L’industria del carbone perde colpi, ma quando arriverà a fine corsa?

Sempre meno centrali a carbone vengono ultimate, ma in assenza di un sistema di tassazione aggressivo, le persone continueranno a bruciare il combustibile fossile.

di Jamie Condliffe

Il carbone è ormai fuori moda; O almeno così pare, a giudicare da una nuova analisi presentata da Greenpeace, Sierra Club e CoalSwarm, secondo cui il numero di centrali a carbone in via di costruzione in tutto il mondo è calato del 62 percento nell’ultimo anno. La stessa analisi descrive anche una riduzione del 48 percento nell’attività di pianificazione per la costruzione di nuove centrali.

Questo declino sembra dovuto principalmente a India e Cina. Negli ultimi anni i due paesi hanno ultimato nuove centrali a carbone a un ritmo feroce. Ora, però, sono impegnate a bloccare qualunque nuovo progetto. La Cina ha fermato più di 100 progetti per centrali a carbone e licenziato milioni di lavoratori,  mentre alcuni documenti del governo indiano indicano che il paese non avrà bisogno di più centrali a carbone oltre quelle già ultimate o in fase di completamento.

Il rapporto segnala anche il crescente ritmo con cui vengono chiuse le centrali a carbone, con 64 gigawatt di capacità rimossa negli ultimi due anni – principalmente in Europa e negli Stati Uniti.

Nel complesso, la notizia è positiva. Il carbone è il peggiore combustibile fossile in termini di emissioni di anidride carbonica per unità di energia prodotta, ed una importante fonte di inquinamento in diverse parti del mondo. Riducendo la nostra dipendenza dal carbone contribuiremmo ad alleviare i timori legati al cambiamento ambientale e ci avvicineremmo più facilmente ai traguardi fissati con l’accordo di Parici.

Ciononostante, l’industria è lontana dal chiudere i battenti. Nei prossimi anni dovrebbero terminare i lavori per aggiungere altri 570 gigawatt di capacità. Si tratta pur sempre di una cifra inferiore rispetto ai 1.090 gigawatt raccolti nel gennaio del 2016, ma ammonta ugualmente a centinaia di nuove centrali. Come se non bastasse il presidente Trump ha espressamente dichiarato la sua intenzione di risuscitare l’industria americana del carbone. Fortunatamente, finché il il gas naturale rimarrà una risorsa abbondante ed economica, le sue affermazioni saranno semplici promesse senza fondamento.

Purtroppo, non si può dire lo stesso altrove. Come spiegato al Guardian da Benjamin Sporton, direttore esecutivo della World Coal Association, in diverse parti dell’Asia “l’esclusione del carbone dal mix energetico non è una opzione – rimane essenziale per la crescita economica e l’accesso degli abitanti a una fonte di energia”. Sporton potrà anche avere torto per quanto riguarda la crescita economica, ma è certo che, senza un deciso sistema di tassazione sul carbone, questo combustibile fossile continuerà a risultare attraente per diversi paesi.
(MO)

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