Lo studio delle nuvole fa luce sul cambiamento climatico

Un team internazionale di scienziati sta portando avanti Calshto, un progetto di misurazione dell’aria su larga scala, con l’obiettivo di verificare l’impatto delle microparticelle sulla formazione delle nubi. L’obiettivo è migliorare i modelli climatici

di MIT Technology Review Italia

Lo studio delle interazioni tra atmosfera, oceani, superficie terrestre e ghiaccio sono utilizzati per una varietà di scopi, dalla ricerca sulla dinamica del sistema climatico alle proiezioni sul clima futuro. Questi sistemi predittivi funzionano come un enorme puzzle, ed essere in grado di comprendere tutti i diversi meccanismi coinvolti richiede di mettere insieme enormi quantità di dati. 

Come riportato da “Phys.org”, un team internazionale di scienziati, inclusi i ricercatori del Laboratory of Atmospheric Processes and their Impacts (LAPI) ed Environmental Remote Sensing Laboratory (LTE) dell’EPFL, ha recentemente effettuato misurazioni dell’aria su una scala senza precedenti.

Il progetto di ricerca si chiama CALISHTO, che è l’abbreviazione di Cloud-AerosoL InteractionS, e le misurazioni sono state effettuate sul Monte Helmos, nel cuore del Peloponneso, per tutto l’autunno del 2021. Gli scienziati hanno studiato il comportamento dell’aerosol, vale a dire delle particelle microscopiche che fungono da “semi” per le nuvole.

Affinché avvenga la condensazione nell’aria che si raffredda, è necessaria la presenza di questo particolato atmosferico, che può essere di origine naturale (polveri, sali marini, pollini) o antropica (combustione). Particelle di sabbia del deserto del Sahara, per esempio, avranno un effetto molto diverso sulle nuvole da quelle prodotte dagli incendi boschivi.

Le particelle di aerosol hanno perciò un ruolo meteorologico e climatico molto importante poiché oltre a interagire direttamente con la radiazione solare, il cosiddetto effetto diretto degli aerosol, la loro concentrazione può modificare il ciclo di vita, la quantità e le caratteristiche delle nubi, conosciuto come effetto indiretto degli aerosol. La presenza di nubi ed aerosol produce in media un raffreddamento della superficie terrestre.

La comprensione del processo di formazione delle nubi è particolarmente importante dato il ruolo essenziale che le nubi svolgono nel sistema climatico, e quindi nel cambiamento climatico. Le nuvole, infatti, formano un velo sulla Terra, riflettendo grandi quantità di radiazione solare in entrata nello spazio attraverso il cosiddetto effetto albedo. 

Intrappolano anche parte della radiazione a lunghezza d’onda più lunga (radiazione infrarossa) emessa dalla superficie terrestre, mantenendo parte del calore nell’atmosfera. Inoltre, le nuvole sono coinvolte nella regolazione e distribuzione delle precipitazioni e del ciclo idrologico in generale, il che significa che hanno un’influenza diretta sull’approvvigionamento di acqua dolce per molti ecosistemi e per l’agricoltura.

“La stazione di misurazione si trova a un’altitudine di 2.300 metri e ci consente di osservare come interagiscono due distinti strati d’aria: uno inferiore, dove si accumula tutto l’inquinamento antropico, e uno superiore, dove l’aria è molto più pulita”, afferma Ghislain Motos, scienziato della LAPI. 

Il Monte Helmos, inoltre, fornisce un sito ideale perché si trova all’incrocio di molte correnti d’aria diverse e permette di raccogliere e misurare particelle provenienti dall’Europa continentale, quelle marine del Mar Mediterraneo e la polvere del Sahara. Nel sito si formano spesso le nubi, quindi offre un’opportunità unica per osservare direttamente come le proprietà delle nubi cambiano con le particelle presenti nell’aria e l’effetto complessivo che l’attività umana sta avendo sull’ambiente.

Gli scienziati hanno installato decine di strumenti di ricerca all’avanguardia con cui hanno raccolto dati su fattori atmosferici come temperatura dell’aria, umidità, velocità del vento, luce solare, e hanno misurato gas come ammoniaca e caratteristiche dell’aerosol, come dimensioni, numero, igroscopicità, composizione chimica, densità, proprietà ottiche e persino contenuto biologico. 

La capacità dell’aerosol di formare goccioline di nubi e cristalli di ghiaccio è stata misurata direttamente con un contatore di nuclei di condensazione delle nuvole che solo in pochi possiedono in tutto il mondo.

Il team di ricerca ha anche utilizzato sistemi di telerilevamento, chiamati LIDARS, che inviano luce dai laser nell’atmosfera per ottenere informazioni sulla distribuzione verticale delle particelle da vicino al suolo fino a un’altezza compresa tra 10 e 15 km. Finora, gli scienziati hanno visto che le particelle di polvere del Sahara possono aumentare considerevolmente la concentrazione di ghiaccio nelle nuvole, il che promuove fortemente la loro capacità di produrre pioggia e neve. 

È interessante notare che anche la concentrazione di particelle biologiche sta aumentando insieme alla polvere.  Dato che le particelle biologiche possono agire come eccellenti nucleatori del ghiaccio e aiutare a facilitare i processi di moltiplicazione del ghiaccio, sono in corso ulteriori studi per stabilire se gli aerosol possono aumentare l’intensità di pioggia e neve.

(rp)

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