L’IA in Europa

MIT Technology Review Insight, la divisione per le ricerche quantitative di MIT Technology Review, ha analizzato la diffusione della Intelligenza Artificiale mediante un sondaggio globale di oltre mille operatori ed esperti interpellati tra gennaio e febbraio 2020, una parte rilevante dei quali ha risposto in merito alla situazione europea.

di MIT Technology Review Italia

A più riprese la nostra rivista è tornata sul problema della Intelligenza Artificiale, esplorandone i processi di industrializzazione e reindustrializzazione che comporta (si veda sulla Home Page il dossier Industria: da 4.0 a 5.0, febbraio 2018), le conseguenze prevedibili sul mondo del lavoro (dossier Sta scomparendo il lavoro. La rivoluzione tecnologica tra lavori a rischio e nuovi lavori, in collaborazione con Federmanager, dicembre 2015) e infine i rapporti tra Intelligenza Artificiale e innovazione imprenditoriale (dossier Intelligenza Artificiale, innovazione, lavoro, sempre in collaborazione con Federmanager, dicembre 2018).

L’argomento resta ovviamente di piena attualità, forse soprattutto in questo periodo di pandemia, in cui alla digitalizzazione dei processi produttivi si richiede anche, per quanto possibile, di farsi carico delle mutevoli e crescenti esigenze di sicurezza.

Da questo punto di vista un indubbio rilievo assume la ricerca condotta da MIT Technology Review Insight nell’ambito della Agenda globale della IA, in cui si analizza come le organizzazioni utilizzino oggi la IA ovvero come la stiano pianificando per il futuro. Un sondaggio di 1.004 esperti di IA interpellati in tutto il mondo tra gennaio e febbraio 2020, ne ha considerato e valutato le principali utilizzazioni, i vantaggi che comporta e le sfide ulteriori, cercando di capire come le diverse organizzazioni potrebbero sviluppare nuove attività, nuovi prodotti e nuovi servizi.

Tra gli intervistati circa il 26 per cento sono dirigenti, il 30 per cento sono amministratori, il 16 per cento sono responsabili della IA, il 10 per cento sono responsabili della gestioni dei dati. Quanto alle organizzazioni di appartenenza, la selezione ha riguardato prevalentemente aziende medio grandi e grandi: oltre la metà (55 per cento) fatturano ogni anno più di un miliardo di dollari; quasi un terzo (32 per cento) genera entrate pari o superiori a 5 miliardi di dollari.

Tra gli 11 settori rappresentati, i maggiori riscontri derivano da quelli produttivi (15 per cento), da IT e telecomunicazioni (14 per cento), da beni di consumo e vendita al dettaglio (13 per cento), da servizi finanziari (11 per cento), da farmaceutica e sanitaria (10 per cento). Gli altri settori nel sondaggio sono servizi professionali, energia e servizi pubblici, trasporti e logistica, viaggi e ospitalità, media e marketing.

Considerando con maggiore attenzione le aziende europee, quelle che ci riguardano più da vicino, la ricerca ha evidenziato un rilevante impegno nello sviluppo della IA, evidenziando che il 58 per cento aveva cominciato dal 2017 a inserire la IA e il 90 per cento dal 2019, per lo più con risultati significativi in merito alla efficienza operativa, alla gestione del mercato, ma anche alle attività produttive.

In effetti, l’ascesa della robotica, della Intelligenza Artificiale e delle produzioni personalizzate consentite dalla stampa 3D sta rendendo meno incisive le ragioni economiche che avevano indotto a spostare la produzione in aree geografiche con manodopera più economica.

Il sondaggio conferma che i dirigenti europei prevedono ulteriori incrementi di IA negli anni a venire: oltre la metà dei produttori europei, con la Germania in testa, stanno implementando la IA, rispetto al 28 per cento negli Stati Uniti e all’11 per cento in Cina. Le aree di più rapida crescita della IA saranno quelle della gestione IT, delle vendite e marketing e soprattutto delle risorse umane.

Per altro, non mancano le difficoltà: in particolare le aziende generalmente fanno fatica a trovare le competenze digitali di cui hanno bisogno, anche perché in Europa non è facile trattenere i talenti nel campo della IA, i quali tendono a migrare verso gli Stati Uniti.

In ogni caso, la Unione Europea ha aumentato gli investimenti annuali per ricerca e sviluppo del 70 per cento per raggiungere 1,5 miliardi di euro tra il 2018 e il 2020.
Il rovescio della medaglia, almeno per alcuni partecipanti al sondaggio, sta nel fatto che l’Europa è anche un severo regolatore digitale. Il Regolamento sulla protezione dei dati risulta essere il più avanzato nella tutela dei consumatori e la Commissione Europea sta inoltre promulgando specifiche strategie e linee guida per la IA, allo scopo di promuovere una “IA affidabile”.

Certo, la regolamentazione non è di per sé un vincolo alla innovazione: se progettata in maniera avveduta, può fornire chiarezza e uniformità, riducendo la frammentazione normativa e legislativa a livello europeo. Ma in ogni caso, bisogna che i responsabili della regolamentazione tengano il passo con il ritmo della innovazione.

Una importanza analoga a quella del quadro di riferimento istituzionale, secondo la maggioranza degli intervistati europei (59 per cento), riveste la iniziativa privata nell’agevolare maggiormente la condivisione dei dati; il 39 per cento ritiene che la adozione di modelli più aperti di sviluppo potrebbe portare alla creazione di aree di attività produttive completamente nuove. Circa il 58 per cento degli intervistati europei ha dichiarato di essere “abbastanza o molto disponibile” a condividere dati con terze parti, rispetto all’80 per cento in America Latina, al 75 per cento nel Nord America e al 64 per cento in Asia.

La chiarezza normativa nella protezione dei dati resta comunque il fattore decisivo per impegnarsi più attivamente nello sviluppo della Intelligenza Artificiale nella Unione Europea. Ma, come si può intuire, la situazione resta in piena evoluzione.

(gv)

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