzarli verso le attività ritenute necessarie a conseguire questa finalità. Il testo definito in Commissione non determina se una data tecnologia rientrerà o meno nel mix energetico degli Stati membri, ma ha lo scopo di presentare tutte le soluzioni possibili per realizzare gli obiettivi climatici.

Tenuto conto dei pareri scientifici e dello stato attuale della tecnologia, la Commissione ha ritenuto che gli investimenti privati nel settore del gas e del nucleare possano svolgere un ruolo positivo nella transizione.

Le attività selezionate in questi due settori sono in linea con gli obiettivi climatici e ambientali dell’UE e consentiranno di abbandonare più rapidamente attività più inquinanti, come la produzione di carbone, a favore delle fonti rinnovabili di energia, che saranno la base principale di un futuro a impatto climatico zero.

Non appena le regole sono state rese pubbliche si sono scatenate accese reazioni. L’ Austria ha minacciato di citare in giudizio la commissione, sostenendo che classificare gli investimenti nel gas naturale come sostenibili viola l’ obbligo legale dell’UE di ridurre le proprie emissioni di gas serra del 55 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. 

Danimarca, Lussemburgo e Spagna hanno contestato le indicazioni in una lettera aperta, dicendo che avrebbero distolto gli investimenti dalle energie rinnovabili. La Spagna ha a sua volta annunciato che stabilirà le proprie regole che elimineranno gli investimenti nel settore del gas naturale.

I paesi dell’Europa centrale e orientale, come Ungheria, Polonia e Romania, insieme alla Francia e altri, hanno sostenuto le regole tecniche in quanto pratiche e attuabili. Regno Unito, Stati Uniti e altre grandi economie nel frattempo tengono d’occhio ciò che l’UE classifica come sostenibile  per le possibili ricadute sulle loro decisioni di investimento.

Come riportato da “The Conversation”, le linee guida dovrebbero prevenire il greenwashing finanziario, vale a dire il cosiddetto ecologismo di facciata, nella cui schiera si annoverano coloro che pubblicizzano come «verdi» prodotti finanziari che in realtà non soddisfano i criteri di sostenibilità promessi, oppure le aziende che cercano di darsi un’immagine positiva, non veritiera, dal punto di vista dell’impatto ambientale.

Senza criteri normativi che determinano ciò che si qualifica come sostenibile, per attrarre gli investimenti, le aziende possono facilmente far apparire le proprie attività come più rispettose dell’ambiente di quanto non siano in realtà.

L’UE ha bisogno di maggiori investimenti nelle industrie a basse emissioni di carbonio per raggiungere il suo obiettivo per il 2030. Ma le regole obbligano solo le aziende che operano nell’UE a rivelare la quota della loro spesa e del fatturato derivante da attività sostenibili. Le informazioni obbligatorie consentono, almeno in teoria, agli investitori attenti all’ambiente di prendere decisioni informate.

Il quadro di base degli orientamenti è stato adottato nel giugno del 2020. Si afferma che le attività economiche devono contribuire al raggiungimento di uno dei sei obiettivi ambientali dell’UE, compresa la mitigazione dei cambiamenti climatici. Non deve ostacolare nessun altro obiettivo e deve rispettare garanzie sociali minime, come il rispetto dei diritti umani.

Ma l’UE ha impiegato fino a dicembre del 2021 per mettere a punto le regole tecniche che definiscono gli investimenti sostenibili. I paesi dell’Europa orientale dipendenti dal gas, la Francia pro-nucleare e le aziende petrolifere hanno fatto pressioni affinché il gas naturale e il nucleare fossero elencati nelle linee guida.

Per sbloccare la situazione, è stato raggiunto un compromesso. Le centrali a gas che ottengono un’autorizzazione entro il 31 dicembre 2030 ed emettono gas serra equivalenti a 270 g di CO2 per ogni kilowattora (kWh) di elettricità saranno etichettate come sostenibili. Le aziende che gestiscono tali impianti devono fornire un piano che dimostri che passeranno completamente dal gas naturale ai combustibili a basse emissioni di carbonio o alle energie rinnovabili entro il 31 dicembre del 2035.

La Commissione europea afferma che l’inclusione dell’elettricità generata dal gas naturale nelle sue linee guida sugli investimenti verdi aiuterà l’UE a raggiungere i suoi obiettivi per il 2030 per la decarbonizzazione dell’energia poiché i paesi dell’UE dipendenti dal carbone passeranno al gas naturale, riducendo le loro emissioni complessive.

Ma alcuni esperti coinvolti nella stesura delle regole tecniche hanno evidenziato che tutta la futura produzione di energia nell’UE deve essere inferiore alla soglia di 100 g di CO2 per kWh, non 270 g, se il blocco vuole onorare gli impegni assunti nell’ambito dell’accordo di Parigi e contribuire a limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C. 

Alcuni sostengono che elencare l’elettricità generata dal gas naturale come sostenibile violi il principio giuridico dell’UE di non arrecare danno significativo, in quanto una tale mossa potrebbe deviare gli investimenti dalle energie rinnovabili al gas. Inoltre, mentre le aziende elettriche del gas devono dettagliare come passare alle energie rinnovabili o alle fonti a basse emissioni di carbonio, le regole non impongono loro sanzioni legali se non lo fanno o se i loro impegni futuri falliscono.

La prospettiva di un dilagante uso improprio delle regole non lascia agli investitori la certezza giuridica che il loro denaro finanzierebbe solo attività sostenibili. L’Institutional Investors Group on Climate Change, un consorzio globale con 50 trilioni di euro di asset in gestione, ha rimproverato la commissione europea per aver frustrato gli investitori con ambizioni ecologiche.

Il CEO del gruppo, Stephanie Pfeifer, ha dichiarato: “Come pietra angolare dell’agenda della finanza sostenibile dell’UE, l’inclusione del gas minerebbe la credibilità della tassonomia e l’impegno dell’UE per la neutralità climatica entro il 2050. Sebbene vi sia spazio per il gas come ponte a breve termine come parte di un periodo di transizione, non può essere onestamente classificato come verde”.

“Per gli investitori istituzionali, l’inclusione del gas limiterà la loro capacità di allineare i propri portafogli e gli investimenti allo zero netto. In un momento in cui abbiamo bisogno di chiarezza, l’inclusione del gas crea un precedente inutile e confonde le acque per gli investitori che cercano di fare la cosa giusta”.

Gli orientamenti dell’UE sugli investimenti hanno attirato l’attenzione di società multinazionali, autorità di regolamentazione e banche internazionali. Ciò è in parte dovuto al fatto che Stati Uniti e Regno Unito devono ancora sviluppare una guida completa sulle finanze sostenibili. 

Sebbene la Cina abbia adottato regole in vigore dal 2015 che aiutano in gran parte le banche cinesi a determinare cosa si qualifica come investimento sostenibile quando finanziano un’azienda, sta lavorando per armonizzare le sue linee guida con quelle dell’UE.

Le regole di investimento dell’UE dovrebbero passare più avanti nel 2022, ma poichè ci si aspetta che le linee guida stabiliscano un modello globale per misurare la sostenibilità degli investimenti, è probabile che il greenwashing finanziario in combustibili sporchi continui senza sosta.

(rp)

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